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 Home page > Tribuna Libera > Il sofista e la bomba atomica

Il sofista e la bomba atomica

Ops!

Se proprio ci tenete, allora tiro fuori due o tre “visioni”. L’abbiamo visto e sentitoFini, inconsapevole, ha detto quel che ha detto. Bando ai preamboli.

Uno: poniamo che il presidente della Camera, prudente com’è, l’avesse fatto apposta. Possibile, no? Giusto un altro po’ di sale nella minestra (e lo sto citando alla lettera). Prudente, intendevo, nel senso che non avrebbe mai affrontato argomenti simili in presenza di platee e amplificatori. Ma va bene.

Allora è vero.. 

Poniamo invece che davvero non se ne sia avveduto. Cosa pensare? Che, principalmente, hanno forse ragione i suoi, ora, a difenderlo facendolo passare come mostro di coerenza. Effettivamente, niente di nuovo ha detto. Niente che non gli si sia già stato immaginato in testa. Numero due, che se la chiaccherata clandestina avesse davvero del genuino, allora comproverebbe le ragioni di chi lo crede in buona fede, sinceramente cambiato, seriamente votato ad uno slancio “europeo” post-stato (e con questo si intenda l’accezione che Fini stesso intende, secondo il video, riesumare: come participio passato di essere).

Insolenza sacrosanta. 

Ancora. Per dritto o per rovescio, il detto è – diciamolo – condivisibile. Ragionevole. Logico (intendiamoci, rimane ciò che è, e soprattutto era). Fatta salva, ancora, la prima parte dell’amabile conversazione, nella quale sembra assumere le pose del Platone inferente a spasso per l’acropoli col codazzo ascoltante, si potrebbe pensare ai riferimenti sulle “teorie politiche” di B., ai suoi deliri imperiali e ai cenni alle venture dichiarazioni di Spatuzza (e loro conseguenze, “bombe atomiche“) da un’angolatura diversa, trasversale, inversa. Insomma, altra.

Ragioniamoci su. 

Non è la sindrome “niente di nuovo“, l’etichetta “niente di che“, peggio l’urlo “vedilo, azzanna!“, né l’ennesimo appalesarsi delle divergenze fra il numero uno di Montecitorio e quello di palazzo Chigi. Quella è merce per le macchiette e colori per detti giornalisti. No: almeno noi ragioniamoci. Ragioniamola.

C’è di vero, intendo, che un’affermazione condivisibile, legittima e persino legalitaria, nell’incertezza giuridica dell’oggi, assume la connotazione del duro attacco eversivo e dinamitardo. E la colpa non è sua.

Autopanic. 

La colpa è di un Pd che si vede borseggiare le parole d’ordine da un leader della concorrenza, boccheggiante e ridicolo nel dedicare indulgenze al potere che ritengono ormai impossibile da destituire (si veda Letta piccolo). Pericoloso nel suo immobilizzarsi e immobilizzare (si veda la posizione sul No B Day). La colpa è di certo giornalismo, quasi tutto, che s’è incancrenito attorno all’ondivago campare alla giornata di presidenza e scribacchini, e s’è adeguato. B. ne è la ragione a monte, è il suo agire privato, il resto è pubblico, nostro, panico autoctono.
U‘

“L’incertezza del diritto favorisce da una parte la strutturazione della società in organizzazioni o cartelli di potere privi di qualsiasi legittimazione democratica. Dall’altra, dei cittadini inermi, l’impossibilità di prevedere le conseguenze delle proprie azioni si traduce in schemi di reazione difensiva: autocensura della critica che potrebbe essere scambiata per insolenza[...]. Queste esperienze diffuse di incertezza instillano forme di autoritarismo di ritorno.”
[W. Privitera. - "Sfera pubblica e democratizzazione", Laterza, 2001]

 

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