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Gero Caldarelli, l’anima del Gabibbo su AgoraVox

Girando per gli studi di Mediaset a Milano2 si possono fare incontri davvero curiosi! Uno su tutti è il Gabibbo, un mostro simbolo della tv che si mostra, che tracima e si impone. Da 22 anni è il vero volto di Striscia la notizia. Eh già, perché il Gabibbo (a differenza dei conduttori in carne ed ossa che si alternano) è sempre stato lì, non ha mai lasciato il suo posto. Del resto è un pupazzo e vive solo quando si accendono i riflettori, un po’ come accade ad alcuni personaggi reali che popolano il tubo catodico. La Corte dei Conti si informa mensilmente dal Gabibbo su sprechi e opere incompiute, i cittadini lo eleggono a giornalista più credibile d’Italia preferendo rivolgersi al "vendicatore rosso" piuttosto che alle istituzioni e in Parlamento (ai tempi di Scalfaro) prese addirittura 15 voti come Presidente della Repubblica. Con la voce di Lorenzo Beccati (autore storico della trasmissione) il Gabibbo è animato da un mimo di professione davvero simpatico che abbiamo incontrato per voi: Gero Caldarelli.

“Il Gabibbo è il mostro per eccellenza. Esiste perché si mostra e del mostro ha tutte le caratteristiche. Lui è la Televisione. E’ un monito, uno spauracchio […] è l’uomo che non esiste, l’uomo che dice parole non sue. Un perfetto personaggio tv che passa dalle inchieste alle telepromozioni senza remora alcuna: l’ultima l’ha lasciata in tintoria, quando ha portato a lavare il peluche”, sentenzia così Antonio Ricci (di cui vi proporremo prossimamente una gustosa intervista) parlando del Gabibbo: il pupazzone rosso nato intorno agli anni ’90 nel periodo degli esternatori, quando in tv spuntavano con violenza personaggi come Giuliano Ferrara, Vittorio Sgarbi, Gianfranco Funari, Francesco Cossiga, Nuovi Mostri che tra grida e polemiche avevano trovato la scorciatoia per entrare nelle case degli telespettatori. Non spuntavano in tv, ma addirittura rompevano il vetro e tracimavano in casa. “Chi poteva rappresentare meglio questi populisti catodici – afferma Ricci – se non un pupazzone che, con gli occhi fuori dalla testa, bercia: <<Ti spacco la faccia!>>".
 
Così alle 20.30, mentre Ricci dà le ultime istruzioni ai conduttori prima di andare in onda con Striscia la Notizia e in studio si espandono risate a raffica e un tappeto musicale che mette allegria, ci fermiamo a parlare con il Gabibbo. Lui è Giorgio Caldarelli (ma per tutti è Gero) che già dai primi minuti è imbelinato dentro la moquette rossa, mentre la temperatura nello studio raggiunge quote elevatissime… intorno ai 40 gradi senza ombra, perché i fari illuminano qualsiasi punto, anche il più nascosto. E mentre la sarta gli sistema addosso il costume noi facciamo una simpatica chiacchierata.
 
Come mai sta tutta la puntata dentro il pupazzo rosso? Non deve fare solo la sigla finale?
E’ una richiesta di Ricci! In una diretta come questa se c’è bisogno di un intervento editoriale del vendicatore rosso, cioè un commento particolare post-filmato o un «ti spacco la faccia», io devo essere pronto! La voce in genovese maccheronico gliela da però Lorenzo Beccati… io lo muovo.
 
Come nasce l’idea del Gabibbo?
L’idea è di Antonio Ricci e il termine, come anche lo slang del Gabibbo, viene dal Genovese. Il Gabibbo è nato come una specie di giornalista d’assalto, grosso come Giuliano Ferrara. Il suo tormentone “besugo”, più o meno significa “scemotto”, con cui apostrofa chi se lo meritava. Il besugo è un pesce rosso, detto anche occhione, e la testa del Gabibbo, con gli occhi sgranati come quelli dei personaggi dei fumetti, è un’elaborazione di quel pesce. La bocca è invece identica a quella dei panini in gommapiuma che avevo già usato nei miei spettacoli.
 
Insieme a mia moglie, sarta per il laboratorio teatrale Cheli di Milano, ho dato anche alcune indicazioni su come realizzarlo. Mi sono sentito subito a mio agio dentro al pupazzo e sono riuscito a entrare in totale sintonia mimica con la sua voce, che è quella di Lorenzo Beccati. Antonio Ricci dice che sono l’anima del Gabibbo che danza, come se diventassi la sua pancia e la sua moquette. Per lavorare con il Gabibbo al di fuori di Striscia la Notizia ho imparato a costruire il costume da solo.
 
Qual è il suo record da ingabibbato?
Ben 21 ore consecutive, in alcuni servizi mi è capitato di dover restare Gabibbo a lungo perché il rischio era di prendere le botte!
 
Hai scritto una curiosa autobiografia “Una vita da ripieno”, dove racconti la tua passione per il teatro e soprattutto per il Mimo.
Si, il libro è andato esaurito, non si trova più in giro ed è stato un modo per raccontare questa mia passione per l’arte del mimo. L’intensa poesia che si è in grado di trasmettere con i gesti, i movimenti, non mediata dalle parole e per questo ancora più diretta.
 
Come ha cominciato?
Ho cominciato frequentando la scuola di Mimo del Piccolo Teatro di Milano: all’inizio pensavo semplicemente di migliorare me stesso e poi ho scoperto che ero particolarmente portato per questo tipo di arte.
 
Tra battute e lanci di filmati si arriva agli sgoccioli della puntata, si dà spazio alla pubblicità e noi ci aggiriamo un po’ furtivamente dietro i pannelli della scenografia, in regia e negli uffici della redazione. Rientrati in studio la puntata è quasi agli sgoccioli, tocca al Gabibbo che con le veline balla la sigla mentre dietro i conduttori (Ezio Greggio ed Enzo Iacchetti) parlano tra loro della smagliante bellezza delle due ballerine, che a stento trattengono le risate. La rete si riprende la linea e come sempre sfuma l’ironica sigletta (che quest’anno ironizza sul velinismo). Al termine della puntata un assistente di studio grida: “Stop. Perfetto….ci vediamo domani!”. Come accade ininterrottamente da ventidue anni!
 
 
i servizi del Gabibbo invece si possono vedere sul link http://www.striscialanotizia.mediaset.it/videogallery/videogallery_gabibbo.shtml

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