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Gaza, la più grande prigione (o lager) del mondo

Come scriveva Sara Roy nel 2009: «Gaza è l’esempio perfetto di una società deliberatamente ridotta in povertà, e la sua popolazione, una volta produttiva, trasformata in una schiera di poveri dipendenti dagli aiuti esterni».

In questo articolo di Nina Fleury è chiaramente descritta la situazione dei palestinesi a Gaza causata dalla politica israeliana.

Risulta evidente la responsabilità di Israele, sia della situazione di estrema povertà, sia delle reazioni violente espresse in vari periodi dai palestinesi nei confronti degli israeliani.

Il ritiro dal territorio di Gaza, invece di corrispondere ad una pacificazione dei rapporti, è risultato unicamente una manovra per poter meglio controllare il territorio. I palestinesi, oltre a non averne ricevuto nessun vantaggio, si sono ritrovati imprigionati poiché i loro confini sono controllati dagli israeliani che controllano, sia il passaggio delle persone sia quello delle merci.

Inoltre, il flusso dei centomila palestinesi che si spostavano in Israele per lavoro, è stato proibito; da Gaza non si può né uscire né entrare senza un permesso rilasciato dagli israeliani.

Una popolazione che prima era produttiva, è ora ridotta a dipendere dagli aiuti umanitari a causa dell’impossibilità a commerciare con l’esterno, restrizione imposta dallo stato israeliano.

Il tutto succede con il beneplacito dell’occidente che, in nome di una non bene identificabile politica non invasiva, tace sui crimini commessi da Israele in terra palestinese.

Non si tratta di bruciare bandiere, né di razzismo nei confronti degli ebrei - lo stato israeleano è altra cosa rispetto alla religione ebraica - ma di porre fine ad una situazione ormai evidente di sopprusi nei confronti dei diritti di un popolo.

Quello che lascia perplessi è la prontezza nel condannare le "dittature" nel campo avversario e di accettare quelle nel proprio campo; questo comportamento non si può definire "imparziale" come ci vogliono far credere.

Le democrazie occidentali, tanto solerte, giustamente, a condannare i sopprusi altrui - vedi le condanne insistenti nei confronte dei regimi comunisti e islamici - dovrebbero, perlomeno, evitare che gli stessi si verifichino nel loro campo.

Il fatto che non lo facciano, e che anzi, in certe circostanze, sono anche disposti ad appoggiare comportamenti lesivi dei diritti umani, lascia solo intendere che la cosiddetta "lotta al terrorismo" - mi riferisco qui al non riconoscimento del movimento palestinese come forza (esercito) di liberazione ma come, appunto, a forza terroristica - serva unicamente a debellare ogni forza di opposizione contraria all’espansione dell’egemonia occidentale in medio oriente e non come aiuto ad instaurare la democrazia.

Espansione occidentale dove lo stato d’Israele è parte importantissima, come ho già scritto, nella destabilizzazione del medio oriente e del nord africa islamico.
 

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