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Investire in Cina, occhio allo yogurt

Nonostante la crisi globale che coinvolge anche il mercato cinese, c’è chi suggerisce alle aziende occientali di scommettere ancora sul Dragone, investendo oltre Muraglia.

L’importante però è farlo bene, per evitare flop come quelli della birra Foster che nel 2006 ha chiuso i suoi tre stabilimenti cinesi dopo 13 anni di scelte sbagliate - birra scura venduta dove piace quella chiara e viceversa - e senza aver guadagnato uno yuan.

Secondo uno studio di Roland Berger Strategy Consultants, la fase economica che si sta inaugurando è contraddistinta dal nuovo ruolo del mercato domestico.
Esistono 3 fattori dinamici: il processo di urbanizzazione, che dovrebbe portare il 65% dei cinesi - cioè un miliardo di persone - a vivere nelle aree metropolitane entro il 2025 (ora siamo al 45%); il bisogno di infrastrutture, che attualmente rappresentano già il 50% dell’investimento mondiale; la volontà del governo di acquisire “leader mondiali” come Lenovo (IT), Haier (elettrodomestici) e Huawei (componenti per le telecomunicazioni).

Bisogna essere però ben consci delle differenze di reddito, e quindi di consumi, tra città e campagne e anche tra le diverse aree metropolitane: dai 2.500 euro annui pro capite di Shanghai si passa ai 1100 dello Xinjiang, giusto per fare un esempio. Ci sono poi differenze generazionali, con i giovani che si stanno allontanando dalla tradizionale parsimonia dei vecchi, vivono in pianta stabile su internet e viaggiano sia in Cina sia all’estero.

Ma ancora più importante è compiere accurate ricerche di mercato per colmare il gap culturale tra “noi” e “loro” e non trovarsi in braghe di tela al momento sbagliato.


Ecco alcuni esempi divertenti che riprendo pari pari: “I cinesi consumano bevande a base di yogurt solamente con la cannuccia; è pertanto inutile aspettarsi che ingeriscano yogurt ‘alla francese’” (si intende forse da mangiare col cucchiaino?)

“Nel make-up, le donne del nord utilizzano colori più chiari di quelle del sud. E nell’abbigliamento è raro che vestano in giallo, colore un tempo riservato all’imperatore e che ora ha una connotazione licenziosa (i film pornografici sono conosciuti come ‘film gialli’)”.

“Alle donne piacciono colori brillanti come il rosa e il rosso, e tagli complicati con molte tasche e spalline. Trainata dal desiderio di rivalsa nei confronti dell’Occidente, l’abilità delle aziende cinesi di imporre nuovi standard (che potrebbero imporsi anche da noi nel giro di un decennio) non va sottovalutata”.

C’è poi il capitolo “fare business“, e qui ritroviamo alcuni dei concetti già espressi da François Jullien. In pratica: il contratto, in Cina, è solo un punto di partenza, non un insieme di regole rigide. Dal momento in cui è sottoscritto, cominciano le strategie per modificarlo impercettibilmente a proprio vantaggio. Da qui, la necessità di fondare il business su una relazione di lungo periodo, non su un atto formale.

Lo studio Roland Berger offre però anche una spiegazione materiale. Il punto è che il tessuto economico - 62% dell’export e 56% del Pil - è frammentato, composto da piccole imprese.
“Su mercati ultra competitivi, è prudente identificare tutte le forze in gioco ed escogitare soluzioni di ripiego: la guerra non finirà mai”.

Giova l’esempio del produttore occidentale di succhi di frutta che, già leader del mercato in una certa provincia cinese, fu poi costretto ad abbandonarla perché il suo distributore locale era improvvisamente passato alla concorrenza. In questo caso, le vie legali portano scarsissimi risultati.
Vincere una causa è come guadagnare una gallina e perdere una mucca“, dicono i cinesi.

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