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Iraq: più di 900 persone nel braccio della morte rischiano l’esecuzione imminente

Le autorità irachene devono immediatamente interrompere le esecuzioni delle oltre 900 persone detenute nel braccio della morte che hanno esaurito i loro ricorsi legali e potrebbero essere messe a morte in qualsiasi momento questa è la denuncia di Amnesty International.

In un paese martoriato da una guerra inutile come l’Iraq, dove in questi giorni i promotori del conflitto guidati dagli USA, e sostenuti dalla Russia, si stanno spartendo in pozzi petroliferi, la notizia di essere umani che vengono condannati a morte, non interessa l’opinione pubblica dell’occidente visto il totale disinteresse dei media, nonostante il Presidente americano Barack Obama premio Nobel per la Pace dichiarava il 10 dicembre sarà celebrato negli Stati Uniti come la "giornata dei diritti umani".
 
Molti dei prigionieri sono stati condannati per reati come l’omicidio e il sequestro di persona. Some are likely to have been sentenced after unfair trials. Alcuni probabilmente sono stati condannati dopo processi iniqui e in modo sommario.
 
Solo quest’anno in Iraq sono stati giustiziati 120 detenuti, e oltre 900 sono ancora nel braccio della morte.
 
È la denuncia di Amnesty International, che in un comunicato ha chiesto al governo di Baghdad di sospendere immediatamente tutte le esecuzioni, sottolineando che alcuni dei condannati a morte “lo sono stati probabilmente dopo processi iniqui”.
 
Fra loro ci sono 17 donne: le sentenze sarebbero già state ratificate dal Consiglio di presidenza (composto dal presidente della Repubblica Jalal Talabani e dai suoi due vice) e perciò sarebbero definitive.
 
L’Iraq ha reintrodotto la pena capitale (in vigore ai tempi di Saddam Hussein) nell’agosto 2004, dopo una breve moratoria seguita all’invasione guidata dagli Usa e alla caduta del regime nell’aprile 2003. Normalmente, le esecuzioni vengono eseguite per impiccagione.

"In un Paese che ha già uno dei più alti tassi di esecuzione al mondo, la prospettiva che queste statistiche possano aumentare in modo significativo è in effetti inquietante", sottolinea Philip Luther, vice direttore del programma Medio Oriente e Nord Africa dell’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani.

L’approssimarsi delle elezioni legislative, previste nei primi mesi del 2010, non aiuta, osserva il comunicato di Amnesty: il governo di Baghdad sta infatti cercando di presentarsi come capace di affrontare con il pugno di ferro la criminalità, e di tenere sotto controllo l’assai precaria situazione della sicurezza.

Esponenti politici dell’opposizione hanno espresso la preoccupazione che le esecuzioni dei condannati a morte possano essere utilizzate dal premier Nuri al Maliki e dalla sua coalizione politica a fini di propaganda elettorale.

Secondo Amnesty, oltre 900 persone sono state condannate a morte e decine sono state giustiziate.
 
Non ci sono dati ufficiali sul numero di detenuti in attesa di esecuzione.

Sulla pena di morte, l’attuale leadership irachena è divisa: con il Primo Ministro Nuri al-Maliki che ne è un acceso sostenitore, mentre il presidente Jalal Talabani è contrario.

Solo che ha scelto un atteggiamento ambiguo delegando la ratifica delle sentenze ai suoi due vice, che, sicuramente non hanno incertezze e si fanno meno problemi.
 
Amnesty International ha ripetutamente sollecitato le autorità irachene a stabilire una moratoria immediata sulle esecuzioni.

"Il governo iracheno deve ascoltare le richieste internazionali per fermare le esecuzioni", conclude nella nota Philip Luther.
 
Fonti : Amnesty International, osservatorioiraq
 

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