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La quadratura del cerchio

Enel ha necessità di procedere ad un aumento di capitale (e/o a dismissioni di asset) stimato tra i 5 e i 7 miliardi di euro per evitare che le agenzie di rating procedano ad un declassamento del suo debito, che è significativamente aumentato dopo l’acquisizione di Endesa. L’”ultimatum” scade il 12 marzo, e i vertici di Enel devono confrontarsi con le ristrettezze finanziarie del Tesoro, che non pare avere soldi per sottoscrivere pro-rata l’aumento mettendo sul piatto tra 1 e 1,4 miliardi di euro per mantenere invariata la propria quota di possesso azionario, oggi al 30 per cento.

Di pressoché certo c’è che Tremonti si inventerà qualcuna della sue soluzioni creative: si parla in queste ore di far sottoscrivere l’aumento di capitale alla SACE, la finanziaria pubblica che assicura i crediti all’export e che dispone di liquidità in eccesso, ma per fare ciò occorrerebbe una modifica statutaria. In alternativa, SACE potrebbe girare un maxi-dividendo al Tesoro, che in tal modo avrebbe risorse per sottoscrivere l’aumento di capitale di Enel.

Certo, ci sarebbero assai meno problemi se Fulvio Conti, CEO di Enel, potesse tagliare lo sproporzionato dividendo che il titolo attualmente paga, anche a causa degli spericolati “consigli per gli acquisti” del premier, mesi addietro, basati su un dividend yield del tutto disconnesso dalla realtà. Ma se la vita fosse così semplice, saremmo tutti terribilmente annoiati.

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