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Il dibattito sull’identità nazionale scalda la Francia

“I popoli d’Europa sono accoglienti, tolleranti, è nella loro natura e nella loro cultura. Ma non vogliono che il loro quadro di vita, il loro modo di pensare e di relazioni sociali siano denaturati. E il sentimento di perdere la propra identità può essere una causa di profonda sofferenza. La mondializzazione contribuisce ad avere questo sentimento”. È questo uno dei passaggi fondamentali dell’intervento del Presidente francese Sarkozy riguardo il referendum sui minareti che continua a fare scalpore in Europa.

Le parole del Presidente sono pubblicate su Le Monde e rimandano anche alla discussione che da un mese va avanti oltralpe sull’Identità nazionale, una discussione che continua a fare scalpore in Francia. Non passa giorno senza che ci sia una nuova affermazione, un’intervista, una battuta che riaccende e rinfocola il dibattito.
 
Dibattito lanciato dal Ministro dell’immigrazione, integrazione, identità nazionale e della solidarietà (vuole che si scriva tutto!) Eric Besson il 2 novembre e che terminerà alla fine di gennaio, fino a portare a una sintesi che sarà presentata il 4 febbraio. Un dibattito che nelle parole del Ministro “deve favorire la costruzione di una visione meglio condivisa di ciò che è l’identità nazionale oggi. Dovrà anche far emergere (...) delle azioni che permetteranno di confortare la nostra identità nazionale e riaffermare i valori repubblicani e la fierezza di essere francesi”, ma che di giorno in giorno si riduce a un dibattito sull’immigrazione, sull’essere musulmano, perdendo di vista quelli che avrebbero dovuto essere i principi iniziali. Un dibattito diviso in due parti: una prima in cui la poolazione è chiamata a rispondere a domande quali “Copsa vuol dire essere francesi” o “Quali sono i valori che ci uniscono” e un’altra parte in cui si rifletterà su quale è l’apporto dell’immigrazione all’identità nazionale. Sono continui i convegni, i dibattiti che vedono impegnati politici e società civile ed è stato creato anche un sito ad hoc dove la gente potrà dire la sua
 
Un dibattito nato sulla scia di diversi avvenimenti che hanno segnato la Francia in questi ultimi mesi. Non ultimi il gran dibattito sul niqab, il velo integrale portato da alcune donne di religione musulmana e perché no, dalle polemiche scatenate da un deputato dell’UMP (il partito di maggioranza) che, in seguito alla vittoria del Premio Goncourt (il nostro Premio Strega) da parte di Maria Ndiaye e a una sua intervista in cui definiva “mostruosa” la Francia di Sarkozy scrive in una lettera indirizzata al Ministro della Cultura Mitterand: “Una personalità che difende i colori letterari della Francia deve dare prova di un certo rispetto nei riguardi delle nostre istiruzioni, più che rispettare il ruolo e il simbolo che lei rappresenta”, chiedendo, infine, al Ministro quali azioni voglia prendere a riguardo.
 
Insomma lo scontro è caldo e le parole di Sarkozy hanno solo in parte calmato le acque. Parole che, se da una parte hanno difeso la libertà di culto (“capiamo bene che quello che è successo in Svizzera (referendum sui minareti ndr) non ha nulla a che vedere con la libertà di culto o la libertà di coscienza. Nessune, tantomeno in Svizzera, si sogna di mettere in discussione queste libertà fondamentali (...) l’identità nazionale è l’antidoto al tribalismo e al comunitarismo (...) Ancora una volta la laicità non è il rifiuto di tutte le religioni, ma i rispetto di tute le credenze”, da un’altra parte sono state criticate e non poco a causa del loro continuo riferimento ai musulmani.
 
Identità nazionale, è su questo che si gioca la partita e la credibilità di un governo che ha visto, ultimamente, la propria popolarità incrinarsi, anche a causa di una congiuntura economica per niente buona e un continuo e costante aumento della disoccupazione. Identità nazionale, un argomento che per anni è stato il cavallo di battaglia di le Pen e del suo Front National, e che per l’opposizione è la dimostrazione della deriva estremista che sta prendendo questo governo. Religione, arabi, musulmani, tutto un calderone in cui a farne le spese sono sempre loro. Come nota Stéphanie Le Bars su “Le Monde” sembra che “questa insistenza a definire i nuovi arrivati come musulmani, nasconda il fatto che l’immigrazione attuale riguarda l’Africa nera, l’Asia, la Turchia – e ciò relativizza il carattere esclusivamente musulmano di queste popolazioni”. È proprio questo il punto, fdar coincidere un dibattito sull’identità nazionale con l’immigrazione e l’essere musulmano, come fanno da giorni a destra, accresce quei sentimenti di razzismo che sembrano aumentare in uno dei paesi che maggiormente faceva della propria multiculturalità un vanto. Che poi questo dibattito nasca da due politici, Sarkozy e Besson, che sono di origini non francesi (ungheresi e marocchine di nascita), fa ancora più pensare.
 
Di contro il sito mediapart.fr ha lanciato un appello “Non dibatteremo” firmato da diversi intellettuali francesi e che comincia così: “Per principio siamo favorevoli al dibattito. Alla sua libertà, alla sua pluralità e alla sua utilità. È per questo che noi rifiutiamo il “grande dibattito sull’identità nazionale” organizzato dal potere: perché non è né libero, né pluralista, né utile”.
 
L’appello ha raggiunto le 30000 firme tra cui quelle di Dominique de Villepin, Martine Aubry, Daniel Cohn-Bendit, Dominique A (cantante), Marie Ndiaye (scrittrice) e altri.
 
Ma Sarkozy aveva avvisato tutti un paio di anni fa, alla vigilia delle elezioni “Sono quello che uccidera il Front National in Francia” e per ora la partita la sta vincendo...

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