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La resa dei conti

La catastrofe economica e sociale che sta avvolgendo il mondo è il prodotto inevitabile della proprietà e del controllo privati del sistema finanziario e dell’economia nel complesso.

La crisi attuale è il risultato di tre decenni nei quali la classe dominante, nel tentativo di compensare il declino nella posizione globale del capitalismo americano, dei paesi da esso dipendenti e la caduta dei tassi di profitto nell’industria di base, ha utilizzato il suo controllo della finanza per arricchirsi distogliendo risorse dal settore manifatturiero verso diverse forme di speculazione finanziaria. La classe lavoratrice ha sofferto un immenso declino nella sua posizione sociale, mentre è cresciuta un’aristocrazia finanziaria creando una montagna di debiti e di valori di carta che ora viene a schiantarsi giù.

Tutti i vari schemi concepiti per salvare le banche, incluso quello sostenuto dai propugnatori liberali della nazionalizzazione temporanea, cercano di far pagare la classe lavoratrice per il disastro
.

La crisi attuale è il risultato inevitabile di due processi interrelati: il prolungato declino del capitalismo ed una crisi di redditività nella produzione di base che è radicata nelle contraddizioni fondamentali del sistema capitalista. Dietro la crescita colossale del parassitismo finanziario e della vera e propria criminalità vi è il tentativo da parte della classe dominante di superare le crescenti contraddizioni del proprio sistema, spostando gli investimenti dalla produzione verso forme sempre più esotiche di speculazione finanziaria. Particolarmente nei tre decenni passati i mediatori del potere finanziario sostenuti dai governi hanno smantellato gran parte della base industriale per cercare più alti tassi di profitto da varie forme di manipolazione finanziaria. Per la classe dominante, la creazione di ricchezza è stata in gran parte separata dalla creazione di valore reale nel processo di produzione. Il modo di produzione capitalista è intrinsecamente incline alla crisi. A causa dell’anarchia della produzione sotto il capitalismo, dove ogni capitalista è obbligato dalla competizione con altri ad espandere continuamente la produzione senza riguardo ai limiti dei mercati, le crisi di sovrapproduzione sono inevitabili. Come il modo di produzione capitalista continua a diffondersi a quasi ogni angolo del globo, la tendenza di ogni crisi di sovrapproduzione è di diventare più universale e perciò peggiore della precedente. Le crisi di sovrapproduzione sono delle chiare accuse dell’incapacità dei capitalisti di controllare le moderne forze produttive. Il crescente controllo statale di queste forze produttive conferma ulteriormente quanto realmente superflua sia la classe capitalista.

Ora gli innumerevoli trilioni di valori di carta crollano, lasciandosi dietro un disastro economico e sociale. Per anche solamente iniziare a bilanciare queste perdite, la classe dominante deve intensificare lo sfruttamento della classe lavoratrice, diffondendo disoccupazione, povertà e miseria sociale.

Nessun piano economico progressista per risolvere la crisi può essere sviluppato a parte dal portare via le grandi banche ed istituzioni finanziarie dalle mani private. Devono essere nazionalizzate, assieme alle grandi aziende strategiche e trasformate in servizi pubblici sotto il controllo democratico della popolazione lavoratrice. Le vaste risorse finanziarie che le banche controllano devono essere utilizzate per fornire istruzione decente, alloggi, assistenza sanitaria, benefici pensionistici e posti di lavoro ben pagati per tutti. I salvataggi bancari allo studio, come pure le assurde "grandi opere" ed altri doni alle lobbies, certamente non funzioneranno per stabilizzare l’economia reale, sono puramente dei furti, delle regalie agli amministratori ed ai grandi azionisti e provocheranno una crisi economica molto più grave.

I media di regime perpetuano la grande menzogna, cioè che se non si danno fondi al settore finanziario ed alle grandi aziende decotte ed assistite, anche sotto forma di tagli fiscali, non si salveranno neppure i lavoratori mentre in realtà in questo modo impongono all’economia tali aggravamenti del debito e tali pesanti tributi che entro pochi anni faranno ulteriormente crollare gli standard di vita della grande massa della popolazione.

Sempre più economisti mainstream alludono al fatto che le principali banche sono insolventi ed ammettono che la "crisi" è più grave della Grande Depressione degli anni ’30, come soluzione alla crisi insistono su quelle che anche la grancassa dei media controllati chiama “nazionalizzazioni”, obiettivo delle quali non sarebbe la proprietà governativa a lungo termine poiché le principali banche sarebbero restituite al controllo dei privati non appena possibile. Suggeriscono persino che, invece di chiamare "nazionalizzazione" tale temporanea presa di controllo governativa, dovrebbe definirsi "preprivatizzazione". Non vi è nulla di remotamente progressista, e tanto meno di socialista, in simili proposte.
Sono spinte interamente dal desiderio di difendere gli interessi dell’elite finanziaria, sostenendo che la temporanea proprietà governativa è il mezzo più efficiente verso il fine.



In pratica, una simile politica significherebbe utilizzare risorse pubbliche per pagare i debiti delle banche di modo che queste potrebbero essere restituite alla redditività e poi ritornate in mani private, permettendo agli alti dirigenti ed ai grandi investitori di riprendere ad accumulare le loro fortune private.

Per la stessa ragione nessuno degli stregoni finanziari della borsa, dell’accademia o del governo può dare una spiegazione coerente della crisi. Come difensori del sistema capitalista, non osano riconoscere che il crollo finanziario globale è un’espressione del fallimento del sistema capitalista stesso.

Stiamo affrontando tempi senza precedenti, si parla di sollevazioni, di tumulti e di rivolte poiché, come l’impatto di questa crisi si estende con milioni di persone che perdono il lavoro, così possiamo aspettarci che da questo emergerà un grande movimento di protesta da una parte all’altra dell’Europa e degli Stati Uniti, fatto sul quale non vi è alcun dubbio. E’ difficile predire la forma che questo prenderà, perché non vi è nessun movimento organizzato per disarmare il sistema finanziario; forse questo movimento di protesta sarà spontaneo, forse nuovo ma alla fine potrebbe diventare molto più organizzato perché la gente si renderà conto che in tutto il paese vi è un interesse che dovremmo difendere e dovremmo difenderlo collettivamente, dovremmo mettere assieme le nostre energie prospettando delle alternative, mettendo in discussione anche la legittimità di coloro che stanno dietro a questo programma finanziario ed infine, ciò significherà occuparsi della criminalizzazione dello stato.

Anche i governi prevedono la possibilità di movimenti di protesta di massa e già da tempo hanno iniziato a prendere delle contromisure, come ad esempio l’impiego delle forze armate a rinforzo delle agenzie di polizia, soprattutto negli USA e nel Regno Unito, sorveglianza sempre più stretta e limitazioni ai diritti fondamentali. Sono anni ormai che gli eserciti occidentali si preparano a fronteggiare rivolte interne e l’elite non si fermerà dinanzi a nessuna atrocità pur di conservare il potere, trasformando anche l’attuale regime di "fascismo democratico" o "tecnofascismo" in fascismo manifesto.

Dunque, da una parte la gente protesterà contro queste politiche governative ed allo stesso tempo è probabile che lo stato soffochi o reprima qualsiasi forma organizzata di protesta contro l’attuale politica finanziaria ed economica.

L’elite finanziaria infatti si oppone risolutamente a qualsiasi misura che tocchi la sua ricchezza e le sue prerogative, senza riguardo del costo per la società in generale. Effettivamente, complotta tutti i giorni, in associazione con i suoi corrotti agenti nei partiti, per sfruttare la crisi che ha provocato per monopolizzare una quota persino maggiore della ricchezza nazionale. Infatti, il sistema che ha ideato per mantenere il potere e dare l’illusione della democrazia è proprio il bipartitismo: una parte che sfacciatamente difende l’oligarchia e l’altra che chiede qualche elemosina, il PD+-L appunto, il vecchio trucco poliziotto buono e poliziotto cattivo. Uno dei principali strumenti per reprimere il dissenso è il controllo dei mezzi d’informazione ed anche il controllo dei media "alternativi", finanziati dalle varie fondazioni che criticano ma entro certi limiti. Con le varie organizzazioni sindacali "concertative", dai gruppi pacifinti ai pseudo-ambientalisti ed in genere a tutto ciò che va sotto il nome di "resistenza regolata", sono impegnati a disarmare anticipatamente la protesta e poi condurla in un vicolo cieco.

La ristrutturazione finanziaria da un lato e la guerra dall’altro, ma pure la criminalità organizzata nelle varie "mafie", sono interrelate moltissimo. Anche la guerra serve gli interessi economici, dal momento che le aziende belliche, energetiche etc. sono tutte collegate tra loro attraverso le istituzioni finanziarie ed i loro interessi sono quindi sovrapposti.

Una manciata di entità societarie molto potenti si sono impadronite del processo politico e stanno attuando un’agenda che va persino contro gli interessi della parte produttiva dell’imprenditoria. Il conflitto è tra l’elite finanziaria e tutti gli altri quindi, il movimento di protesta diretto contro le politiche d’impoverimento della società emergerà e, anche se all’inizio non necessariamente legato in una coesa posizione politica, alla fine ci si renderà conto di quale è la posta in gioco e dovrà prendere energicamente di mira le menzogne della politica economica e sociale come anche della guerra.

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.160) 18 marzo 2009 19:59
    Damiano Mazzotti

    Ottimo articolo... Complimenti... E rimaniamo in attesa dei veri avvenimenti...

  • Di Tomyai (---.---.---.121) 26 marzo 2009 18:18

    trgw, considerate le tue raffinate e profonde argomentazioni, posso tranquilamente concludere che la verità brucia.
    E’ meglio che lasci perdere e vai sul forum del ’Grande Fratello’, lì sicuramente troverai gente al tuo livello.

  • Di Cristiano Fantinati (---.---.---.141) 4 aprile 2009 09:29

    Articolo stupendo.

    Secondo me, la tua teoria è un pò troppo improntata sulla politica, anche se, in questo periodo il comunismo e la lotta di classe sembrano tornare alla ribalta.

    Io sono un tecnico e ho una visione un pò più pratica (e rassegnata) del fenomeno.

    La politica non avrà molta importanza.. ti faccio un paio di esempi:

    Esempio 1: i contadini in cina, la settimana prossima si rendono conto che, invece dell’aratro, possono utilizzare il trattore per coltivare i loro campi. Il giorno dopo, il prezzo del petrolio triplica e i nostri politici e governanti ci mettono due anni per risolvere il problema, nel frattempo si generano altri mille squilibri e ingiustizie.

    Esempio 2: Ogni giorno che passa, un meteorite potrebbe colpire la terra e distruggere l’umanità, e nessuno dei nostri politici ha deciso di investire nulla, nemmeno per vedere cosa arriva dallo spazio.

    Con questo voglio dire che la politica non è, e non sarà mai in grado, nemmeno con un nuovo ordine globale di migliorare, controllare e/o amministrare l’umanità.

    Ora parliamo della teoria della stabilità:
    Un piccolo sistema, ad esempio una lavastoviglie, può essere considerato "stabile" cioè controllabile, nel senso che, manutenzionando e/o sostituendo i pezzi rotti, questo può durare in eterno e avere sempre il comportamento desiderato.
    La teoria della stabilità dei sistemi dice che: tanto più un sistema si complica e si ingrandisce, tanto più questo sfugge al controllo dell’uomo, e tanto più diventa instabile a lungo termine.

    Il capitalismo, il comunismo, il commercio mondiale, ecc.. sono sistemi che è facile dimostrare come assolutamente instabili a lungo termine e condannati, prima o poi alla loro autodistruzione e forse resurrezione senza che l’umanità possa fare nulla.

    Elevare l’uomo a qualcosa in grado di controllare la natura che lo circonda è una speranza vana, e anche se fosse, questo non accadrà ancora per qualche milione di anni, nel frattempo siamo in balia della natura.

    Questa è la nostra precaria e caotica condizione, che non possiamo modificare.






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