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L’Iso-polifonia albanese, la genialità artistica del suono dell’anima

"Quando si viaggia da soli si è soli, quando si viaggia in due ti metti a litigare ma se viaggi in tre sicuramente ti metterai a cantare" (antico proverbio albanese della regione di Përmet).
 
La musica è un mezzo potente di influenza sia della psiche che dell’animo umano attraverso le sue tematiche significative ed emotivamente coinvolgenti. Per il carattere dei personaggi, per le passioni che li dominano e per i sentimenti che esprimono, la musica parla direttamente all’animo di chi canta e di chi ascolta rispecchiando e celebrando così dei valori universali. Il panorama mondiale dei capolavori musicali si costituisce essenzialmente dai fenomeni e dalle manifestazioni delle culture spirituali dei diversi popoli, i quali rivestono un importante ruolo essendo alla base della cultura dell’intera umanità e distinguendosi per lo spirito e il genere unico che ognuno di essi rappresenta.

Patrimonio dell’umanità

In questo contesto l’Iso-polifonia albanese è entrata nella lista dei Capolavori del Patrimonio Orale e Intangibile dell’Umanità il 25 novembre del 2005, unendosi così alle altre ricchezze della cultura albanese già protette dall’UNESCO come il Parco Nazionale di Butrint, la città di Gjirokastër e quella di Berat. L’importante riconoscimento che viene fatto all’Iso-polifonia albanese a livello mondiale, mira a facilitare la salvaguardia di questa forma musicale straordinariamente interessante e unica nel suo genere per la multi-tradizione vocale che possiede, concentrandosi in particolare modo sulla sua divulgazione e trasmissione alle nuove generazioni per mantenerla viva. Di qui la necessità di educare alla conoscenza e all’apprezzamento di questo genere musicale anche perché tramite l’educazione si acquisiscono gli strumenti e le capacità per accedere a questo ricco patrimonio che ci contraddistingue, ma che purtroppo sta andando perduto visto che le nuove generazioni di oggi - bombardate dalla musica commerciale - la sentono molto distante e lontana dai loro interessi.

Quando si parla della musica tradizionale vocale albanese e del suo contesto, si deve specificare che mentre nel nord e nel centro del paese, questo particolare linguaggio dei suoni lo si trova principalmente con una sola voce e si chiama “homofonica”, nella parte meridionale appare generalmente con più voci e viene chiamata “polifonica”. Mentre il termine “iso” si riferisce al ronzio che accompagna il canto polifonico e le sue origini risalgono a tempi lontani e smemorati.

Il ronzio, che si presenta come una risonanza finemente decorata, è effettuato in due modi: il primo è continuo e viene cantato sulla sillaba ‘E’ usando la respirazione disposta a scaglioni; il secondo ronzio è a volte cantato come un tono ritmico e armonico eseguito insieme con il testo della canzone. Viene cantata sia da donne che da uomini ma principalmente l’esibizione è di sesso maschile e accompagna tradizionalmente una vasta gamma di eventi sociali importanti, come matrimoni, funerali, feste del raccolto, le celebrazioni religiose e i vari festival folk.

Iso-polifonie lab e tosk
La musica Iso-polifonica, che è una forma sofisticata di canto di gruppo, fa parte del repertorio musicale di un’area che copre quasi tutto il meridione dell’Albania e dal punto di vista etno-culturale, è tipico di due grandi aree, quella di Toskëria e quella di Labëria.
 
L’Iso-polifonia Lab prende il nome dal termine dell’estensione geografica con la quale si chiama la parte sud-occidentale dell’Albania e include le regioni di Vlora, Tepelena, Gjirokastra, Sa¬randa e il distretto di Mallakastra a Fier. Dal popolo stesso di Labëria, il canto polifonico viene considerato misterioso e istintivo, e in generale, come un fenomeno che porta in sé i riflessi della natura, le voci della notte, le voci della terra e del mare di Labëria. Gli albanesi di Labëria sono vissuti e vivono in una terra di alte montagne aspre e rocciose delimitata ad ovest dal mare Ionio, e in generale questa regione ha un clima di montagna con estati fresche e inverni rigidi, ma qua e là anche mediterraneo con l’estate calda e secca e l’inverno umido e mite. L’impatto di tali condizioni naturali ovviamente non poteva non riflettersi particolarmente anche nel canto polifonico Lab, nei diversi modi rappresentativi di questa musica articolati nella regione.

L’Iso-polifonia Tosk
lo troviamo geograficamente incominciando dal lato destro del fiume Vjosa e continuando fino al fiume Shkumbin, e così come in quella Lab, anche quella Tosk viene cantata sia dagli uomini anche dalle donne. La musica iso-polifonica delle regioni di Përmet, Leskovik, Kolonja, Korça, Devoll, Mokra, Opar, Skrapar, Shpati, Myzeqe, Librazhd, Gramsh, Berat si presenta più o meno come un tema con variazioni di tipo ‘Tosk’. Questo genere lo troviamo anche al di fuori dei confini statali dell’Albania, di cui fanno parte gli albanesi che vivono nella parte orientale del lago di Prespa, nella costa occidentale del lago di Ocrida, nel lato sinistro del fiume Drin Nero e nelle vicinanze di Struga, ove cantano con una, due e tre voci. Altresì, troviamo il tipo Tosk della polifonia anche nell’Italia del sud, dove vivono gli Arberesh che lasciarono l’Albania durante l’occupazione ottomana intorno al XV secolo, e anche in Çamëria, nell’Epiro del sud, un tempo territorio albanese abitato dagli albanesi e oggi parte della Grecia.
 
Sia la polifonia Lab che quella Tosk sono entrambe ricche di forme e di contenuti, tra ballate e canzoni storiche, canzoni liriche, canzoni di lutto, canzoni d’amore, canzoni umoristiche, canzoni sull’emigrazione, ninnananna ecc. Ma un posto specifico meritano le ballate e le canzoni storiche che oltre a essere cantate vengono anche ballate in gruppo. Tra le più tipiche testimonianze del genere storico sono le canzoni di "Skënderbeu trim me fletë”, dove si nota l’alternanza delle voci soliste che creano il cordone armonico che sostiene tutta la canzone; “Gjorg Golemi” o come viene riconosciuto tra gli Arberesh “Gjergj Arianit Komneni” che risale ai tempi di Scanderbeg, “Skënderbeu një menatë” cantata dalle comunità degli Arberesh che continuano ancora oggi a conservare e a tramandare la lingua, le tradizioni e la cultura dei loro avi; “Dhoqina”, diversamente conosciuta come “Doruntina”, è una canzone che troviamo situata in una vasta area del centro-sud che comprende Durazzo, Gramsh, Pogradec, Korça, Permet, Libohova, Argirocastro, Berat, Fier, Valona, Saranda, Çamëria ecc.

Salvaguardia e valorizzazione

Attualmente l’unica istituzione scientifica che si occupa dello studio del folklore albanese è l’Istituto della Cultura Popolare di Tirana, che comprende i dipartimenti di etno-musicologia, di etno-coreologia e di etnografia. L’Istituto pubblica periodicamente una rivista sulla cultura popolare albanese, e presso di esso esiste un archivio molto ricco che raccoglie 60.000 opere di tutta l’Albania. Le principali organizzazioni popolari che operano in questo ambito, per lo più sono stati creati in Albania dopo il 1990, al fine di sostenere il folklore e le tradizioni popolari in generale, sono: “Dora d’Istria” a Permet, “Demir Zyko” a Skrapar, “Folk Society” a Gramsh; “Gruppo Usignolo” a Vlora e Gjirokastër; “Associazione Tirana” a Tirana, “Kastrioti” a Kruja, ecc.

Le principali attività artistiche del folk albanese sono il Festival Nazionale del Folklore che si tiene ogni cinque anni e i suoi inizi risalgono nel 1952 nelle città di Lezha e Tirana per spostarsi poi nelle due città museo di architettura medievale, Gjirokastër e Berat; il Festival Nazionale della Canzone Popolare Cittadina che si svolge a Elbasan; l’incontro degli Rapsod di Lahuta nella città di Lezha; l’incontro delle Orchestre nella città di Korça; l’incontro dei Gruppi Polifonici nelle città di Vlora e Gjirokastër; l’incontro dei Gruppi e delle Società Folcloristici (ONG) nella città di Saranda.
 
Lo studio del fenomeno
Sono numerose le testimonianze e gli studi dei vari scrittori e studiosi che riguardano l’Iso-polifonia albanese ma noi ci limiteremo a citarne solamente alcuni cominciando con George Gordon Byron (1788-1824) nella sua opera "Child Harold’s Pilgrimage", Marie Wortley Montagu in “Letters and Works”, F.C. Pouqeville nel suo libro “Voyage en Moree, a Constantinople, en Albanie (pedant les annees 1789-1801) che ci dà questa constatazione riguardo la danza cantata della polifonia albanese: “… questi abitanti delle montagne uniscono le danze con le canzoni, che derivano dai secoli gloriosi di Scanderbeg, utilizzate per gettare scredito sugli ottomani”, J.C. Hobhouse “A journey through Albania and other provinces of Turkey during the year 1809-1810”, Zef Jubani (1818-1880) nell’articolo “Sulla poesia e la musica Albanese”, Thimi Mitko in “L’Ape Albanese” pubblicato nel 1874, Auguste Dozon in “Manuel de la Langue Chkipe ou Albanaise” (1879), Spiro Dine in “L’Onda del Mare” (Bulgaria,1908), Eqrem Çabej “Studime gjuhësore-V” (Prishtina, 1975), Spiro Shituni “Polifonia labe” (Tirana,1989), Beniamin Kruta “Polifonia dy zërëshe e Shqipërisë Jugore” (Tirana, 1991), Sokol Shupo “Folklori muzikor shqiptar” (Tirana,1997), Vasil Tole “Folklori muzikor-Polifonia shqiptare” (Tirana,1999) e “Folklori muzikor – Strukturë dhe Analizë” (2000), ecc.
 
Troviamo delle bellissime tracce della polifonia albanese anche nel campo delle arti visive, come testimoniato da diversi affreschi e dipinti di pittori albanesi e stranieri. Tra i pittori albanesi abbiamo due affreschi del 1744: il primo, dipinto da Kostandin Shpataraku nella chiesa di San Thanasi a Voskopoja, ci mostra un piccolo pastore suonando il piffero; mentre il secondo è un lavoro dei fratelli Zografi e presenta due pastori, l’uno dei quali in secondo piano accompagnato dal bestiame suona il flauto in un ambiente tipico pastorale. Tra i pittori stranieri meritano di essere citati Alexandre Decamps (1803-1860) con il suo lavoro “Albanian dancers”, Leon Gerome (1824-1904) e K.Udvil (1856-1927) i quali entrambi hanno intitolato con lo stesso titolo i loro dipinti “Albanesi che Cantano”, ecc.
 
Le radici antiche dell’Iso-polifonia
Il materiale sonoro di questa musica in generale è nato e si è sviluppato durante il tempo, in una terra alimentata da secoli da una forte tradizione locale, usufruendo così di notevoli caratteristiche originali e, simultaneamente, riflettendo i diversi aspetti della storia e della vita degli albanesi. Tutto questo svolge un ruolo importante non solo artistico-estetico ma anche di istruzione, ruolo ovviamente influenzato dal modo interpretativo, collettivo oppure individuale. In questo senso, questa musica si presenta come lo strumento che aiuta e promuovere la diffusione di diversi saperi e, avendo come oggetto la natura fisica dei suoni musicali e la loro configurazione, diventa un luogo privilegiato in cui le diverse discipline di vita trovano applicazione trasformandosi così in un sapere codificato. Ecco perché l’Iso-polifonia è stata cantata dagli albanesi in qualsiasi luogo, sia in occasioni di gioia che di disgrazia, nei matrimoni e nei lamenti funebri, prima e dopo le battaglie, dentro casa e fuori in natura aperta, animando i giorni di routine e durante le festività. Al posto degli strumenti è la voce dell’essere umano l’espressione chiara dell’anima trasmutata in arte.

L’esistenza nella musica popolare polifonica di diversi generi, come per esempio le canzoni polifoniche con origine mitologica o i "rituali di danza", dimostra che essa è stata una permanente compagna di viaggio per gli albanesi durante la loro storia. Ascoltando questa forma di canto la prima cosa che ti cade subito all’occhio è la stratificazione antica di origine mitologica con risonanze epiche, legata ad una serie di esclamazioni che riportano in mente le pratiche antiche dei rituali magici e pagani.

Nel libro di Lorenzo Tardo “L’Antica Melurgia Bizantina”, pubblicata nel 1938, troviamo una citazione interessante che ci fa capire l’antichità di questa forma musicale: “…Gli albanesi, odiando la schiavitù ottomana e lasciando la loro terra patria, non portarono con sé né il modello finale musicale di Costantinopoli, e nemmeno l’arte accademica del Protopsalti raffinati, piuttosto portarono con sé la loro tradizione musicale provinciale, montanara e arcaica che risale al 4-5 secolo A.D., al tempo dei Basilei e può darsi anche antecedenti”. La sua antichità viene dimostrata anche dalla costruzione modo-tonal pentatonica di questa cultura musicale, che è riconosciuta come la più arcaica forma musicale nella storia mondiale della musica popolare.

L’Albania, questa terra montagnosa e laboriosa, è stata nei secoli una zona tipica dove si custodivano in modo orgogliosamente tenace dai suoi abitanti relitti storici, archeologici e culturali mantenendo in serbo come filo conduttore con l’antichità i tratti arcaici di una organizzazione sociale, culturale, spirituale e materiale fortunatamente ancora intatti. Davanti alla storia di un antagonistico vivere-morire che nello stesso tempo cerca di affermare e di dissipare per riconfermare una serie continua di chiusura-apertura, che non per forza ha un valore negativo, l’arte del canto polifonico è stata un potente mezzo di comunicazione e il suo esecutore un grande comunicatore di emozioni e sentimenti, germogliando dai più profondi meandri del subconscio di questo popolo.
 
Per Approfondimenti il Link del sito web UNESCO: http://portal.unesco.org/es/ev.php-...

link: http://albanianews.it/arte/061209-i...)
 

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