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La crociata in difesa del crocefisso dei "cristianisti da combattimento"

Se c’è qualcosa di davvero insopportabile nella querelle sui crocefissi non è tanto la loro presenza nei luoghi pubblici, quanto piuttosto la protervia e l’arroganza di certi “cristianisti da combattimento” che imperversano in TV e sui giornali, moralmente assimilabili e speculari ai fanatici islamici.
 
 
Come quel tale Alessandro Meluzzi, che di professione fa l’onnipresente tuttologo, che – assieme alla solita, inqualificabile Santanchè - si scagliava con virulenza inaudita durante un talk show su Rai Uno, impedendogli di esporre le sue tesi, contro il giudice Luigi Tosti che, in nome della laicità dello Stato, si batte perché il crocifisso sia rimosso da tutti gli uffici pubblici, a cominciare dalle aule giudiziarie.
 
O quel tale che sulla Gazzetta di Parma sognava addirittura di essere un dittatore per poter impedire a chi non la pensa come lui (nel caso specifico, il Partito Radicale) di esercitare il diritto alla libertà di pensiero garantita dall’art. 21 della Costituzione.
 
O quella tale Irene Pivetti, inopinatamente Presidente leghista della Camera per una breve stagione, che va in giro per i talk shows a predicare la buona novella esibendo il simbolo dei reazionari della Vandea, il cuore sormontato da una croce rossa su campo bianco, proprio lei che ha condotto programmi televisivi sadomasi su temi forti come la chirurgia plastica, lei che nel 1997 si lasciò scappare un “Buttateli a mare” contro i profughi poco prima che la corvetta Sibilla ne mandasse a picco centoventi: un altro esempio preclaro di pietas cristiana.
 
O quegli idioti che hanno minacciato di morte gli autori del ricorso alla Corte di Strasburgo, rea di aver lapalissianamente stabilito che “lo Stato ha l’obbligo di neutralità religiosa nel contesto dell’istruzione pubblica obbligatoria in cui la partecipazione è richiesta a prescindere dalla religione“. 
 
Dunque, pur orfani del loro duce, don Baget Bozzo, e della loro Giovanna D’Arco, Oriana Fallaci, alla testa della crociata contro gli infedeli fino ai loro ultimi giorni, i cristianisti non demordono.
 
Nel loro background ci sono probabilmente quei prototipi esemplari di cristiani del passato, quale il castigliano del ’500, che in nome di Cristo si sentiva autorizzato a qualsiasi eccesso, dalla decimazione degli indios americani - considerati non-uomini e quindi non degni di vivere perché non conoscevano l’unica, vera fede, cioè quella dei conquistatori - all’Inquisizione degli eretici e ai pogrom contro gli ebrei (nei suoi confronti, i califfati di Toledo e Cordova erano oasi di tolleranza ed ecumenismo).
 
Oppure il lazzarone napoletano che, sotto le bandiere del cardinal Ruffo, massacrava i patrioti illuministi del 1799 in nome della “sacrosanta religione cristiana” minacciata. 

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