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"Hachiko", una storia da raccontare

Vorrei trattare questo film in modo particolare.
 
È il caso in cui si ha una storia realmente straordinaria da raccontare (oltre che vera), un messaggio di profondità e valore universali e bisogna, per forza, trovare un modo di raccontarla.
 
La storia è quella di un uomo e di un cane, che per circostanze fortuite (?) si sono incontrati, per due anni hanno vissuto una relazione profonda. Poi l’uomo è morto, e il cane ha aspettato che tornasse, davanti alla stazione dove arrivava il treno con il quale l’uomo, tutti i giorni, tornava dal lavoro, per nove anni. Nove anni, soltanto perché poi la morte è sopraggiunta anche per il cane. Altrimenti sarebbero potuti esse cento, mille, gli anni.
 
Se parliamo del film, diciamo che riesce ad essere appena sufficiente per la storia che vuole raccontare. La storia è breve e gli espedienti con cui si cerca di rendere interessante il film, per un’ora e mezza, sono sostanzialmente miseri. I rapporti tra i protagonisti (umani) sono dipinti in modo superficiale, senza ombra di realismo. In gran parte costituiti da frasi fatte. Marito e moglie, qui, parlano solo per dirsi dolcezze e i dialoghi sembrano prestati dalla pubblicità del mulino bianco. I personaggi di contorno non regalano emozioni se non ambigue e comunque nessuno rimane simpatico.
 
L’uomo e il cane invece si avvicinano lentamente, hanno bisogno l’uno dell’altro, fino a che moglie e animale quasi si sentano minacciati reciprocamente nell’affetto dell’uomo. Ma anche qui le dinamiche sono più necessarie per dar vita alla storia che sensate di per se stesse.

Un altro discorso va fatto per l’epilogo, che a suon di pianoforte e violino, fa di tutto per rendere struggente ciò che di per sé è straziante. E ci riesce. Alla fine la vera storia emerge. Il testardo cane Hachiko torna alla stazione ogni giorno, puntuale, al suo posto, estate e inverno, e osserva la folla, intento a scorgere il suo prescelto. Tutti si affezionano alla pura presenza e la rispettano in modo ossequioso, fino a quando anche la moglie del defunto, tornata al suo paese dopo anni, scopre, scorgendo l’ormai canuto cane, che forse, al mondo, c’è qualcuno che amava quell’uomo più di lei, e gli chiede umilmente di poter attendere con lui il prossimo treno in arrivo.
 
Se parliamo della storia, è avvenuta in Giappone, iniziata nel 1924. Nel 1926 l’uomo morì e fino al 1935 il cane fu lì ad attenderlo. Ora in quella stazione vi è una statua che raffigura Hachiko, in posizione fiera, di fronte all’uscita della stazione. Come per ammonire tutti noi "passanti" che potremmo, se vogliamo, essere infinitamente migliori di quello siamo.
 
 
 
Regia: Lasse Hallström. Con Richard Gere, Joan Allen, Cary-Hiroyuki Tagawa, Sarah Roemer, Jason Alexander. Titolo originale Hachiko: A Dog’s Story. Drammatico, durata 93 min. - USA 2008.
 

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