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Le prime elezioni locali in Kosovo

Calde giornate autunnali e fermento attorno ai palazzi comunali delle principali città è ciò che si nota maggiormente arrivando in questi giorni in Kosovo. Tra meno di una settimana, il 15 novembre, gli elettori saranno chiamati a votare i propri rappresentanti in quelle che sono le prime elezioni locali da quando il Kosovo ha proclamato la sua indipendenza, il 17 febbraio 2008.

Kosovo: la voce del coniglio

Alle elezioni del 15 novembre verranno scelti i sindaci e i delegati delle assemblee di 33 municipalità, che dureranno in carica per i prossimi quattro anni. Sono più di settanta i partiti che si sono registrati per partecipare. Di questi, 23 sono soggetti politici serbi. Sono in tanti d’altronde a pensare che un numero discreto di elettori serbi andranno a votare; oltre il 20% dei possibili votanti, molti kosovari sono pronti a scommettere. Questo timido passo in avanti della comunità serba è uno degli elementi di novità di queste elezioni, contrassegnato, però, da spaccature tra coloro che, concentrati maggiormente a Mitrovica nord, insistono per la linea dura e il boicottaggio delle "illegittime istituzioni del Kosovo", e quanti, dislocati soprattutto nel sud del Kosovo, preferiscono cercare di migliorare la loro situazione da dentro le istituzioni locali. La spinta al voto serbo è legata al Piano Ahtisaari ed in particolare all’istituzione di tre nuove municipalità (Gracanica, Klokot e Ranilug) e una quarta municipalità allargata (Novo Brdo). Si tratta di municipalità a maggioranza serba e ciò potrebbe favorire questa comunità nel processo di decentramento e insieme di democratizzazione del Kosovo. Sostantivi, questi ultimi, che non piacciono per niente ai serbi del nord del Kosovo.
 
Per loro partecipare a queste elezioni significherebbe riconoscere pienamente la legittimità delle istituzioni del Kosovo. Niet assoluto arriva, quindi, dalla roccaforte serba di Mitrovica. Dal cuore politico di Pristina, invece, queste elezioni hanno tutta l’aria di essere un importante test per il governo e le principali forze di opposizione. A nulla sono servite le pressioni di Ramush Haradinaj, leader del partito AAK, che chiedeva le dimissioni del governo e insieme nuove elezioni, come, d’altra parte, era espressamente previsto dal Pacchetto Ahtisaari. Insieme alle elezioni locali, si dovevano tenere anche quelle governative. Il governo Thaci però ha resistito. Ma questo turno elettorale rimanderà solo di poco la prossima sfida elettorale per la poltrona di primo ministro.
 
Il 15 Novembre si affileranno già le armi. Questo fine settimana si chiuderà una lunga campagna elettorale, iniziata ben prima del 15 Ottobre, inizio consentito per legge. Il lancio ufficiale della campagna elettorale sia da parte del Partito democratico del Kosovo (PDK), guidato da Hashim Thaçi, che del partito di opposizione, Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK), guidato dall’ex primo ministro Ramush Haradinaj, è avvenuto infatti subito dopo l’estate, attraverso spot televisivi, manifesti e cartelloni pubblicitari. E’ stata una campagna elettorale costosa che non ha risparmiato neanche un piccolo angolo di muro dai faccioni dei vari politici. Sono state, in effetti, elezioni locali solo sulla carta, perchè gli stessi leader dei partiti nazionali sono scesi direttamente in campo, impegnandosi più di tutti nella promozione di questo o quel candidato. Ovunque, ma sopratutto nelle piazze cittadine, erano appesi poster elettorali, striscioni e gigantografie di Thaci o Haradinaj, a fianco dei candidati a sindaco. Non si sono visti gli aeroplani sorvolare Pristina, ma di sicuro, in questa campagna elettorale, non sono mancati mega schermi posizionati sopra camion presi a noleggio per sponsorizzare i vari candidati. In un paese dove molte famiglie vivono sotto la soglia di povertà, si fa fatica a capire come mai si riescono a sprecare tantissimi soldi dei contribuenti in queste cose. E’ questo uno dei motivi principali della disaffezione dei cittadini del Kosovo alla politica. Sono in molti, infatti, coloro che ricollegano le spese della politica agli affari che ci sono dietro, i cui effetti percepibili sono gli alti livelli di corruzione della classe politica e l’inattività del governo attuale, che non ha fatto nulla per adottare provvedimenti contro la criminalità organizzata e per migliorare il tenore di vita della gente comune.
 
Il sempre più blando controllo di UNMIK e della comunità internazionale sui principali organi di potere sembra stia spingendo la classe poltica kosovara a vedere nella politica un pozzo senza fondo da cui sottrarre i soldi pubblici. Sotto quest’ottica di accentramento del potere si sta verificando un massiccio controllo da parte delle élite di governo sui principali mass media. Lo storico direttore della televisione pubblica è stato costretto a dimettersi dal suo incarico, ed anche i vertici e i direttori del colosso PTK, le Poste del Kosovo, sono stati azzerati. Ad ogni modo, le prossime elezioni saranno di grande importanza non solo per lo sviluppo locale e il miglioramento del tenore di vita dei kosovari, ma anche per la qualità della battaglia tra i candidati, le cui idee e programmi hanno assunto una visibilità ben maggiore che in passato, quando si votavano liste bloccate e preparate a tavolino dalle autorità di partito. Oggi l’elettore può scegliersi il referente politico che ritiene più valido, motivo per il quale ogni singolo candidato si gioca la sua credibilità sulla serietà del suo programma e delle sue idee. Gli elementi di novità, come l’istituzione di nuove municipalità a maggioranza serba e il nuovo sistema elettorale, potranno forse essere l’inizio di un nuovo modo di intendere la politica. La trasformazione che potrebbe partire dal basso ha comunque bisogno della necessaria certificazione della partecipazione popolare, che dovrebbe abbondantemente superare il più basso risultato raggiunto nel 2007 con il 40% degli aventi diritto. Ma bastano questi mutamenti per il necessario cambio di rotta delle istituzioni centrali?

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