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Il disagio studentesco

L’anno passato la mobilitazione studentesca paralizzò letteralmente il Paese come non si vedeva da decenni. Quest’anno, avendo preso coscienza della reale forza che possono avere gli studenti quando sono uniti, sta cominciando a comporsi un movimento nazionale. Il banco di prova è stata la manifestazione svoltasi a Roma e in altre città l’11 dicembre.

L’anno scorso la Riforma Gelmini provocò quello che da tanto tempo non accadeva nel mondo studentesco italiano: unire i collettivi e le scuole di tutta Italia in un grande movimento che rispondesse coi fatti all’aberrante piano di tagli inserito nella Finanziaria del ministro Tremonti. La protesta si tradusse in scioperi, cortei, occupazioni ecc. Ogni giorno migliaia di studenti scendevano in piazza, dando origine a manifestazioni improvvisate che culminavano sotto le sedi istituzionali delle varie città d’Italia. Assemblee spontanee nascevano quotidianamente tanto negli istituti medi che nelle università, e tutti chiedevano a gran voce maggiori fondi per la scuola, e non viceversa tagli indiscriminati che hanno l’unico scopo di rendere il ddl Aprea sulla privatizzazione assolutamente necessario per la sopravvivenza degli istituti scolastici.

Quest’anno il movimento è diverso. Se l’anno precedente la reazione nei confronti della Riforma fu fisiologica ed avvenne in modo del tutto spontaneo, oggi si cerca di organizzare meglio le forme di protesta e di risposta alla Riforma (ma non solo). A Napoli ad esempio è nato un movimento di protesta studentesco denominato F.U.C.K. (Future Under Construction Kollective) che coinvolge 25 scuole medie della città. Insieme si è deciso di aumentare il livello di tensione tramite autogestioni, occupazioni ed azioni varie, in vista dell’approvazione della seconda tranche della Finanziaria, in cui sono inseriti anche i tagli alla scuola. A riprova che le decisioni prese non sono soltanto a livello locale, diversi studenti di altre scuole d’Italia hanno partecipato alla nascita di un movimento nazionale che ha visto il suo banco di prova venerdì 11 dicembre, dove la partecipazione nei cortei organizzati nelle varie città italiane è stata ampia.

 
Purtroppo rammarica constatare come giornali e televisioni tacciano completamente l’argomento, preferendo dedicare 2 o 3 pagine ad argomenti di cronaca nera o rosa e un misero trafiletto (quando va bene) sul ritorno della protesta nel mondo della scuola, salvo poi concentrarsi soltanto nel caso in cui vi siano state delle violenze fra manifestanti e polizia. Gli scontri che purtroppo sono avvenuti a Roma e a Torino dimostrano come il Governo, tanto in piazza che nelle tribune politiche, non si faccia troppi scrupoli nell’utilizzare una formula repressiva quando sarebbe invece auspicabile confrontarsi per arrivare ad una soluzione comune. La mancanza di una componente politica che porti avanti con convinzione le battaglie degli studenti autorizza infatti gli esponenti governativi a liquidare il movimento studentesco come “quelli dei centri sociali" o "anarchici", senza prendere in considerazione il malessere che cova all’interno della scuola.
 
Diventa chiaro così che la Riforma Gelmini non è l’unica causa del disagio studentesco.

 

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