Il crocefisso è un simbolo religioso contrario al principio di laicità dello Stato?
I sette giudici autori della sentenza, che, come detto, boccia la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche, sono Francoise Tulkens (Belgio, presidente), Vladimiro Zagrebelsky (Italia), Ireneu Cabral Barreto (Portogallo), Danute Jociene (Lituania), Dragoljub Popovic (Serbia), Andras Sajò (Ungheria) e Isil Karakas (Turchia). Il MIUR controbatte l’esito di questa sentenza asserendo che la presenza del crocefisso in classe non significa adesione al Cattolicesimo ma rappresenta un importante simbolo della nostra tradizione ed identità.
Il singolo, prosegue l’Avvocatura, non può di propria iniziativa disattendere i provvedimenti generali adottati dal Ministero dell’Istruzione. In altre parole, si precisa, il principio di laicità dello Stato, che è uno dei principi supremi del nostro ordinamento (Corte Cost. n. 203/1989) è conformato anche dall’art. 7 della Costituzione.
L’esibizione del crocefisso, a parte l’indubbio valore storico, culturale e morale che esso esprime, è dunque, per il giurista laico, comportamento coerente con l’art. 7 della Costituzione, conformando il principio supremo di laicità.
In conclusione di questa riflessione si riportano alcune parti fondamentali della sentenza: "La presenza del crocefisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso. Avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione". Tutto questo "potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose o sono atei". Ancora, la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo sentenzia "non è in grado di comprendere come l’esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata concepita dalla Convenzione europea dei diritti umani, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana".
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