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L’aggressione a Silvio Berlusconi ed il nuovo costituente, Massimo Tartaglia

Dopo l’indispensabile e convinta condanna dell’aggressione a Silvio Berlusconi, dopo la costernazione per le conseguenze fisiche derivate dall’incidente che lo ha coinvolto (come definire altrimenti l’accaduto? Di certo non un atto di consapevole violenza politica essendone l’autore una persona, a quello che riferiscono le cronache, non in possesso della pienezza delle proprie facoltà mentali) muovendomi a tentoni nell’oscurità determinata dal denso polverone alzato dalla destra berlusconiana, provo a buttar giù alcune considerazioni.
 

Anzitutto credo sia da evidenziare il carattere ’provvidenziale’ del gesto di Massimo Tartaglia: Berlusconi era ormai alle corde, stretto nella morsa di nemici occulti e palesi e degli ex amici Fini e Casini, ridotto a sproloquiare in un consesso internazionale come il congresso del Partito Popolare Europeo di congiura ai suoi danni da parte della magistratura e degli organi di garanzia costituzionale italiani, ovviamente dominati dai comunisti, e sorpreso a disegnare indumenti intimi femminili al vertice di Copenaghen.

L’aggressione ha consentito ai berlusconiani di scatenare, ricordando nelle intenzioni le rappresaglie che seguirono l’incendio del Reichstag, il proprio regolamento di conti contro tutti i contestatori, sulla base dell’assurda equiparazione (e l’individuazione di un nesso di causalità) tra critiche e violenza fisica, lanciando vili attacchi contro Marco Travaglio e altri giornalisti e preannunciando un giro di vite per le manifestazioni di piazza e Internet. Di certo ha reso per il momento più difficile un comune patto comune d’azione tra gli oppositori interni (Fini, Casini, il PD) e quelli esterni (Italia dei Valori) al sistema. Anzi fornisce a tutte le forze in campo l’occasione di emarginare e criminalizzare lo scomodo partito di Di Pietro. Ha inevitabilmente suscitato la solidarietà umana (e il conseguente incremento dei potenziali consensi elettorali) da parte di tanti devoti telespettatori.

Se come molti sostengono è in corso una guerra tra Berlusconi e una coalizione di centri di potere, italiani e stranieri, rappresentati politicamente da Fini, Casini e D’Alema, Berlusconi ottiene una sia pur momentanea tregua e guadagna altro tempo per assicurarsi quelle garanzie che pretende per farsi da parte e, nel caso il conflitto dovesse precipitare verso elezioni anticipate, acquisisce un formidabile argomento di propaganda e di consenso.

Un evento talmente provvidenziale che è stato inevitabile non pensare, da subito, a qualcosa di ’costruito’ o ’indotto’. Ovviamente in rete (e qui sta la straordinaria forza di questo mezzo di comunicazione che permette di divulgare ipotesi e ricostruzioni che altrimenti non troverebbero spazio su giornali e tv) hanno cominciato a circolare dubbi e interpretazioni attraverso le quali si accredita l’ipotesi di una falsa aggressione.

Ci sarà tempo per valutarle con scrupolosa attenzione: di certo danno conto della credibilità che ormai il personaggio Berlusconi riscuote in una larga fetta di italiani. D’altro canto perché non si dovrebbe dubitare di chi nella propria vita ci ha abituato a così tante bugie e mistificazioni?

Si è sproloquiato molto in questi giorni di democrazia in pericolo a causa di possibili rigurgiti terroristici, del sentimento diffuso di odio che divide gli schieramenti, di istigatori della violenza e della necessità di abbassare i toni. Che chi si opponesse ancora ai provvedimenti in tema di giustizia (processo breve, legittimo impedimento, ripristino dell’autorizzazione a procedere per i parlamentari) rivolti a liberare il premier dagli impacci giudiziari non rappresenterebbe altro che un complice dell’aggressore.

In sostanza dovrebbe essere Massimo Tartaglia, eletto di fatto a novello costituente e padre della Patria, a decidere dell’evoluzione del quadro politico italiano e a dare semaforo verde alle riforme costituzionali.

Le strumentalizzazioni sono state fin troppo evidenti e la mediocrità dei personaggi che se ne sono fatti portavoce (Feltri, Belpietro, Cicchitto) li rende per quanto mi riguarda non particolarmente appassionanti. Trovo invece molto più pericolosi e ipocriti gli inviti al dialogo e a dar vita a riforme condivise che vengono dal Presidente della Repubblica, dal PD e da numerosi commentatori.

Dopo l’aggressione sono forse venute meno le ragioni che rendono illegittima e inammissibile la permanenza di Berlusconi nella carica di Presidente del Consiglio? Aver fatto parte della loggia eversiva P2, il conflitto di interessi, la distorsione della libera competizione politica a causa del quasi totale dominio del sistema televisivo, le pendenze giudiziarie in corso, le condanne che hanno riguardato stretti collaboratori per reati commessi nel suo interesse (a cominciare da Previti e Mills) di colpo è tutto cancellato? Non serve nemmeno citare i sospetti di collusione e contatto con la mafia, fino alle accuse di essere addirittura coinvolto con le stragi di mafia del 1992 e 1993. Per questi fatti la giustizia dovrà fare il suo corso e accertare serenamente la realtà dei fatti. Per l’incompatibilità con la carica di Capo del Governo per ora basta la condanna del co-fondatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri, per concorso esterno in associazione mafiosa. Sarebbe come se un Presidente degli Stati Uniti potesse rimanere al suo posto quando il responsabile della propria campagna elettorale venisse riconosciuto colpevole di aver avuto rapporti con Al Qaeda.

Con quale faccia ci chiedono di far finta di niente e di considerare normale riscrivere le regole del gioco della Repubblica italiana insieme a chi è portatore non di una legittimamente diversa visione politica ma solo dei propri bassi interessi personali?

C’è poi un’obiezione che a mio avviso merita una risposta. E’ l’obiezione di alcuni opinionisti politici ’liberali’ che provocatoriamente chiedono a chi considera l’attuale sistema un regime illiberale perché non abbracci le armi e trovi rifugio nella clandestinità. In realtà è proprio il tenere alti i toni, porre l’Italia all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, non consentire a tutte le opposizioni e a tutta l’informazione di cedere alle tentazioni di inciucio che ha impedito fin ad ora alla maggioranza di destra il ’salto di qualità’ autoritario. E poi chi l’ha detto che la violenza sia l’unica e più efficace forma di lotta politica anche nelle situazioni più estreme? Perché questa domanda non viene posta al Dalai Lama per il Tibet o a Aung San Suu Kyi per la Birmania?

P.S. Infine una concessione alla fantapolitica: e se quale effetto collaterale dell’aggressione vi fosse l’opportunità per Berlusconi per delle dignitose dimissioni, da presentare a testa alta quale autentico martire e con l’onore delle armi degli ’avversari’, ovviamente nell’ipotesi che abbia già ricevuto le contropartite della propria impunità e della salvaguardia dei propri interessi economici? L’imminente approvazione della legge finanziaria e il clima disteso delle festività natalizie costituirebbe il momento ideale.

 

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