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La lotta alla mafia: corsi, ricorsi e buoni propositi di fine anno

E’ stato un meridionale di Napoli il primo ad accorgersi che la storia delle umane vicende è un ciclico succedersi di eventi, un susseguirsi di corsi e ricorsi, in tanto simile alle onde del mare. Si tratta di Giambattista Vico, filosofo, storico e giurista e tutti abbiamo trovato nelle sue teorie un sostanziale fondo di verità.
 
Il vostro reporter vorrebbe portare ad esempio il governo del nostro Paese, affidato ad un signore bassino e vulcanico, un grande appassionato del gentil sesso; con un fratello fortemente impegnato in uno dei maggiori quotidiani milanesi; spesso alle prese con grosse grane ad opera delle donne della sua vita. Sulla mafia nessun dubbio né di pensiero né di azione: da affrontare e da stroncare senza pietà, facendo fare gli straordinari alle forze dell’ordine in azione nel palermitano.
 
Molti penseranno che il vostro reporter stia parlando di Silvio Berlusconi, il Cavaliere di Arcore ed invece sta parlando di Benito Mussolini, il Cavaliere di Predappio. E vi ricorda che quest’ultimo mandò il prefetto Mori a mettere ordine nell’isola; che tutti i malavitosi si diedero immediatamente alla macchia; che Mori fece arrestare le loro mogli, costringendoli con le cattive a costituirsi. L’altro Cavaliere, quello di Arcore, ha invece inserito la fine della mafia nei suoi buoni propositi per l’anno che comincia.
 
Spingendo ancora avanti l’analogia vichiana dobbiamo purtroppo concludere che, anche questa volta, la mafia si salverà e che il Meridione continuerà ad essere caratterizzato da arretratezza e da sottosviluppo; perché non è la mafia a causare arretratezza e sottosviluppo, bensì, al contrario, sono arretratezza e sottosviluppo a causare la mafia. E si ha poco da gioire per i successi dei gendarmi perché, come scrisse in tutti i modi il siciliano Leonardo Sciascia, la Questione Meridionale è un problema politico.
 
La mafia dopo Mori continuò a vivere in stato di sonno e di assenza apparenti, ma di sostanziale vivacità, per svilupparsi ancor più rigogliosa dopo la fine del fascismo. Ci si deve dunque rassegnare al perdurare della mafia e della Questione Meridionale? Certamente no, ma sarà del tutto inutile affrontarle come già si è cercato di fare nel “ventennio” senza risultato alcuno; e lo stesso occorre ripetere per la Prima Repubblica di Alcide De Gasperi e la sua Cassa per il Mezzogiorno.
 
Forse è Renato Brunetta ad avvicinarsi più di tutti ad una nuova soluzione per il Mezzogiorno nel suo saggio Sud – Un sogno possibile , editore Donzelli, Euro 16,00, pagine 194; in cui costruisce una metafora sulla necessità di reiterare la «Spedizione dei Mille» nella Pubblica Amministrazione, appoggiata e sostenuta da «Nuclei di insorti» in stile rosolino Pilo.
 
Sulle linee generali il professore Brunetta ha colto due verità: i legami ai pesi che costringono il Meridione alla sua realtà di arretratezza e di sottosviluppo sono tali che non è pensabile che riesca da solo a liberarsi e, senza la volontà politica dei suoi abitanti, è impensabile imporre al Meridione dall’esterno progresso e sviluppo. Solo per questa via è possibile aggirare l’attuale infausta ipotesi vichiana.

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