• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Ambiente > Il caos di Copenaghen

Il caos di Copenaghen

Il vertice di Copenaghen sul clima si avvicina al fallimento, tra le dimissioni della Presidenza e la paralisi tra Stati Uniti e Cina, mentre i rappresentanti della società civile vengono estromessi dal summit, e nelle strade della città le proteste pubbliche sono ridotte al silenzio a manganellate.

Qualche progresso si registra invece sul REDD, il protocollo su clima e foreste, malgrado le opposizioni da parte degli Stati Uniti, ma anche questo progresso rischia di essere annullato da un’eventuale chiusura senza accordo di massima. 

Intanto il FERN ha presentato un rapporto che mette in guardia sul rischio che gli incentivi pensati per proteggere le foreste possano invece permetterne distruzione. Come? Basta "aggiustare" i calcoli.

Per vendere crediti di carbonio, i Paesi devono misurare le proprie emissioni e provare che questa siano state ridotte rispetto al quelle che si sarebbero verificate senza gli incentivi. Il mezzo più comune per realizzare questo calcolo è analizzare la deforestazione dei dieci anni passati e tracciare una linea di "deforestazione prevista".

La riduzione della "deforestazione prevista" sarebbe premiata con crediti di carbonio da vendere sul mercato internazionale. Insomma, gli incentivi che vengono dalla vendita dei crediti di carbonio non assicurano che la deforestazione sia stata fermata, e neppure che sia diminuita, ma solo che sia inferiore a quella prevista. Insomma, molti Paesi potrebbero addirittura aumentare la distruzione delle foreste e incassare incentivi.

Ora, però, c’è già chi lavora a truccare la "previsione": la Commissione per le Foreste dell’Africa Centrale (COMIFAC) che raccoglie i Paesi della regione, ha proposto il criterio del "development adjustment factor": i paesi del COMIFAC si devono sviluppare, e lo sviluppo avverrebbe ovviamente ai danni delle foreste. Quindi, la deforestazione prevista non deve essere calcolata in base ai tassi attuali, ma in basi ai tassi "desiderati" in base alle necessità di sviluppo.

Lo studio del FERN "Why Congo Basin countries stand to lose out from a market based REDD Boreal Forest and Climate Change " analizza proprio questo processo, che porterebbe a sovvenzionare con i crediti del carbonio la continuazione della deforestazione. Paradossalmente, come osservato da più parti, la deforestazione in questi Paesi non porta alcuno sviluppo. Ad arricchirsi sono ristrette élite e poche imprese transnazionali. I vantaggi sono di breve durata, mentre il degrado ambientale e sociale causato dall’industria del legno si protrae nel tempo.

Fonte: Salva le Foreste

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.223) 18 dicembre 2009 19:12
    Renzo Riva

    Così scrisse

    Franco BATTAGLIA   giovedì 01 ottobre 2009
    Gentilissimo Ministro Prestigiacomo, alla Conferenza Internazionale dell’ambiente lei è intervenuta auspicando il successo della imminente conferenza di Copenhagen ove si dovrebbe rilanciare il proposito europeo che al 2020 le emissioni di CO2 siano del 20% in meno di quelle del 1990.

    Purtroppo, impegni di governo l’hanno indotta ad allontanarsi prima che potesse ascoltare il mio intervento, ma colgo l’occasione di questo spazio per riassumerglielo. Non so cosa le dicano i suoi consiglieri scientifici, ma è bene che lei sappia che ogni programma di riduzione di CO2 è dannoso, impossibile e inutile.
    Il danno. Emettiamo CO2 anche quando dormiamo, perché, per esempio, sono in azione i climatizzatori d’estate, le caldaie d’inverno e i frigoriferi sempre. Ci fa emettere CO2 l’86% delle nostre azioni, per cui ridurre le emissioni significa agire di meno, cioè lavorare di meno; cosa quanto mai drammatica per la nostra Repubblica che - priva di petrolio, carbone, gas, oro o diamanti - è, di necessità, fondata sul lavoro. E non si lasci illudere da chi le sventola le bandiere dell’eolico e del fotovoltaico (Fv). Il forte impegno profuso dalla Spagna e dalla Germania sull’eolico ha reso la prima leader della disoccupazione europea; e l’imponente parco eolico tedesco ha fatto un colossale flop e serve ai tedeschi solo come specchio per le allodole che acquisteranno quei loro inutili prodotti. E col Fv le cose sono ancora più disastrose: sono impianti che non conviene avere neanche se i pannelli fossero gratis.
    L’impossibilità. Neanche del 2% in meno si potranno ridurre le emissioni, signor Ministro, altro che 20%! È facile dimostrarlo: poste uguali a 100 le emissioni del 1990, al 2020 dovremmo emettere 80; siccome oggi emettiamo 120, andare a 80 significa ridurre le attuali emissioni di 40 su 120, cioè di 1/3. Siccome, poi, emettiamo per 1/3 coi trasporti e per 1/3 producendo elettricità, dovremmo entro il 2020 o non avere alcuna automobile circolante o sostituire tutti gli impianti di produzione elettrica da gas, carbone o olio combustibile con impianti nucleari.

    L’inutilità. Ammesso - e assolutamente non concesso - che il clima (cioè il bilancio energetico Sole-Terra, fenomeno dipendente da centinaia di parametri) possa essere governato controllando un solo parametro (l’emissione antropica di CO2), appare evidente che la riduzione del 20% (che abbiamo già dimostrato essere impossibile) sposterebbe solo di poco nel tempo il presunto (molto presunto!) problema climatico.
    Caro Ministro, alla conferenza di ieri ho appreso che Francia e Germania vorrebbero una tassa sulle importazioni di carbone. Ma quanto sono bravi, loro che non ne importano (la Francia perché non lo usa, visto che ha il nucleare, e la Germania perché il carbone ce l’ha di suo). Qualcun altro spinge per imporre multe ai Paesi che sforano i limiti d’emissione a favore di Paesi presunti virtuosi; lei stessa ha colto la stravaganza di quella spinta: come se volessimo fare una dieta mangiando budini al cioccolato mentre paghiamo qualcuno che mangi cicoria per noi. I cinesi, invece, hanno dichiarato di impegnarsi a ridurre le emissioni per unità di Pil (la cosa si chiama efficienza energetica): bisognerebbe significar loro che i Paesi occidentali lo fanno da 15 anni, al ritmo dell’1% l’anno, ma le emissioni assolute aumentano al ritmo del 2% l’anno, il che è una banale conseguenza del fatto che l’aumento dell’efficienza energetica implica maggiore consumo d’energia.
    Una cosa mi consola: la ferma fiducia nella forza della ragione e che la conferenza di Copenhagen sarà, a tutti gli effetti, un fallimento.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.211) 19 dicembre 2009 13:44
    Damiano Mazzotti

    Non diciamo stronzate ... I crediti di anidride carbonica sono un’invenzione capitalista a tutto vantaggio dei paesi ricchi...

    Invece di mandare gli eserciti in giro per il mondo a uccidere sarebbe meglio utlizzarli per difendere tutte le foreste del mondo... è questa l’unica soluzione rapida e posssibile...

    Ma le foreste le vogliono gli affaristi... è questa l’unica realtà...

    Si distruggono foreste vergini per poi poter ripiantare alberi da coltivazione o da legno o da vivai in modo da prendere i contributi...

    Smettetela almeno voi di prendere per fessi i cittadini? Perchè molte nazioni non difendono le proprie foreste con le unghie? Perchè ci fanno tanti soldi... 

  • Di Renzo Riva (---.---.---.124) 19 dicembre 2009 23:35
    Renzo Riva
    Damiano Mazzotti condivide quanto il prof. Battaglia ha scritto oggi su "il Giornale"?

    IL VERTICE DI COPENAGHEN


    Meravigliarsi del fallimento della carnevalata di Copenaghen è come meravigliarsi che stamattina, quando ci siamo alzati dal letto, il sole fosse già sorto. Personalmente, a dire il vero, mi sento un po’ mortificato. Avevo a suo tempo già previsto su queste pagine i fallimenti delle Conferenze dell’Aia (2000) e di Bali (2007), e infatti entrambe fallirono. Come se non bastasse, ogni tanto sono invitato alla radio o alla televisione, ove non faccio altro che dire a voce ciò che qui metto nero su bianco. Il senso di mortificazione nasce dal fatto che mi sento un disco rotto, condannato a ripetere che non c’è da meravigliarsi che il sole sia sorto questa mattina e che continuerà a sorgere tutte le mattine sino alla prossima era glaciale, e oltre. 
    In questi anni ho cercato di guardare al necessario fallimento di queste conferenze da angolazioni sempre diverse, non foss’altro per non annoiare il lettore e me stesso. Con la pazienza certosina ormai incallita, tentiamo anche oggi un altro cammino, con l’avvertenza che il punto d’arrivo sarà sempre lo stesso: l’ineluttabilità del fallimento della questione climatica finché ci si ostina ad affrontarla seguendo l’agenda di quel concentrato di crassa ignoranza che sono le associazioni ambientaliste di ogni ordine e grado.
    Facciamo i conti della serva, che sono sempre i migliori. Bisogna innanzitutto sapere che la produzione elettronucleare mondiale (300 gigawatt) incide per circa il 6% sulla produzione d’energia primaria. Detto diversamente, i reattori nucleari del mondo evitano l’immissione in atmosfera del 6% della CO2 immessa dall’uomo. Ergo, se si volesse ridurre le emissioni di CO2 del 6% entro il 2020, dobbiamo entro quella data raddoppiare il parco elettronucleare mondiale: 300 nuovi reattori nucleari nel mondo entro il 2020, per i quali servirebbero 1.000 miliardi di dollari. Capite, o potenti del mondo, perché continuerete a fallire anche se vi azzardaste a fantasticare di voler ridurre le emissioni solo di un miserrimo 6%?
    Non contenti, però, non solo il miserrimo 6% non vi basta e mirate alle alte (si fa per dire) sfere del misero 20%, ma la parola nucleare non la nominate neanche, mentre vi riempite la bocca di turbine eoliche e tetti fotovoltaici (FV). Ora, per fare quel che fa una centrale nucleare (3 miliardi di euri) sarebbe necessario un parco eolico di 6000 turbine (6 miliardi di euri) o un parco FV da 60 miliardi di euri. Ergo, per ridurre le emissioni di un miserrimo 6% dovreste impegnare o 2.000 miliardi di euri in 2 milioni (fatemelo ripetere: 2 milioni) di turbine eoliche o 20.000 miliardi di euri (fatemelo ripetere: 20.000 miliardi) nei tetti FV equipollenti. Insomma, dopo 10 anni, i 100 miliardi l’anno proposti da Obama avranno l’effetto di ridurre le emissioni solo del 6% purché impegnati tutti nel nucleare, del 3% se impegnati nell’eolico e dello 0,3% se impegnati nel fotovoltaico. Capite, allora, o potenti del mondo, che i vostri consiglieri, anche se premi Nobel, vi (ci) stanno prendendo per i fondelli?
    Purtroppo deve ancora venire - si fa per dire - il bello. E il bello è che le dette migliaia di miliardi di euri spesi in turbine eoliche e in tetti FV ridurranno, sì, le emissioni globali del 6%, ma non consentiranno la chiusura di alcun impianto convenzionale, sia esso a gas, a carbone o nucleare: devono esserci tutti per garantire l’assenza di black out quando il sole non brilla o il vento non soffia. Capite allora, o potenti del mondo, che le tecnologie eolica e FV sono una colossale frode, la prima, e una colossale frode al cubo, la seconda?

    Qualche anima candida insiste che dovremmo invece ridurre l’uso dell’energia. Una riduzione di quel misero 20%, spalmata su tutti i settori che usano l’energia, significa, ad esempio, che 20 giorni ogni 3 mesi gli automezzi del mondo dovrebbero completamente bloccarsi. Non significa altro. E via di questo passo. Qualche altra anima candida vorrebbe risolvere il (presunto, sia chiaro) problema aumentando l’efficienza; ma abbiamo ripetuto fino alla noia che l’efficienza - ottima cosa in sé - ha il controproducente effetto di far aumentare i consumi d’energia, cioè le emissioni e, quindi, di aggravare il (presunto, sia chiaro) problema.
    Bisognerebbe allora gioire perché anche a Copenaghen - come già all’Aia e a Bali - è la forza della ragione che vince. Ma nessuno sembra rendersene conto e tutti sono immotivatamente tristi. Come mai? Forse perché, come diceva quel saggio, due sono le cose infinite: l’universo e la stupidità umana, ma della prima non siamo sicuri.


  • Di Renzo Riva (---.---.---.107) 22 dicembre 2009 00:12
    Renzo Riva

    Articolo magistrale del prof. Franco Battaglia

     

     http://www.ilgiornale.it/interni/il...

    Il nucleare aiuterà l’ambiente più dei falsi eco-profeti
    di Franco Battaglia
     
    LETTERA Caro premier, aveva visto giusto nel 2008: contro lo smog servono 1.000 nuovi reattori
     
    Caro Presidente Berlusconi,
    «chi contro all’opinione d’altri ha predetto una cosa nel modo che poi segue, non pensi che i suoi contraddittori, veduto il fatto, gli diano ragione e lo chiamino più saggio o più intendente di loro; perché o negheranno il fatto o la predizione, oppure diranno che questa e quello differiscono nelle circostanze, e in qualunque modo troveranno cause per le quali si sforzeranno di persuadere sé stessi e gli altri che l’opinione loro fu giusta e la contraria errata».
    Così il Leopardi nel IX dei suoi Pensieri.
    Al G8 del 2008, in Giappone, lei, signor Presidente, parlò della necessità di installare nel mondo, possibilmente in tempi rapidi, 1.000 nuovi reattori nucleari. La sua dichiarazione fu accolta con aria di sufficienza dai potenti del mondo.
    Gli stessi che in questi giorni avrebbero dovuto registrare il loro totale fallimento a Copenaghen, e che invece si arrampicano sugli specchi con le più stravaganti reazioni.
    C’è chi dice che quello di Copenaghen è stato solo un «primo passo», eppure mi sembra ieri quando, già nel 2000, tromboneggiavano che il protocollo di Kyoto sarebbe stato il «primo passo».
    A chi (noi) chiedeva loro quali avrebbero dovuto essere i passi successivi, nessuno sapeva rispondere. E a chi (sempre noi) osservava che anche quel primo passo, per ragioni meramente tecniche, non sarebbe stato attuato, addebitavano incompetenza, in ciò facendosi sostenere dal parere di «esperti» e premi Nobel.
    Poi (2003) il protocollo di Kyoto fu approvato e reso operativo ma, come previsto, non è stato possibile attuarlo. Per ragioni tecniche, appunto; e nonostante i fantastici sforzi economici che le economie ricche hanno profuso in quella colossale frode che chiamano green economy.
    C’è chi dice che alla carnevalata di Copenaghen ne seguiranno altre - pare in Germania fra 6 mesi e in Messico fra 12 - ove assumere impegni vincolanti: con 6 e 12 mesi di anticipo avanziamo oggi la nostra previsione di fallimento, consapevoli naturalmente delle parole di Leopardi.
    Copenaghen è passata, e su essa un pietoso velo è stato steso da tutti gli organi di informazione. Domenica, ad esempio, ho eccezionalmente acquistato il Corriere della Sera.
    Mi son detto: è domenica, e sicuramente il professor Sartori, che per anni ha tromboneggiato sul primo quotidiano nazionale allarmando sul (presunto) problema climatico, dirà qualcosa su Copenaghen. Ho indovinato a metà: Sartori era là, in prima pagina, prima colonna, ma, rimossa la parola clima, scriveva della questione musulmana.
    Un grande, Giacomo Leopardi, nevvero? Aveva capito tutto del mondo.
    Ma torniamo al mondo e alla sua proposta dei 1.000 reattori nucleari, signor Presidente. A suo tempo lei fu sbeffeggiato da tutti, ma pazienza: soprattutto dopo quel che le è capitato, credo che degli sbeffeggiamenti se ne faccia un baffo. Lei aveva pienamente ragione: 1.000 nuovi reattori nucleari ridurranno le emissioni mondiali di CO2 del 20 per cento, signor Presidente. Lei, insomma, appare l’unico che ci vede in un mondo di orbi. Insista, allora, coi grandi del mondo: 1.000 reattori nucleari sono quelli il vero «primo passo» per affrontare il problema del mondo, quello vero. Che è non il clima ma la fame di 2 miliardi di abitanti il mondo o; il che è lo stesso, la necessità di approvvigionarsi d’energia.
    Perché, sia chiaro a tutti, l’80% dei costi di ciò che mangiamo sono costi energetici.

     

    Mandi,

    Renzo Riva

    [email protected]

    349.3464656

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares