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Nuovo modello contrattuale: che brutto affare!

Con il nuovo modello contrattuale - definito nell’accordo del 15 aprile tra Confindustria e organizzazioni datoriali, e da Cisl, Uil e Ugl - negli ultimi quattro anni i lavoratori italiani avrebbero perso in media 1.352 euro l’anno. A simulare gli effetti dell’applicazione della riforma contrattuale è il “Rapporto sui diritti globali 2009”, curato dall’Associazione Società Informazione. Dunque, con il nuovo modello contrattuale, il divario salariale è destinato ad aumentare comportando un’ulteriore e significativa perdita per i dipendenti a busta paga ed i pensionati, che già hanno pagato dazio negli ultimi anni grazie all’effetto “euro” che ha di fatto dimezzato le retribuzioni di chi sta a stipendio fisso e raddoppiato i costi al consumo. Si calcola che, nel periodo 2002-2008, il potere d’acquisto dei redditi netti reali delle famiglie operaie ha visto una perdita di 1.599 euro, quello con capofamiglia un impiegato ha conosciuto un arretramento di 1.681 euro, mentre quello di imprenditori e professionisti ha riscontrato un guadagno di 9.143 euro. Sono i salari, quindi, secondo il “Rapporto sui diritti globali”, il vero nodo di fondo in questo scenario di crisi economica internazionale: già ora circa 13,6 milioni di lavoratori guadagnano meno di 1.300 euro netti mensili; tra essi 6,9 milioni ne percepiscono meno di 1.000, cui si aggiungono i 7,5 milioni di pensionati che incassano pure meno di 1.000 euro mensili.


Intanto i salari "crescono" meno dell’inflazione. Le retribuzioni dei lavoratori italiani sono cresciute nel primo trimestre 2009 dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% rispetto ai primi tre mesi del 2008. Lo comunica l’Istat spiegando che è il dato più basso dal 2000, anno di inizio della ricostruzione delle nuove serie storiche. Nel primo trimestre dell’anno il tasso di inflazione si è attestato invece all’1,5%. E se a dire che gli stipendi degli italiani sono "quasi" fermi rispetto al costo della vita e che l’inflazione erode ogni giorno di più il potere d’acquisto delle famiglie italiane, è l’Istat, allora c’è ben poco da stare allegri: l’ottimismo evidentemente s’è fermato ad Arcore!

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