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In Venezuela non c’è nessuna crisi finanziaria!

Notizie internazionali, alimentate soprattutto dalla CNN, stanno agitando il mondo, circa una crisi finanziaria in Venezuela. Possiamo affermare con tutta sicurezza che in Venezuela non vi è alcuna crisi finanziaria. E’ successo che quattro banche sono finite sotto osservazione delle autorità bancarie per gravi irregolarità amministrative e delitti connessi alle attività bancarie.

Notizie internazionali, alimentate soprattutto da CNN, stanno agitando il mondo, circa una crisi finanziaria in Venezuela. Possiamo affermare con tutta sicurezza che in Venezuela non vi è alcuna crisi finanziaria. E’ successo che quattro banche sono finite sotto osservazione delle autorità bancarie per gravi irregolarità amministrative e delitti connessi alle attività bancarie.

Inizialmente le quattro banche intervenute hanno potuto continuare ad operare normalmente, mentre le autorità competenti svolgevano le indagini. Successivamente, avendo accertato gravissime irregolarità per due delle banche indagate, Banpro e Banco Canarias, queste sono state messe in liquidazione; per le altre due banche sotto inchiesta, Banco Bolivar e Banco Confederado, continuano le indagini.

Al contrario di quanto successo in passato, lo Stato è intervenuto a garanzia dei correntisti; infatti, quella che potrebbe dirsi una sorta di amministrazione controllata da parte dello Stato, è intervenuta per impedire che i banchieri potessero scappare coi soldi.

La crisi finanziaria del 1994

La crisi attuale ha subito fatto venire alla mente degli osservatori internazionali la grave crisi finanziaria che scosse il Venezuela nel 1994. La situazione attuale è completamente diversa e non c’è alcun pericolo di crisi finanziaria paragonabile a quella del 1994.

Nel 1994 milioni di venezuelani persero tutti i risparmi. Circa il 60% delle banche venezuelane fallirono, tra il 1994 ed il 1995. Tra queste, anche il Banco Latino, all’epoca la principale banca del Venezuela per soldi raccolti, di proprietà del banchiere Pedro Tinoco.

Pedro Tinoco e tutti gli amministratori del Banco Latino, i 12 apostoli (così chiamati perché godevano di ampie coperture da parte del potere), i grandi oligarchi dell’epoca, ma anche di oggi, tra i quali Ricardo Cisneros e Francisco Pérez, fratello del presidente della Repubblica dell’epoca, operavano al limite della legalità, appunto grazie alle coperture di cui godevano.

Tinoco, dopo aver diretto il Banco Latino per 15 anni, nel 1989 venne chamato a dirigere la Banca Centrale del Venezuela, incarico che ricopre praticamente nell’esclusivo interesse privato e, in particolare, della sua banca, che durante questo periodo passa dal quinto al primo posto per soldi depositati.

Il tentativo di colpo di stato di Chávez, nel febbraio del 1992, anche se fallisce, determina l’inizio del cambio. Il Presidente dell’epoca, Carlos Andres Perez, che non viene buttato giù né dal primo tentativo di colpo di stato attuato da Chávez nel febbraio del 1992, né da un secondo tentativo di colpo di stato del novembre dello stesso anno, cade per volontà del suo stesso partito, che riesce a destituirlo, accusandolo di furto e truffa.

Nel turbolento periodo di transizione, i dirigenti del Banco Latino finirono per perdere le coperture di cui avevano goduto fino ad allora; tra l’altro nelle elezioni presidenziali seguite alla destituzione del Presidente Carlos Andres Pérez, si ritrovarono ad appoggiare un candidato dell’oligarchia che però venne spiazzato da un altro candidato, Rafael Caldera, che pur appartenendo alla vecchia oligarchia aveva deciso di correre da solo, puntando tutto sulla promessa di liberare, attraverso un indulto, Chávez e tutti i militari coinvolti nei due tentativi di colpo di stato. Rafael Caldera venne eletto presidente nel dicembre del 1993 ed il Banco Latino perdeva definitivamente tutti gli appoggi di cui aveva goduto. Nel gennaio del 1994 le autorità addette alla supervisione delle banche poterono finalmente intervenire e scoperchiare il marcio che regnava nel Banco Latino e nel sistema bancario venezuelano. Alla fine della crisi, circa il 60% delle banche venezuelane risultarono fallite.

La crisi dell’epoca fu determinata sostanzialmente da mancanza di liquidità, dovuta a una grande esportazione illegale di capitali all’estero, per prevenire possibili forti svalutazioni del Bolivar, la moneta locale. I banchieri portarono all’estero, ossia rubarono e trasferirono all’estero, anche i soldi dei correntisti.

Il Governo, per far fronte alla crisi, mise a disposizione delle banche una cifra enorme, che a metà del 1994 raggiungeva i 6.600 milioni di dollari, equivalente al 10% del PIL di quell’anno, e che arrivò alla fine a superare i 10.000 milioni di dollari.

Il risultato fu che i banchieri scapparono all’estero rubando, oltre ai soldi dei correntisti delle banche, anche i soldi che lo Stato aveva destinato all’aiuto alle banche in crisi.

 

La presunta crisi odierna

 

Oggi invece la situazione è diversa: lo Stato è intervenuto a garantire i correntisti di queste quattro banche, che nel giro di pochi giorni, attraverso il fondo di garanzia dello Stato (FOGADE), saranno rimborsati, fino ad un monto di 10.000 bolivares. Eventuali importi superiori saranno liquidati dopo la vendita degli attivi delle banche chiuse, secondo priorità rigorosamente stabilite dalla legge. Ricordiamo che i correntisti coinvolti in queste due banche chiuse sono oltre 700.000, dei quali oltre il 90% possiede conti con importi fino a 10.000 Bolivares. In sostanza oltre il 90% dei clienti di queste due banche saranno rimborsati totalmente nel giro di pochissimi giorni.

 

Inoltre, il governo venezuelano di oggi non concede alcun aiuto ai banchieri e non c’è alcun tentativo di copertura, come avveniva in passato, anzi i principali responsabili dei reati, tra i quali il banchiere Fernández Barrueco, sono già stati assicurati alla giustizia e sono attualmente in carcere ed i loro beni sono stati congelati.

Attilio Folliero, Caracas, 03/12/2009

http://frevemun.blogspot.com/2009/1...

 

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