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Mentre Obama si fa propaganda all’Onu, l’Iran...

Obama sta diventando sfiancante. La risoluzione sul disarmo nucleare che ha fatto passare ieri al Consiglio di Sicurezza dell’Onu è pura propaganda personale. Che sia davvero così naif come lo accusano di essere, o cosa ha in mente di farsene di quella risoluzione? Mica crederà che possa servire da cornice diplomatica per agire nei confronti di Teheran...

Intanto, l’Iran sfida la comunità internazionale ufficializzando l’esistenza di un secondo impianto per l’arricchimento dell’uranio, incurante ormai di ammettere pubblicamente le sue continue violazioni delle risoluzioni Onu e non temendo affatto di subire sanzioni più severe. Il New York Times ieri anticipava che il presidente Obama, il premier britannico Brown e il presidente francese Sarkozy, dal G20 di Pittsburgh avrebbero accusato l’Iran di aver costruito un impianto sotterraneo segreto per la produzione di combustibile nucleare, tenendolo nascosto per anni agli ispettori internazionali. Obama, Sarkozy e Brown, sono effettivamente intervenuti, chiedendo a Teheran di aprire immediatamente l’impianto di cui è stata ufficializzata l’esistenza agli ispettori dell’Aiea.


Da anni i servizi di intelligence Usa stavano cercando di localizzare l’impianto sotterraneo segreto, che dovrebbe trovarsi a 150 chilometri dalla capitale, e il presidente Obama ha deciso di denunciarne pubblicamente l’esistenza ora, dopo che Teheran si sarebbe accorta, nelle ultime settimane, che non si trattava più di un segreto. La lettera di Teheran all’Aiea potrebbe quindi essere in qualche modo legata alla decisione di Obama. Gli iraniani potrebbero aver voluto anticipare le accuse Usa e, sebbene sostengano che sia a scopi civili, l’impianto di cui hanno ammesso l’esistenza potrebbe in realtà è essere lo stesso scoperto dalle intelligence occidentali. L’impianto avrebbe dimensioni per uso militare e potrebbe entrare in funzione nel giro di pochi mesi, con una capacità produttiva di uno o due ordigni l’anno, fa sapere un funzionario della Casa Bianca.

Nel frattempo, la seconda apertura del presidente Medvedev, l’altro ieri, alla possibilità di nuove sanzioni contro Teheran avvalora l’ipotesi di scambio con la rinuncia americana allo scudo di Bush. Nell’incontro di mercoledì pomeriggio a New York tra Obama e Medvedev sarebbe infatti emersa una maggiore disponibilità russa a discutere di nuove sanzioni nel caso in cui l’incontro previsto per il primo di ottobre con gli iraniani dia un esito non soddisfacente. Il presidente Medvedev avrebbe nuovamente osservato, come alcuni giorni prima, che «le sanzioni raramente portano a risultati produttivi», ma che «in alcuni casi sono inevitabili». Per Michael McFaul, funzionario della delegazione Usa, un «importante mutamento di posizione».

La Russia, ha poi spiegato una fonte anonima della delegazione russa, «non esclude di partecipare alla messa a punto di nuove decisioni del Consiglio di sicurezza sulla questione delle sanzioni. Se ci sono basi sufficienti per farlo, non lo escludiamo. Non deve esserci alcun dubbio in merito al nostro approccio aperto e dettagliato».

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