Iraq: più di 900 persone nel braccio della morte rischiano l’esecuzione imminente
Le autorità irachene devono immediatamente interrompere le esecuzioni delle oltre 900 persone detenute nel braccio della morte che hanno esaurito i loro ricorsi legali e potrebbero essere messe a morte in qualsiasi momento questa è la denuncia di Amnesty International.
"In un Paese che ha già uno dei più alti tassi di esecuzione al mondo, la prospettiva che queste statistiche possano aumentare in modo significativo è in effetti inquietante", sottolinea Philip Luther, vice direttore del programma Medio Oriente e Nord Africa dell’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani.
L’approssimarsi delle elezioni legislative, previste nei primi mesi del 2010, non aiuta, osserva il comunicato di Amnesty: il governo di Baghdad sta infatti cercando di presentarsi come capace di affrontare con il pugno di ferro la criminalità, e di tenere sotto controllo l’assai precaria situazione della sicurezza.
Esponenti politici dell’opposizione hanno espresso la preoccupazione che le esecuzioni dei condannati a morte possano essere utilizzate dal premier Nuri al Maliki e dalla sua coalizione politica a fini di propaganda elettorale.
Secondo Amnesty, oltre 900 persone sono state condannate a morte e decine sono state giustiziate.
Sulla pena di morte, l’attuale leadership irachena è divisa: con il Primo Ministro Nuri al-Maliki che ne è un acceso sostenitore, mentre il presidente Jalal Talabani è contrario.
Solo che ha scelto un atteggiamento ambiguo delegando la ratifica delle sentenze ai suoi due vice, che, sicuramente non hanno incertezze e si fanno meno problemi.
"Il governo iracheno deve ascoltare le richieste internazionali per fermare le esecuzioni", conclude nella nota Philip Luther.
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