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Il Partito Socialista albanese spera nella rivoluzione dai "guanti di velluto"

Il raduno di tre giorni ha assediato la sede della Presidenza del Consiglio ed ha visto coinvolte non meno di centomila persone, il 3% della popolazione albanese

“A vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino c’è un paese alle soglie dell’Europa occidentale, che mai ha conosciuto gli orrori delle dittature comuniste, che per la prima volta scende veramente in piazza per chiudere definitivamente quella parentesi: è l’Albania, stanca dei sotterfugi e delle menzogne del vecchio amico del dittatore Enver Hoxa, cioè l’attuale premier Sali Berisha che con la scusa dell’integrazione europea ha sostituito il vecchio comunismo con il nuovo regime costruito a sua immagine e somiglianza”.
 
A parlare così sono i simpatizzanti del Partito socialista, attualmente all’opposizione, che guidati dal loro leader Edi Rama, già sindaco di Tirana, per tre giorni sino a Domenica hanno stretto d’assedio il palazzo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
 
Erano tanti, circa centomila cioè il tre per cento della popolazione albanese, i simpatizzanti socialisti che chiedevano all’uomo forte del “Paese delle Aquile” Sali Berisha, ex cardiologo del dittatore Enver Hoxa, il riconteggio delle schede votate alle scorse elezioni legislative di fine giugno, quando il Partito di Rama perse di un soffio nei confronti del Partito Democratico guidato dallo stesso Berisha.
 
Quest’ultimo è riuscito, poi, a formare un nuovo governo solamente perché cinque deputati socialisti hanno fondato un nuovo partitello e si sono alleati con il cardiologo di Tropojie. 
 
Quelle elezioni non furono considerate pienamente trasparenti nemmeno dagli osservatori indipendenti dell’Ocse la cui attività fu in ogni modo ostacolata proprio dal governo uscente, neanche a dirlo capeggiato da Berisha.
 
Nonostante il verdetto non pienamente favorevole comunque l’Albania fu, grazie anche all’incondizionato aiuto italiano, ammessa dall’Unione europea a stringere un importante accordo d’associazione e stabilizzazione e la sua domanda d’ingresso venne valutata positivamente dal Consiglio dei ministri degli esteri dell’Europa unita seppur con un ritardi di sei mesi.
 
Sali Berisha ha già fatto sapere che la richiesta dell’opposizione, i cui deputati nel frattempo hanno abbandonato i lavori parlamentari, “ è irricevibile perché viola la Costituzione”.
 
I giovani che sognano un’Albania europea e moderna però sono dalla parte di Rama, accusato dai quotidiani di Tirana di essere “ un disfattista che ostacola il processo d’integrazione europea del paese” , ed implorano l’aiuto dell’Unione europea che convinca anche energicamente Berisha a farsi da parte.
 
I giornali albanesi però in gran parte sono supini alle ragioni del premier ed i pochi fogli veramente indipendenti vengono continuamente boicottati, tanto che giorni fa fu impedita la vendita nelle edicole della capitale della Gazeta Shiptare edizione, locale della Gazzetta del Mezzogiorno, ed il direttore di uno dei maggiori organi d’informazione indipendente, Tema, è stato picchiato dagli sgherri del petroliere Taci amico del premier.
 
Tante infine sono le testimonianze di imprenditori pugliesi, la regione italiana che per ragioni di vicinanza geografica vede più di ogni altra i propri industriali investire oltre- Adriatico, che si lamentano del fatto che Berisha ha instaurato in Albania un vero e proprio regime illiberale.
 
L’Europa, dopo la manifestazione dei centomila di Tirana, non ha più alibi: deve alzare la propria voce per garantire maggiori diritti all’interno dei confini dell’antica Illirica e non girare la testa dall’altra parte con sufficienza ritenendosi sufficientemente garantita solo da Berisha. 
 

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