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La rivolta degli extracomunitari

Rosarno: la caccia al negro

Il fenomeno dell’immigrazione è sempre stato, in tutti i tempi, un vero e proprio dramma umano.
 
Gli uomini si spostano da un continente all’altro in cerca di fortuna, di benessere e di pace. Ma la loro presenza in paesi stranieri è spesso mal tollerata, se non respinta. Anche in paesi civili e cattolici come l’Italia.
 
Ciò che è accaduto in questi giorni in Calabria, a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, è un grave episodio di insofferenza e di violenza che tutti si aspettavano.
E’ infatti bastato molto poco per fare scoppiare il finimondo: una vera e propria caccia al negro da parte degli abitanti, una violenta rivolta degli extracomunitari che hanno distrutto un intero paese, sfasciando auto, vetrine e cassonetti, ed infine uno schieramento in assetto antisommossa delle forze dell’ordine.
 
Fanno molto pensare i cartelli appesi alle porte dei negozi con la scritta: "Chiuso per paura", e le grida di protesta degli extracomunitari: "Noi non siamo animali... abbiamo diritto di vivere... siamo quì solo per lavorare..."
 
Ma che cosa è successo e di chi sono le responsabilità?
 
Erano circa 1500 gli extracomunitari a Rosarno, per lo più africani, che in questo periodo lavoravano alla raccolta degli agrumi e degli ortaggi per una misera paga giornaliera. Dormivano in una vecchia fabbrica in disuso e in stamberghe fatiscenti senza un minimo di servizi igienici e di assistenza sanitaria.
 
Erano e si sentivano sfruttati, senza alcuna regola di vita e di lavoro, e, soprattutto, in totale assenza della istituzioni. Proprio come gli animali, ai quali, secondo loro, i "bianchi" li avrebbero assimilati. Ma non era così per tutti, perchè, secondo molte testimonianze, una larga fascia della popolazione si dimostrava generosa con regali in viveri, indumenti e altro.
 
Sono comunque bastate le voci di un ferimento di due extracomunitari da parte di ignoti per fare scoppiare, come detto, il finimondo. E solo allora carabinieri e polizia sono intervenuti, e, come si sa, nel giro di pochi giorni, tutti gli immigrati, clandestini e non, sono stati sloggiati dalla zona e sistemati in Centri di accoglienza del sud e nord Italia.
 
Questo grave fatto è stato al centro di discussioni anche all’ONU ed al Consiglio Europeo e le polemiche fra le forze politiche e i cittadini divampano ancora. C’è chi dà la colpa agli immigrati delinquenti e violenti, chi alla popolazione profondamente "razzista", e chi, soprattutto, alla criminalità organizzata locale, non tollerante della presenza degli extracomunitari.
 
Ma ormai sembra che la verità sia sotto gli occhi di tutti: non si può negare che la responsabilità maggiore sia delle istituzioni, Regione e Comune in testa, completamente assenti.
 
Si sarebbero dovuti effettuare i controlli di legge, sia sotto il profilo della sicurezza che sotto quello igienico-sanitario.
 
E’ troppo facile dare le colpe alla ’ndrangheta, anche se non completamente estraneamentre non si fa abbastanza per neutralizzarla, o agli immigrati, costretti a vivere in condizioni inumane.
 
E’ troppo facile, soprattutto, tacciare di "razzismo" i cittadini italiani, che sono costretti, proprio a causa della latitanza delle istituzioni, a subire ogni sorta di sopruso, dagli stupri alle donne e ai bambini, agli scippi e alle rapine a mano armata, con conclusioni talvolta tragiche.
 
Sono le istituzioni, sino a prova contraria, che, permettendo la presenza degli immigrati nel paese, hanno il sacrosanto dovere di garantirne, con regole e controlli, l’umana e civile convivenza con i cittadini.

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