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Il crocefisso è un simbolo religioso contrario al principio di laicità dello Stato?

Si è dibattuto e probabilmente si dibatterà molto intensamente sulla presenza dei crocefissi o simboli religiosi all’interno delle scuole italiane, infatti, da molti lustri, sacerdoti, politici, filosofi, cattolici, musulmani hanno esposto, in merito a questo delicato argomento, le loro interessanti tesi.
 
In questi giorni la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha bocciato i crocefissi nelle aule, poiché, a suo avviso, il simbolo cattolico costituisce una violazione della libertà.

I sette giudici autori della sentenza, che, come detto, boccia la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche, sono Francoise Tulkens (Belgio, presidente), Vladimiro Zagrebelsky (Italia), Ireneu Cabral Barreto (Portogallo), Danute Jociene (Lituania), Dragoljub Popovic (Serbia), Andras Sajò (Ungheria) e Isil Karakas (Turchia). Il MIUR controbatte l’esito di questa sentenza asserendo che la presenza del crocefisso in classe non significa adesione al Cattolicesimo ma rappresenta un importante simbolo della nostra tradizione ed identità.
 
Molti tra insegnanti e studenti, dicono che questa sentenza coinvolge non solo la rappresentazione di un simbolo, ma mette in discussione anche il rispetto della legge, infatti, ci sono delle direttive del ministero che delegano i comuni a vigilare, in accordo con i dirigenti scolastici, sulla esposizione del crocefisso nelle aule. Qualche anno fa, precisamente nel 2005, l’Avvocatura Generale di Stato (Prot. n. 40424/05) ha dato un proprio parere, che non è un provvedimento, dove afferma che la libertà di coscienza non giustifica l’intolleranza di ciò che è legittimamente disposto dalla pubblica Amministrazione, facendo riferimento alla direttiva ministeriale 3 ottobre 2002, n. 2666.

Il singolo, prosegue l’Avvocatura, non può di propria iniziativa disattendere i provvedimenti generali adottati dal Ministero dell’Istruzione. In altre parole, si precisa, il principio di laicità dello Stato, che è uno dei principi supremi del nostro ordinamento (Corte Cost. n. 203/1989) è conformato anche dall’art. 7 della Costituzione.
 
L’art. 7 della Costituzione recita: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale“.
 
Questa norma rileva la speciale alleanza dello Stato con la Chiesa Cattolica, della quale il crocefisso è un emblema.

L’esibizione del crocefisso, a parte l’indubbio valore storico, culturale e morale che esso esprime, è dunque, per il giurista laico, comportamento coerente con l’art. 7 della Costituzione, conformando il principio supremo di laicità.

In conclusione di questa riflessione si riportano alcune parti fondamentali della sentenza: "La presenza del crocefisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso. Avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione". Tutto questo "potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose o sono atei". Ancora, la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo sentenzia "non è in grado di comprendere come l’esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata concepita dalla Convenzione europea dei diritti umani, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana".

Commenti all'articolo

  • Di isaiapanduri (---.---.---.71) 7 novembre 2009 13:21

    Allora. Cerchiamo di fare un po’ di ordine. 
    L’art. 7 Cost. indica esattamente il contrario di quanto hai detto tu. Stato e Chiesa sono "indipendenti e sovrani", quindi non sono ammessi simboli della Repubblica Italiana nel Vaticano come non sono ammessi simboli del Vaticano o della Chiesa Cattolica nello Stato italiano, così come non sono ammessi in Francia e in tutti gli altri Stati; (in questa prospettiva sarebbe come avere all’interno delle scuole statali italiane lo stemma della monarchia inglese, sarebbe assurdo! è una questione diplomatica). Il fatto che nella nostra Costituzione sia contenuta una dichiarazione di laicità sottolineando i rapporti con la religione cattolica, non vuol dire che esiste un legame tra Stato e Chiesa, ma che per i Costituenti era necessario specificare, dopo secoli di ingerenze della Chiesa, la sovranità dello Stato. Patti simili a quelli Lateranensi lo Stato può farli anche con altre religioni, e infatti questo i Costituenti lo riservano per il futuro, nell’art. 8: "I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze." 
    Dire, come hai detto tu, che tra Stato e Chiesa esiste una "speciale alleanza", vuol dire tornare indietro di secoli, calpestando beatamente una Costituzione scritta con il sangue di chi ha combattuto per la democrazia. La questione principale, infatti, è la democrazia. Purtroppo per un religioso è davvero difficile capire davvero questa parola. Sai perchè? Perchè chi crede in una fede (musulmano, cattolico, ebreo ecc..) è convinto di sapere la VERITA’, una verità che viene dall’alto, e che quindi è certa e indiscutibile. Se tu non sei d’accordo con me sei tu che sbagli, tu non lo sai, ma sei tu che sbagli, poverino. La tua richiesta di democrazia è quindi assurda: io, credente, custode della Verità Divina, dovrei accettare che il mio credo sia opinione, e che non abbia più valore delle opinioni degli altri. Ma come? Questo è uno scandalo! E infatti l’enciclica papale il Sillabo, un secolo e mezzo fa, definiva, testualmente, "uno scandalo del nostro tempo l’idea democratica, la nuova sembianza assunta dal maligno". Naturalmente non sto dicendo che il credente è incompatibile con la democrazia, ma sicuramente il credente deve fare un lavorio interiore più profondo rispetto agli altri per poter convivere con il prossimo in democrazia.
    Arriviamo quindi alla questione della tradizione. Allora. 
    Tenendo presente il fatto che la democrazia è il superamento dei particolarismi tradizionalistici in un’ottica di mediazione superiore basata sui Diritti dell’Uomo, dovremmo facilmente capire che un luogo pubblico, di Stato, quindi un luogo di esercizio del Diritto (come la scuola), non può avere "tradizioni" che a prescindere siano più importanti di altre. Il fattore storico-geografico non è importante, cioè il fatto che in Italia predomini il Cattolicesimo. Quello che molti non riescono a capire (e questa è colpa della nostra democrazia, perchè non viene promossa a sufficienza la cultura democratica, ormai materia di studio per specialisti e giuristi, invece che per tutti i cittadini) è che c’è una differenza tra i luoghi della Nazione e i luoghi dello Stato. La Nazione "ospita" lo Stato nel suo territorio. La tradizione è radicata nel territorio della Nazione, lo Stato (se è democratico e non teocratico - per questo c’è la Costituzione) è invece un ente formale, neutro, che serve a garantire il Diritto delle minoranze, quindi non può "prendere le parti" di alcune tradizioni invece che di altre, anche se maggioritarie (in Sicilia e nel Salento, ad esempio, esiste una fortissima tradizione islamica, mica quella cattolica è l’unica tradizione). Questo vuol dire che i luoghi dello Stato devono garantire il Diritto (di tutti, è finita l’epoca dei privilegi), mentre i luoghi della Nazione inevitabilmente riflettono tutto un processo storico-culturale dove predomina una tradizione particolare sulle altre. Sarebbe stato assurdo se la Corte Europea avesse democratizzato i luoghi della Nazione (dicendo, ad esempio, che il numero di luoghi di culto nel paese deve essere uguale per tutte le confessioni), mentre è normale che abbia democratizzato un luogo dello Stato come la scuola. Se poi vogliamo scendere in basso e dire: "ma perchè i musulmani possono censurare le vignette su Maometto e noi non possiamo imporre un innocuo crocifisso?", la risposta è sempre la stessa: perchè siamo una democrazia, non una teocrazia, al contrario di molti paesi islamici.
    Ti ricordo, tra l’altro, che è stata una legge fascista del 1930 a rendere obbligatorio il crocifisso in classe, poi una legge democratica successiva ha stabilito che era facoltativo. La Corte di Strasburgo non l’ha vietato, ma la sua sentenza è un appoggio giuridico per i singoli cittadini che lo vogliono togliere. Una legge democratica ulteriore, che aspettiamo (non con questo governo), è quella che vieta incondizionatamente il crocifisso in classe. 
    Spero di essere stato sufficientemente chiaro.
    P.S.= chi ha scritto questo commento ha un crocifisso nella propria camera da letto, pur non avendo un credo religioso specifico.

  • Di Aldo Ficara (---.---.---.195) 7 novembre 2009 17:37

    Isaia Panduri grazie per avermi illuminato!!!!
    Volevo far notare, se mi è consentito, la parte più tollerante del suo commento, che in sintesi qualifica la logica espositiva dello stesso.
    " Se tu non sei d’accordo con me sei tu che sbagli, tu non lo sai, ma sei tu che sbagli, poverino. "

  • Di Aldo Ficara (---.---.---.129) 9 novembre 2009 14:28

    Ho capito bene!
    Di solito, proprio per la professione che esercito, riesco a capire concetti più complessi del Suo pensiero.
    L’intolleranza è anche la presunzione di scrivere il pensiero presunto degli altri.
    Io non sono in sintonia con le sue argomentazioni sul crocefisso, però non penserò e scriverò mai, nonostante i suoi commenti, che Lei sia un "poverino".

  • Di Truman Burbank (---.---.---.251) 9 novembre 2009 17:43

     

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