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L’amore tra maschi ai tempi di Oscar Wilde

Verso la fine di Giugno del 1891 Lionel Johnson, un giovane aristocratico londinese, che ha letto per 14 volte “Il ritratto di Dorian Gray” accompagna il cugino, Lord Alfred Douglas, da Oscar Wilde, autore del romanzo e glielo presenta.
 
Figlio minore del Marchese di Queensberry, Lord Douglas (detto Bosie) ha una carnagione molto pallida, capelli biondi, occhi chiari ed una corporatura minuta. Nelle foto che lo ritraggono con Wilde appare visibilmente più piccolo di lui (che era tuttavia di statura molto superiore alla norma).
 
Poche settimane dopo, in una lettera ad un amico, Oscar scrive parole inequivocabili.

“Bosie ha insistito per fermarsi qui a mangiare dei sandwich. E’ in tutto e per tutto simile ad un narciso - così bianco e oro.[…] E’ talmente stanco: giace sul divano come un giacinto ed io lo venero“.

Dal Novembre 1892 al Dicembre 1893 i due non si separano mai. Oscar ha poca voglia di nascondere la relazione che ogni giorno lo prende sempre di più, ma Douglas è addirittura ansioso di esibirla.

Le dicerie sulla vita che conducono i due corrono per tutta Londra.

Bosie, che da tempo frequenta una cerchia di giovani prostituti pronti a concedersi per qualche sterlina o per un buon pasto in un ristorante alla moda, introduce anche Wilde a questa passione. I due, per trovare le loro “prede” si avvalgono dei servigi di un certo Alfred Taylor, vero e proprio tenutario di un bordello maschile.

Ai giovani prostituti con i quali si incontra Wilde dispensa spensieratamente denaro, portasigarette in oro o argento e altri regali. E’ generoso, cordiale, brillante. Parlerà poi di quel periodo come del periodo in cui banchettava “con le pantere”.

I giovani sono infatti molto avidi e spregiudicati e spesso pronti al ricatto.

Da pochi anni (1885) è stata approvata in Inghilterra una legge, il Criminal Law Amendment Actc, che per la prima volta vieta gli atti osceni tra maschi adulti consenzienti (si dice che la Regina Vittoria, avendole qualcuno fatto notare che non era prevista alcuna sanzione per le donne, abbia liquidato seccamente le questione, dicendo: ”Nessuna donna farebbe mai una cosa simile”).

Il rischio che, con la loro condotta ostentata ed ogni giorno più imprudente i due corrono è quindi un rischio reale e piuttosto grave: la pena prevista era quella della “detenzione fino ad un massimo di due anni, con o senza lavori forzati”.

Naturale quindi che il Marchese di Quinsberry, padre di Bosie, si preoccupi delle conseguenze che la relazione può avere sulla reputazione ma anche sulla fedina penale del figlio. Dopo vari tentativi di convincere quest’ultimo a troncare la relazione e un’irruzione con minacce in casa di Wilde (rimasta priva di effetti) decide di passare a provocare il drammaturgo in maniera plateale e va a trovarlo all’Albermarle Club: non trovandolo, gli lascia un biglietto che dice “A Oscar Wilde che posa da sondomita (sic: “somdomite”).

Bosie, che odia il padre profondamente, convince a questo punto Wilde a citare in giudizio il marchese per calunnia.

Il 9 Marzo ha inizio il processo. L’avvocato che difende Queensberry è Edward Carson, compagno di studi di Wilde al Trinity College di Dublino.

Wilde accoglie la notizia con leggerezza: “Sarò interrogato dal vecchio Ned Carson. Farà senz’altro la sua parte con quel tanto di cattiveria tipica di un vecchio amico”.

Quello che non immagina è che, mentre lui e Bosie, approfittando di un rinvio delle udienze, si assentano per alcuni giorni per recarsi a Montecarlo, Carson esamina le prove raccolte da alcuni investigatori privati sguinzagliati nei posti più malfamati di Londra che hanno scovato tutti i giovani prostituti frequentati dalla coppia: lacchè, fattorini, stallieri, camerieri, studenti, tutti personaggi già noti alla polizia, così come il loro “protettore” Alfred Taylor.

Alla ripresa del processo Carson incomincia, nell’interrogatorio di Wilde, a chiedergli di commentare i suoi scritti.

Wilde risponde da par suo. Carson legge diversi passi de “Il ritratto di Dorian Gray” scegliendo quelli che alludono a rapporti amorosi tra persone dello stesso sesso.

Quando Carson insinua che il romanzo sia un libro perverso, Wilde replica in maniera sprezzante: “Forse, ma solo per i bruti e gli ignoranti. Le opinioni dei filistei sono di una stupidità incommensurabile”.

Dal romanzo Carson passa alle lettere personali.

“Ragazzo tutto mio”, legge ad alta voce, citando le parole d’attacco di una lettera scritta da osca a Bosie. “Perché un uomo della vostra età si rivolge ad un giovane di vent’anni più giovane di lui chiamandolo ragazzo tutto mio?”

Per un po’ continua la schermaglia tra l’ironia di Carson e le risposte sprezzanti di Wilde. Vengono letti passi sempre più espliciti delle lettere di Oscar a Bosie.

Vengono fuori, lette dalla voce volutamente incolore e spoetizzante di Carson, espressioni come “le tue labbra di petalo di rosa rossa”, “la tua flessuosa anima aurata“. L’avvocato procede facendo in modo di lasciare alla fine le lettere più ardite, in un crescendo che lascia il pubblico e la giuria con il fiato sospeso.

“Ragazzo carissimo tra tutti, la tua lettera era deliziosa, vino rosso e dorato per me; ma io sono triste e sconsolato; Bosie non devi fare scenate con me. Mi uccidono, sciupano le bellezze della vita… Devo vederti presto. Tu sei l’oggetto che mi manca, l’oggetto di grazia e di bellezza… Perché non sei qui, mio caro e meraviglioso ragazzo?”

Alla fine di queste citazioni, Carson pone al teste la domanda cruciale, gli chiede cioè se sia questo il tipo di lettera che un uomo scrive ad un altro uomo.

Wilde crede di cavarsela con la solita risposta evasiva. Asserisce che quella lettera è semplicemente la prova del suo affetto e della sua ammirazione per Lord Douglas.

Ma Carson lo incalza : “Non pensate che adulare un giovane, in pratica corteggiarlo, sia la stessa cosa che corromperlo?”.

L’avvocato non molla la presa. Dalle lettere di Wilde passa ai ricattatori che le hanno utilizzate: fattorini e stallieri che hanno varcato con il poeta la soglia dei locali più esclusivi di Londra, condividendo con lui cibi sofisticati e fiumi di champagne.

Non è strano, incalza Carson, che un uomo di più di quarant’anni prediliga con tanta insistenza la compagni di uomini così giovani?”

Wilde non rinuncia alla battuta.

“Per me la gioventù, il solo fatto della gioventù, è così meraviglioso che preferirei chiacchierare per mezz’ora con un giovane che essere interrogato in tribunale”.

Carson incassa la risposta per quello che è: la conferma del fatto che Douglas non è il solo giovane al quale Wilde si è accompagnato nel corso degli ultimi anni.

Alla seconda udienza, Wilde non si presenta. Il suo avvocato lo ha convinto a rinunciare e cerca di negoziare un’uscita onorevole. Riesce ad evitare la sfilata dei testimoni, ma non la formula finale, con la quale la giuria chiude il processo: non solo Queensberry è innocente del reato di calunnia, ma ha avuto ragione, per il bene pubblico, a sollevare la questione.

La formulazione della sentenza, alla luce della legislazione vigente in tema di sodomia, rende inevitabile un secondo processo, questa volta con Wilde come imputato.

Gli amici più fidati scongiurano Wilde di riparare in Francia. Ma il poeta preferisce restare ad aspettare la sua sorte. Preferisce affrontare gli eventi che l’onta della fuga.

Poco dopo è arrestato per il reato di atti osceni.

Il processo si conclude con una condanna a due anni. La sentenza viene pronunciata il 25 Maggio 1895.

Il giudice che la emette la commenta così: “Non posso che pronunciare la condanna più severa prevista dalla legge. A mio avviso essa è totalmente inadeguata in un caso come questo".

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.58) 12 gennaio 2010 14:56

    Anche oggi ci sono dei beceroni retrivi e codini che vogliono impedire a noi uomini di essere noi stessi, di amare e divertirci come ci pare....ma noi continueremo a fare ciò che ci pare moralisti o no e in quanto ai fascisti...quelli godrebbero di più se si accettasserò cosi come sono e la smettessero di indossare certe divise per sentirsi più maschi.
    Marco Urelio Chessa Tadiani

  • Di (---.---.---.3) 13 gennaio 2010 07:25

    Non capisco come un uomo geniale come Oscar Wilde sia caduto nella trappola.... senso di superiorità? sentirsi fuori e al di sopra di qualsiasi codice etico? 

    La regina Vittoria lucidissima: le donne non sono o sono assai meno esibizioniste. 

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