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La privatizzazione dell’acqua al Senato e la strana nota del Sen. Bubbico del PD

Mercoledì scorso, 4 novembre 2009, il Senato della Repubblica ha approvato definitivamente il decreto legge 135/09, dal titolo "Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee".

Dietro questo nome apparentemente innocuo e dallo scarso valore politico si cela una delle decisioni più importanti e discusse degli ultimi mesi: la privatizzazione dei servizi pubblici locali.

Con un solo articolo e dopo soli 2 giorni di discussione nell’aula di Palazzo Madama, i Senatori della Repubblica hanno sancito l’obbligo per tutti gli organismi locali di ottemperare alle direttive europee che impongono l’affidamento dei servizi locali alle aziende private, servizio idrico compreso.

Nonostante l’Europa, nella realtà dei fatti troppo spesso ignorata dall’informazione così come viene ignorata dagli stessi autori del provvedimento, non imponga alcuna privatizzazione dell’acqua. Tutto il contrario.

Risoluzione Europea 11 marzo 2004, "Strategia per il mercato interno, priorità 2003-2006", paragrafo 5: "Essendo l’acqua un bene comune dell’umanità, la gestione delle risorse idriche non deve essere assoggettata alle norme del mercato interno".

Risoluzione Europea 15 marzo 2006, "Risoluzione del Parlamento europeo sul quarto Forum mondiale dell’acqua", paragrafo 1: "Dichiara che l’acqua è un bene comune dell’umanità e come tale l’accesso all’acqua costituisce un diritto fondamentale della persona umana; chiede che siano esplicati tutti gli sforzi necessari a garantire l’accesso all’acqua alle popolazioni più povere entro il 2015".

Nonostante le due chiare risoluzioni europee, il nostro paese, in una evidente condizione di anomalia, procede spedito verso la piena privatizzazione del servizio idrico integrato.

L’apertura ai privati per il servizio di distribuzione dell’acqua potabile ebbe il proprio inizio con la Legge Galli, del 1994, che, dividendo il territorio nazionale in Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), inaugurava l’opzione dell’affidamento a privati o a società con capitale misto pubblico-privato.
Una scelta, questa, immediatamente raccolta da Toscana ed Emilia-Romagna in primis. Le stataliste "regioni rosse".

A seguire, dopo 14 anni, lo scorso anno il Parlamento approvava la legge 133/08 che regolamenta il funzionamento dei servizi locali a rilevanza pubblica (articolo 23-bis). I punti chiave:

- Affidamento dei servizi a privati attraverso gare pubbliche d’appalto;

- Possibilità di affidamento ad aziende pubbliche previa dimostrazione delle "peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche che impediscono il ricorso al mercato" e previa approvazione dell’AGCM;

- Riconoscimento della proprietà pubblica delle infrastrutture all’interno di una distribuzione privata.



Quest’ultimo aspetto risulterà essere un punto cardine nella discussione di pochissimi giorni fa in Senato.

L’articolo 15 del decreto legge appena approvato apporta alcune modifiche all’articolo 23-bis della legge dello scorso anno, rafforzandone ulteriormente lo spirito privatizzatore:

- Possibilità di concessione del servizio in via esclusiva a società con capitale misto anche senza gara d’appalto, ma con semplice scelta su libero mercato del socio privato, che dovrà detenere almeno il 40% della partecipazione aziendale;

- Annullamento dei contratti di affidamento alle ditte pubbliche in tutto il territorio nazionale entro il 31 dicembre 2011;

- Annullamento dei contratti alla naturale scadenza solo in caso di affidamento a ditte con capitale misto a condizione che la quota pubblica possegga non oltre il 30% del capitale complessivo.

Nelle 48 ore di discussione del provvedimento, le opposizioni del centrosinistra, PD e IDV, hanno adottato una strategia congiunta di totale opposizione al principio di privatizzazione, in virtù della mancata esclusione del servizio idrico da quelli soggetti alla normativa.
Un duro ostruzionismo naufragatosi da sé al momento del voto.

Tutti gli emendamenti finalizzati all’esclusione del servizio idrico da quelli soggetti alla privatizzazione sono stati irrimediabilmente respinti. Ciò nonostante, alle ore 19:10 di mercoledì, al termine del dibattimento che ha approvato in via definitiva il decreto-legge, la Reuters pubblicava questa nota ufficiale del Senatore Filippo Bubbico (PD).

"Grazie a un emendamento del Pd è stata scongiurata la privatizzazione dell’acqua, bene indispensabile, di primaria importanza per tutti i cittadini. La sua approvazione consente al servizio idrico di restare saldamente nella titolarità e nel governo delle amministrazione pubbliche, tanto da soddisfare i principi del pieno controllo pubblico sulla qualità, l’accessibilità e il prezzo del servizio per gli utenti".

Il senso del comunicato non lascia troppo spazio alle interpretazioni: il servizio idrico sembrerebbe rimanere nelle mani delle società pubbliche. Un successo inaspettato dei difensori del principio "Acqua, bene pubblico dell’umanità".

L’emendamento è il 15.504, vede la firma del Senatore Bubbico come primo promotore e recita, a dispetto di ciò che emerge dalla nota, quanto segue:
"Tutte le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato [...] devono avvenire nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche [...]".

In parole semplici: servizio autonomo affidato ai privati, proprietà pubblica della risorsa (ovvero l’acqua). Un emendamento che nulla toglie e nulla aggiunge al provvedimento di privatizzazione di servizi di pubblica utilità, se non una presenza degli enti locali nella determinazione di prezzi e costi e la certificazione del centrosinistra alla privazione forzata del servizio dalle mani pubbliche.

L’emendamento è stato respinto dall’Italia dei Valori e ha visto il non-voto di 3 esponenti dello stesso Partito Democratico (Marinaro, Zanda e Nerozzi), ma ha visto i voti favorevoli di PD, UDC, PDL e Lega Nord, in questa inedita e larghissima convergenza istituzionale a favore del principio "acqua, bene privato del mercato".

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.228) 15 novembre 2009 11:41

    Amministrare il bene pubblico è soprattutto responsabilità e competenza. Le Voci dentro l’eclissi stanno a rivendicare dirittura morale rigore ed impegno civile. Il nostro Codice a senso unico è un esempio di come viene interpretata la gestione di un servizio locale. Le ultime vicende raccontano di una casta di Primi super cives che pensano a riappropriarsi della perduta immunità (impunità?). Tutto in nome della sovranità popolare. (questo e altro => http://forum.wineuropa.it

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