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La Procura di Caltanissetta chiede la revoca del Segreto di Stato

I procuratori di Caltanissetta qualche giorno fa hanno fatto formale richiesta all’Aisi, il servizio segreto civile, il cuore vero dello Stato segreto, per avere libero accesso alle schede di una serie di personaggi entrati nella nuova inchiesta su Capaci. O meglio, sulla strage di Capaci.

Tutti agenti in servizio al Sisde o all’Alto Commissariato antimafia nell’estate del 1992. Una richiesta analoga sarà presentata nei prossimi giorni anche all’Aise, il servizio segreto militare.

C’è una rosa di nomi intorno ai quali si sono allungate ombre, sospetti. Su Capaci, il 23 maggio 1992. Ma anche sull’autobomba che ha fatto saltare in aria Paolo Borsellino, il 19 luglio 1992. Sul fallito attentato dell’Addaura a Falcone, il 21 giugno 1989. Sull’uccisione del poliziotto Antonino Agostino, il 5 agosto 1989. Sulla scomparsa del ’collaboratore del Sisde Emanuele Piazza, il 9 marzo 1990. Le morti sospese.

Per chi non lo sapesse i pm non possono accedere agli incartamenti con su scritto ’ top secret ’ e che riempiono i cassetti posti sotto la supervisione del Ministro dell’Interno. In pochi sanno che il Ministro dell’Interno di turno compone il pool che si occuperà delle indagini definite interne sulla strage politica di turno e che non è obbligato a ’interagire o scambiare’ informazioni con e ai pm. Accadde anche con l’assassinio di Moro che morì sparato.

Ma torniamo al periodo che oggi i procuratori intendono approfondire e vediamo cosa sappiamo oggi di quel periodo oscuro.

I detenuti sono imbufaliti, il 41/Bis gli impedisce di diagolare con l’esterno, di impartire gli ordini, di manovrare gli affari e soprattutto di mantenere le famiglie.

Inizia la ’strategia della tensione mafiosa’. I primi due attentani a Milano e a Roma, cinque e due morti. I servizi segreti danno l’allarme, ma i corleonesi son ben informati e fanno partire altri tir pieni di tritolo. Gli attentati vengono accompagnate da missive che rivendicano le stragi e ne minacciano altre. La mafia minaccia la Nazione.

Alla vigilia del suo interrogatorio per la maxitangente Enimont (miliardi versati alle segreterie di partito) si uccide Raul Gardini, prima di lui, anticipandolo di soli due giorni si era ucciso anche Gabriele Cagliari, l’imperatore dell’Eni.

Tangentopoli ha spezzato l’incanto, gli italiani reclamano a gran voce una nuova classe politica, i notiziari puntano i riflettori.

Il Presidente Ciampi è preoccupato: « E’ contro questa trasformazione, è contro questa concreta prospettiva di uno Stato rinnovato che si è scatenata una torbida alleanza di forze che perseguono obiettivi congiunti di destabilizzazione politica e di criminalità comune» Ciampi di fatto sta lanciando un grido dall’allarme agli italiani e a chi deve intervenire tempestivamente contro il blocco politico in atto.

Anche Bettino Craxi parla: « Qualcuno vuole creare un clima di completa paura. Le bombe si propongono di aprire la strada a ’qualcosa’, non di rovesciare qualcosa. Perche il potere politico è già stato rovesciato».

A distanza di anni bisogna ammettere, guardando allo stato attuale delle cose, che Craxi aveva avuto ragione. Anche il Sismi parla dicendo che, i corleonesi d’accordo con politici e massoni vogliono alzare ulteriormente il tiro e mirare ad uccidere le più alte cariche dello Stato.

Ma le più alte cariche dello Stato vero e coeso contro la forza mafiosa erano già state uccise, Falcone e Borsellino.

Quel che non dice chiaramente il Sismi è che queste bombe stanno minacciando coloro che gli avevano assicurato, dietro l’aiuto elettorale, d’intervenire contro il carcere duro una volta vinte le elezioni.

Il 12 settembre 1993 un parlamentare della Dc, Alberto Alessi, entra all’Ucciardone accompagnato dall’ex consigliere comunale socialista Bonsignore Alessandro e da suo figlio, entrambi usciranno dopo un ora dal carcere ma non Alessi. Padre e figlio diranno ai cronisti che Alessi è intenzionato a restare barricato all’interno del carcere finquando il ministro non revocherà il 41/Bis.

Bonsignore è un penalista che ha difeso alcuni imputati al maxiprocesso contro la mafia, appartenente alla loggia massonica di via Roma a Palermo. Gli investigatori arrivano a tale loggia pedinando un narcotrafficante agrigentino, sulla porta leggeranno questa scritta: « La pietra entra grezza ed esce levigata».Tra gli iscritti giudici e mafiosi, giornalisti e ufficiali dell’esercito e importanti professionisti.

Nella stessa loggia anche Pino Mandalari arrestato poi per mafia ma che riunì in quella stessa loggia 2.400 fratelli tutti appartenenti alla più alta borghesia siciliana. Tra gli iscritti anche: Salvatore Greco fratello di Michele Greco detto il ’ papa della mafia’, suo cugino Totò, i terribili Greco di Croceverde Giardini, sei magistrati tra cui il presidente del tribunale fallimentare michele Mezzatesta, famosi avvocati penalisti, economisti, l’editore del ’ Giornale di Sicilia’, l’esattore dei Salemi, il cognato di Stefano Bontate.

Lo stesso Alberto Alessi, onorevole Dc barricato nell’Ucciardone per chiedere la revoca del 41/bis è un assiduo frequentatore della Loggia, nel 2006 figurava nei vertici di un piccolo partitino alleato al centro sinistra dove militava anche l’ex consigliere di Prodi Angelo Rovati, lo stesso partitino che riuscì ad ereditare il simbolo e la sede della tramontata Dc.

Alessi, al tempo della sua protesta al carcere duro era legato a Francesco Cossiga, faceva parte di quel gruppo di deputati e senatori che volevano riformare lo Stato e Alessi aveva anche la fama di vero oppositore alle cosche mafiose, soprattutto la sua personalissima guerra a Vito Ciancimino tanto da subire un attentato che non denuncerà mai. Alessi appare come un uomo in chiaro scuro, vorrebbe parlare ma forse teme di non riconoscere i nemici e di fidarsi dei suoi possibili carnefici, questo suo alternare denunce e silenzi spiegherebbe l’entrata all’Ucciardone e forse, paventerebbe la possibilità d’aver agito perchè costretto ma da chi?

Alessi un anno prima, precisamente nell’estate del 1992 decide di seguire un suo amico di infanzia, Marcello Dell’Utri che in quel periodo è molto impegnato a costruire le solide basi di Forza Italia. Sarà proprio Alessi a diventare l’occhio e l’orecchio invisibile del futuro partito politico. Dalle agende del numero uno di Publitalia sequestrate dalla magistratura risulta che per tutto il 1993 il braccio destro di Berlusconi s’incontrava spesso con Alessi.

Mentre si lavora al nuovo partito, Provenzano, che non sa ancora come risolvere la questione del carcere duro inflitto ai detenuti mafiosi, dirà a Bagarella che la mafia aveva bisogno, visto il tramonto della Dc, di un nuovo partito che fosse e rappresentasse l’espressione mafiosa.

Bagarella continuerà a mandare lettere anonime con minacce di attentati se il governo non abolirà il 41/Bis, verranno preparate auto cariche di tritolo fuori l’Olimpico che non scoppieranno mai, qualcosa si attende, forse una promessa fatta.

 Il 4 e il 6 novembre il ministero della Giustizia firma la revoca del 41/bis per centoquaranta detenuti all’Ucciardone. Nel 1993 la mafia chiude l’epoca del tritolo.

È questo il patto di cui tanto si parla? Fino a questo momento la mafia ha sparso sangue, ucciso gli eroi degli italiani, sporcato, imbrattato, violentato le anime candide dei cittadini. Troppo rumore, troppi boati, troppa paura. Poi di colpo, tutto finisce, cala il silenzio, nessuno sparo, nessuna strage, basta sangue.

Provenzano ha traghettato la mafia nel terzo millennio, l’ha ripulita, l’ha resa mafia spa. Provenzano non ha ottenuto soltanto qualche 41/bis in meno, ha ottenuto di più, ha ottenuto per i suoi l’apertura dei cancelli nell’alta finanza, una euromafia con agganci e appalti ovunque. Ha ottenuto importantissime leggi ad personam, condoni, amnistie vestite con decreti varati a gran velocità. Salva bilancio, salva manager, salva tangentisti.

Provenzano insieme al suo partito hanno steso l’antimafia ridicolarizzandola tanto da inserirci qualche loro uomo all’interno del pool. Per scoprire la mafia oggi bisogna andare dentro le scatole cinesi dello Stato, dentro al Cipe ad esempio e leggere cosa e quanto dà il Cipe a quella certa cerchia di banchettatori. Bisogna guardare dentro le infrastrutture ridisegnate e costruite, bisogna cercare tra le società che si subappaltano i rifiuti ad esempio, o l’Expo di Milano.

Oggi la mafia non è più visibile in quanto ha infranto quel confine tra legalità e illegalità, nel nuovo millennio la mafia è diventata legale.
 

In attesa di una risposta i procuratori di Caltanissetta sono andati nel carcere di Opera ad ascoltare Totò Riina, che sulla strage Borsellino - a metà luglio - aveva fatto sapere: "L’hanno ammazzato loro... non guardate sempre e solo me, guardatevi dentro anche voi...".
 

Questa è una guerra che soltanto con l’ausilio del popolo è possibile vincere, è sempre la stessa sporca storia, una storia vecchia come vecchia è la storia della Repubblica italiana, una storia lastricata di bugie, di fitte regole mai scritte eppure rispettate, di inchini e riverenze e strane riunioni. Una storia che per forza maggiore non deve abbandonare i confini geografici del mezzogiorno d’Italia.

La mafia è siciliana, la camorra è napoletana, l’n’drangheta calabrese. Però la mafia non parla il siciliano, la camorra non parla il napoletano e l’n’drangheta non parla il calabrese, tutte parlano un perfetto italiano, ben articolato, colto. La mafia, la camorra e l’n’drangheta non hanno mai dovuto sparare a nessuno per entrare nelle istituzioni o nel gioco delle gare pubbliche. Nessuna serratura da forzare, loro hanno chi li fa entrare e non dalla porta di servizio ma da quella principale. Duecento amministrazioni sciolte perchè mafiose, nell’ultimo anno invece sono dodici.

Solo nel sud, perchè nel nord individuare le cosche all’interno delle grandi amministrazioni è difficile. Centinaia di dirigenti spostati di poltrona quando la talpa svela l’inizio di qualche ingerenza da parte di pm ficcanaso. Il governo deve dare sempre l’impressione di fare qualcosa contro la mafia così, ogni tanto, arresta qualche politico o boss nel sud, ma difficilmente assistiamo a condanne definitive.

27 ordinanze di applicazione di misure cautelari nei confronti di 758 persone, le 14 richieste di rinvio a giudizio per 300 persone, 8 sentenze emesse tra giugno 2007 e giugno 2008. In questi numeri sono racchiusi 12 mesi esatti di procedimenti penali e di inchieste giudiziarie per tentativi di infiltrazioni mafiose nel settore degli appalti pubblici che la Direzione nazionale antimafia (Dna) ha messo sotto osservazione e consegnato al Parlamento a fine 2008.

Poi arriva Roberto Castelli che attacca Roberto Saviano e considerando chi è Saviano cosa ha fatto e cosa sta facendo contro la mafia bhè, viene davvero naturale indignarsi contro Castelli, leggere nelle sua sarcastiche parole tutto l’anti Stato. Anche Alfano parla e attacca giudici e pm, li invita a presenziare meno nei salotti televisivi o di rilasciare meno interviste, ma non manca egli stesso di propagandare la firma per un 41/Bis che a nostro avviso dovrebbe essere routine!
 

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