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Il dominio delle compagnie minerarie nella Sierra Madre

Non si tratta di qualche lembo di terra: il 41 per cento della regione della Sierra Madre, nello stato del Chiapas, è già stato consegnato alle compagnie minerarie: 227.000 chilometri quadrati, un’area più vasta dell’intera America Centrale. I colossi minerari basati in Canada, Stati Uniti e Australia sono interessati ai giacimenti di oro e argento della regione: foreste, montagne, protette e territori indigeni. Le miniere sono caratterizzate da un elevato tasso di tossicità degli scarichi. Il massiccio impiego di dinamite, oltre a distruggere maestose montagne, sparge grandi quantità di nitrato di ammonio. Il cianuro di sodio, utilizzato per separare i metalli dalla roccia che li contiene, si immette nei fiumi e falde acquifere, provocando malattie mortali come la leucemia e altre forme tumorali.

Nel giugno 2008 numerosi indigeni si sono uniti alle associazioni ambientaliste e per i diritti umani nella Rete messicana contro le miniere (REMA). La protesta però non ha migliorato le condizioni di vita delle comunità locali. Al contrario, ha visto una crescita della militarizzazione della regione. Sotto l’ombrello del Piano Merida, finanziato dagli Stati Uniti per combattere il traffico di droga, nutriti contingenti di truppe dotate di armamento pesante sono stati dislocati a protezione delle attività minerarie.

Sotto la copertura della presenza militare, è cresciuta anche l’arroganza delle compagnie mineriarie: Il REMA cita il nome del direttore della canadese Blackfire Exploration, Artemio Ávila Cervera. L’impresa, che controlla dieci concessioni minerarie di oro, bario e antimonio, sarebbe responsabile di numerosi atti di violenza contro contadini, indigeni e ambientalisti.

E’ il caso dell’omicidio del coordinatore del REMA, Mariano Abarca Roblero, ucciso da un sicario lo scorso 27 novembre. Roblero era stato attivo nella protesta organizzata dai contadini della cooperativa Grecia contro la Blackfire Exploration. Secondo i contadini l’impresa si sarebbe appropriata illegalmente delle loro terre, e avrebbe inquinato le falde acquifere. Ed è proprio in seguito alle proteste che il coordinatore del REMA, Mariano Abarca Roblero, ha iniziato a ricevere minacce di morte, cui è seguita la spietata esecuzione.

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