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L’autoritarismo da Piazza Fontana a Berlusconi

Quaranta anni meno un giorno fa, la strage di Piazza Fontana. Oggi, la strage della democrazia italiana. Chissà, qualcuno potrebbe anche dire che il disegno eversivo di quegli anni è stato portato a compimento. Da altre persone, con altri metodi, con meno morti. Cosa voleva all’epoca l’estrema destra italiana, appoggiata, non scordiamolo, da pezzi dei servizi segreti, della polizia, dei carabinieri, della politica, dalla CIA, dai servizi segreti militari americani e dai regimi autoritari di Grecia e Portogallo?
 
Volevano evitare che l’Italia facesse politiche di sinistra. Non era necessariamente il pericolo del PCI a muovere i neofascisti, era proprio un odio ideologico nei confronti di chi, nella DC sopratutto, intendeva avvicinarsi al PCI, dopo che si era avvicinato al PSI. Certo questa gente non deve aver mai capito nulla di politica, visto ciò che diventò il PSI dopo l’abbraccio mortale con la DC. Ma poco importa, erano giovani anche quei fascisti, ed erano mossi da passioni e convinzioni che qualcun altro, di ben più potente ed influente, aveva inculcato loro. Ed altri furono i responsabili morali di quella tragedia.
 
Una tragedia che serviva a spingere gli italiani verso un regime autoritario di destra. Le bombe, pensavano, sarebbero servite ad agitare la popolazione. Le bombe di sinistra sarebbero servite a far sì che il popolo avallasse la sospensione delle garanzie costituzionali, a causa dell’eccezionalità della situazione. E in questo modo i colonnelli italiani avrebbero preso il potere, per poi evitare di mollarlo tanto facilmente, così come successe in Grecia pochi anni prima.
 
La storia però ha dato loro torto. Ancor prima che si scoprisse la matrice nera di quella strage i cittadini salvarono la nazione. Quell’affluenza oceanica, civile, democratica, responsabile, ai funerali delle vittime della Banca Nazionale dell’Agricoltura fu l’argine migliore al disegno golpista. Nessun disordine ci sarebbe stato, perché i cittadini non volevano. 
 
La rivoluzione, dunque, fu sconfitta, come qualsiasi altra rivoluzione. Rosse o nere esse non hanno mai portato alla vittoria degli ideali per i quali venivano fatte. Né realizzavano gli obiettivi che si ponevano. Il riformismo invece, pur lento ed elefantiaco, i suoi obiettivi li realizza. Ed infatti oggi Freda e Ventura e chi stava loro dietro sarebbero orgogliosi di ciò che è diventata l’Italia. O meglio, di ciò che potrebbe diventare.
 
Il Presidente del Consiglio può fare dichiarazioni apertamente golpiste, antidemocratiche, in spregio alla Costituzione, alla Presidenza del Consiglio, alla Consulta, al Parlamento senza che il popolo si chieda se, per caso, c’è qualcosa di strano o di inusuale o, meglio ancora, di pericoloso in tutto questo. Berlusconi si può permettere qualsiasi sparata, senza che nessuno, tranne gli addetti ai lavori, se ne accorga e se ne preoccupi. 
 
Se anche domani Berlusconi forzasse la mano e concentrasse il potere nelle sue mani, sospendendo la Costituzione per "mandato popolare", nessuno si allarmerebbe. Anzi, la maggioranza degli italiani plauderebbe alla fine delle ipocrisie, come vengono definite oggi le garanzie costituzionali e il rispetto tra istituzioni. Finalmente, pensano in molti, non vi sarà più quella farsa del Parlamento e un uomo forte, col mandato del popolo, potrà finalmente decidere per il bene degli italiani.
 
Ma a costoro io consiglierei una riflessione. A costoro e anche al Presidente Berlusconi, che cavalca quest’onda di malcontento generale e di sfiducia nelle istituzioni democratiche (che egli, badiamo, non rappresenta, nemmeno per i suoi elettori). All’epoca di Piazza Fontana furono commessi molti errori. Ma quello peggiore fu quello di credere che, se la destra usava le bombe, la sinistra avrebbe continuato a usare la piazza. Solo quegli onesti operai davanti al Duomo restarono in rispettoso silenzio. Da lì in poi vi fu un’escalation di violenza, morti, sequestri, altre bombe. Molti innocenti persero la vita e ogni bomba portò a un’altra bomba (e le bombe di Palermo, Roma, Firenze e Milano dei primi anni ’90 non sono del tutto scollegate a quegli anni). Se Berlusconi pensa che le sue azioni non avranno conseguenze si sbaglia. Newton insegna. 
 
La mia, sia chiaro, non è una minaccia, ma un timore. Un timore forse esagerato, ma di certo non è infondato. Berlusconi vuol fare l’ultras, ma è nella natura delle cose che prima o dopo altri ultras rispondano alle provocazioni. Dunque, chi può fermi quell’uomo, malato secondo la moglie, pericoloso per la democrazia secondo me. E lo dico per il bene di quest’Italia. Non è più possibile permettersi l’anomalia Berlusconi

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