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Italia. Tre milioni di persone soffrono la fame e il 10% della spesa finisce nel secchio

Tre milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà alimentare. Un milione e mezzo di famiglie, ovvero il 4,4% di quelle residenti in Italia, spende per cibo e bevande un cifra inferiore a 222,29 euro. Il dato impressionante emerge dalla ricerca presentata al Campidoglio e realizzata dalla Fondazione per la Sussidiarietà insieme alle università Cattolica e Milano Bicocca.

La Coldiretti sottolinea che "nel bidone finisce una quantità di cibo sufficiente a sfamare più del doppio delle persone in indigenza alimentare".

Secondo la ricerca, una famiglia di due persone viene considerata povera se ha una spesa per cibo e bevande, in un mese, inferiore ai 222,29 euro. Questo importo (che serve ad acquistare beni primari come pane, pasta e carne) costituisce il limite minimo individuato su base nazionale, ma subisce delle oscillazioni se si considerano le diverse aree geografiche della Penisola. Per tenere conto del differente costo della vita, la ricerca ha infatti individuato diversi indici a livello regionale: così le soglie di povertà variano a Nord tra i 233-252 euro, al centro tra i 207-233 euro e nel Mezzogiorno tra i 196-207 euro.
 
L’analisi, che si basa sui dati della Rete della Fondazione Banco Alimentare (una onlus che offre assistenza alimentare in tutta la Penisola), sostiene che questi sono meridionali, disoccupati, con un titolo di studio basso e una famiglia numerosa.
 
La causa principale di indigenza (60% dei casi) è la perdita del lavoro.
L’incidenza della povertà alimentare è infatti particolarmente alta tra i disoccupati (12,4%) e assai minore tra chi ha un posto di lavoro (3,4 per cento).
 
Dallo studio emerge che a impoverire gli italiani, infatti, è proprio la famiglia, che più è numerosa e più si ritrova a fare economia a tavola: il 10,3% delle coppie con tre o più figli vivono sotto la soglia di povertà alimentare. Mentre sono i single a poter spendere di più per mangiare e bere: solo l’1,7 % vive con meno di 222 euro al mese per nutrirsi. E sta nella media nazionale (4,5%) l’anziano che vive solo.
 
 
Altro fattore influente, è il titolo di studio: il 6,7% delle famiglie che ne sono prive è indigente mentre si difende bene dalla povertà chi ha la laurea, solo 1,6% è sotto la soglia minima. Il rapporto, infine, stila quella che si può definire la dieta dei poveri.

L’analisi, che rielabora i dati Istat del 2007, conferma il divario tra Nord e Sud: nelle Isole oltre il 10% della popolazione fa fatica a trovare i soldi per mangiare e bere; mentre in Toscana, Liguria, Veneto e Trentino Alto Adige "soffre la fame" una percentuale molto più bassa di persone, meno del 3%.

Il rapporto individua infine quella che si può definire la dieta dei poveri. Lo scontrino mensile non prevede più di 28 euro di pane e cereali, 35 di carne e salumi, 14 di frutta, 10 di pesce, 14 di frutta e 9 di bevande.
 
Fame assurda afferma Coldiretti, Con il 10 per cento della spesa alimentare degli italiani che finisce nella spazzatura è insopportabile che il 4,4 per cento delle famiglie residenti in Italia, per un totale di tre milioni di persone, viva sotto la soglia di povertà alimentare. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che nel bidone finisce una quantità di cibo sufficiente a sfamare più del doppio delle persone in indigenza alimentare, in riferimento alla ricerca realizzata dalla Fondazione per la Sussidiarietà insieme alle Università Cattolica e Milano Bicocca.
 
Ad essere gettati nel bidone, per un valore di 560 euro all’anno per famiglia, ci sono sopratutto, sottolinea la Coldiretti, gli avanzi quotidiani della tavola, ma anche prodotti scaduti o andati a male come frutta, verdura, pane, pasta, latticini e gli affettati che si classificano tra i prodotti più a rischio. Tra i più spreconi ci sono i single per la necessità di acquistare spesso maggiori quantità di cibo per la mancanza di formati adeguati, ma anche precisa la Coldiretti per uno stile di vita che li porta spesso a mangiare fuori casa.
 
Oltre agli sprechi pesano anche - continua la Coldiretti - le distorsioni presenti sui mercati che rendono indisponibili al consumo prodotti alimentari al giusto prezzo nonostante i crolli che si sono verificati nelle quotazioni riconosciuti in campagna. I prezzi al consumo dei prodotti alimentari - denuncia la Coldiretti - sono aumentati quattro volte il valore medio dell’inflazione mentre per gli agricoltori nell’ultimo anno si sono verificati cali del 71 per cento per le carote, del 53 per cento per le pesche, del 30 per cento per grano e latte fino al 19 per cento per l’uva, secondo le rilevazioni Ismea ad agosto.
 
Pochi centesimi nei campi diventano euro al consumo con il risultato che è stato quindi un aumento della forbice nel passaggio dei prodotti dal campo alla tavola durante il quale, denuncia la Coldiretti, i prezzi degli alimenti moltiplicano oggi in media cinque volte. Gli italiani spendono 205 miliardi all’anno in alimenti e bevande (141 miliardi in famiglia e 64 fuori) che rappresentano ben il 19 per cento della spesa familiare ed è quindi necessario, conclude la Coldiretti, interrompere un trend che impoverisce cittadini e imprese agricole in un difficile momento di crisi economica.

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