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Il gioco delle tre riforme

Il copione lo conosciamo: il governatore della Banca d’Italia proferisce parole di buonsenso, ed esponenti del governo e/o della maggioranza replicano di volta in volta in modo sdegnato o liquidatorio-accondiscendente. Questa volta, sulla necessità di una riforma del sistema di ammortizzatori sociali, tale da farne strumento realmente inclusivo di Welfare, e di innalzare l’età media effettiva di pensionamento sia per liberare risorse che per sostenere il tasso di trasformazione degli stipendi in pensioni, è il turno di Maurizio Sacconi precisare sbrigativamente che il governo ha già fatto.

E avrebbe fatto utilizzando due strumenti: l’adeguamento dei coefficienti di trasformazione dei contributi e la norma prevista nel decreto anti-crisi che adegua l’età pensionabile all’aspettativa di vita a partire dal 2015:

«La nostra riforma nel provvedimento “anticrisi” non può essere sottovalutata perché non ha determinato forme di mobilitazione sociale. Già dall’anno prossimo si calcola l’andamento dell’aspettativa di vita in modo che dal 2015 ci sia un aumento automatico corrispondente e proporzionale. Da allora ogni 5 anni ci sarà un adeguamento»

Tutto a posto, quindi, le riforme sono fatte? Analizziamo le due leve strategiche di riequilibrio del sistema.

I coefficienti di trasformazione del montante contributivo in rendita pensionistica. Fatto? No, solo previsto. E’ dal 1995, con la promulgazione della riforma Dini, che se ne parla, ed ogni volta si finisce col rinviare tutto, di fronte al benaltrismo dei sindacati. Anche a questo giro, previsto per il 2010, il copione è già scritto. Può Sacconi assicurare che siamo a pochi mesi dalla revisione dei coefficienti? No, non può, né vuole.

L’adeguamento dell’età di pensionamento alla speranza di vita. Fatto? Sì, forse, non sappiamo. Anzi, forse no, perché (come Sacconi si è già premurato di rassicurare i sindacati), non è detto che la speranza di vita aumenti. Potrebbe rimanere invariata o addirittura diminuire, “grazie” al fatto che la speranza di vita starebbe diminuendo per la componente di lavoratori immigrati. Viviamo in un paese sull’orlo della psicopatologia socio-politica, e siamo ormai anestetizzati a tutto, ma vale la pena rimarcare questa osservazione di Sacconi, tanto è demenziale.

Sul sistema di ammortizzatori sociali, la posizione di Sacconi e del governo è nota: non si fa nulla finché c’è la crisi. Perché per questo tipo di riforme c’è sempre grossa crisi, mentre quando si tratta di valutare la congiuntura siamo messi sempre e comunque meglio degli altri, e chi pensa il contrario è un appartenente alle “borghesie ciniche ed autoreferenziali” che stanno tentando di sputtanare il paese. Confidiamo che arrivi presto il giorno in cui Sacconi dovrà mettere le palle sul piatto, e smettere di giocare al riformista mascherato che si accuccia ai piedi dei sindacati.

Ultima considerazione. Mesi addietro, quando Mario Draghi segnalò che vi erano oltre 1,5 milioni di lavoratori privi di reti di protezione in caso di perdita dell’occupazione, si levarono alti lai sull’attentato del perfido tecnocrate contro il “governo eletto dal popolo”. Oggi Draghi reitera il dato, e nessuno tenta più neppure di confutarlo, visto che non è proprio possibile farlo. Resta il “problema” degli interventi del governatore che esulano dalla stretta e ristretta politica monetaria, come quelli sulla finanza pubblica: sono invasivi? Di buon senso? Para-golpisti? Al quesito risponde Oscar Giannino:

«La politica diffida ormai dei tecnici non eletti, dopo anni nei quali proprio da essi venne una straordinaria supplenza politica al clamoroso fallimento di un’intera classe politico-istituzionale. In questo, posso capirla e anzi la capisco. Deve governare chi si presenta al giudizio dell’elettorato e ne ottiene la maggioranza. Ma se questo significa che un governatore della Banca d’Italia deve tacere su qualunque argomento abbia a che fare con la finanza pubblica e privata, vuol dire solo che la politica ha ancora poca stima di se stessa. Così facendo mostra non di avversare legittimamente ipotesi improprie -che oggi non esistono- ma di temere fantasmi. Che sono figli della propria inadeguatezza, dei propri complessi di inferiorità»

Aggiungere altro è superfluo.

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