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"Exit": cronaca semiseria di una diretta senza vie d’uscita

18 Novembre 2009. Per una volta, noi di "Gli sComunicati" abbiamo voluto partecipare come pubblico ad una trasmissione di cosidetto "dibattito politico" per raccontarvi l’aria che si respira nel teatro di posa ed anche raccontarvi la gente, le impressioni, i retroscena.
 
Ci siamo quindi fatti invitare come pubblico dalla trasmissione "Exit" trasmessa ogni mercoledì sera su La7.
 
L’appuntamento è presso la sede della casa di produzione televisiva Magnolia, quella che ha creato il format della trasmissione. Per raggiungerla, dal centro di Roma, è un bel viaggetto. Occorre inerpicarsi a Nord della città, raggiungere Prima Porta, ed ancora andare oltre: sembra di addentrarsi in un luogo ai confini del nulla. Infatti, mano a mano che seguiamo le direttive forniteci dal gps, ad un tratto la strada diviene una strada di campagna, non illuminata e un po’ da brividi, nel tardo pomeriggio buio di una serata di novembre.
 
Arriviamo puntuali. Al cancello ci fanno passare e ci dicono di entrare in un locale dove dobbiamo firmare la liberatoria per le eventuali riprese dell’immagine dei componenti del pubblico in sala. Cerchiamo la porta giusta: intravediamo un locale con le porte dei bagni aperte. Pensiamo di dover andare oltre. No: un signore gentile ci chiama indietro, facendo capolino dalla porta che per noi, era appunto quella di accesso ai bagni.
 
La sala dove dobbiamo firmare la liberatoria è infatti una sorta di stanzone, preceduto da due toilettes. Sedie di plastica tutto intorno al perimetro, neon implacabili di luce fredda, un tavolo accostato contro un muro. Qualcuno è già arrivato. Parla amichevolmente con gli altri e con i collaboratori della trasmissione. Comprendiamo subito che debbono essere dei "figuranti", magari pure pagati. Età media: settant’anni.
 
Compiliamo il nostro modulo per la liberatoria e ci sediamo. Stanno arrivando altre persone, e tutte più o meno sembrano conoscersi. L’atmosfera da subito è molto felliniana. Lo stanzone dove ci fanno accomodare ricorda le sale danzanti degli anni ’50. Quelle sedie sterili di plastica bianca accostate ai muri tutto intorno. Quelle signore di una certa età, in qualche modo vestite a dovere per figurare meglio in trasmissione. Qualcuna ha deciso di mettere le scarpette dorate. Altre hanno la tinta biondo platino appena ritoccata dal parrucchiere. Chiacchierano e ridono: una via di mezzo fra caffè danzante e centro sociale per gli anziani. Dopo poco arrivano altre persone. Giovani, medio giovani. Giovanissimi. Alcuni sembrano studenti universitari fuori sede: lo capiamo dagli accenti del sud Italia. Qualche coppia di mezza età. Una piccola comitiva di ragazzi che sembra già divertirsi molto per il solo fatto di essere arrivati.
 
Ci chiediamo il motivo di far arrivare tutti con due ore di anticipo sull’inizio della trasmissione. Infatti non ci sono motivi logici. Nessuno del pubblico deve essere microfonato, nessuno del pubblico prenderà la parola. Qualcuno, molto intelligentemente, si è portato la cena al sacco. Si accomodano dentro le macchine e cominciano tranquillamente a mordere grandi pezzi di panini imbottiti. Ci pentiremo di non averlo fatto anche noi, ma per ora la cosa ci fa sorridere.
 
Il tempo non scorre, la macchinetta delle bevande calde e delle merendine viene presa d’assalto ad ondate. Fuori fa freddo. Il tempo di una sigaretta e torni dentro intirizzito.
 
Finalmente arriva qualcuno e ci dice che possiamo entrare in studio.
 
Camminiamo per un breve percorso esterno e raggiungiamo l’ingresso. Diverse persone sono già sedute sui sedili. Un responsabile di studio ci guarda e comincia a ragionare su dove farci sedere. Ci assegna i posti. Guarda tutti noi come per verificare qualcosa. Passa e ripassa con gli occhi su ognuno di noi. Ci chiede di alzarci e di spostarci esattamente di fronte. Sembriamo soldatini di stagno in mano ad un bambino capriccioso. Probabilmente, cercano di creare omogeneità ed un certo equilibrio fra giovani ed anziani. Belli e brutti. Eleganti e casual.
 
Ad un tratto, arrivano gli ospiti in studio: Maria Elisabetta Alberti Casellati, sottosegretario alla Giustizia, la Sen. Anna Finocchiaro, capogruppo del PD al Senato, l’On. Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori, l’On. Italo Bocchino, vicecapogruppo del PDL alla Camera, Giuseppe Cascini, segretario generale dell’Associazione Nazionale Magistrati, Alessandro Sallusti, condirettore de "Il Giornale", e Peter Gomez, giornalista de “Il Fatto”.
 
Non siedono intorno ad un tavolo ma sono ben distinti in due fazioni, una di fronte all’altra. Da un lato Di Pietro, la Finocchiaro, Giuseppe Cascini e Peter Gomez. Dall’altro Bocchino, Sallusti e Elisabetta Alberti Casellati.
 
Il tema della serata è la riforma della Giustizia. Un’addetta dello studio si avvicina a Di Pietro e gli porge una bottiglietta d’acqua ed un bicchiere. Lui prende la bottiglietta e rifiuta il bicchiere, berrà direttamente dalla bottiglia. Anna Finocchiaro è esattamente la donna che vedete in tv. Si aggiusta un grande scialle sulle spalle. Di fronte, l’Onorevole Bocchino, Elisabetta Alberti Casellati ed Alessandro Sallusti, leggono fogli su fogli, forse la scaletta della trasmissione.
 
Già ora, per la disposizione degli ospiti in studio viene da pensare ad un ring, un gioco al massacro, una lotta banda contro banda. Se avessero disposto tutti intorno ad una tavola rotonda avremmo avuto una sensazione diversa. Ma così l’idea della guerra e della lite è ancora più marcata.
 
I tecnici vanno avanti ed indietro, chiacchierano, fanno battute. Siamo arrivati circa due ore fa: la trasmissione inizia.
 
Sigla iniziale, entra la conduttrice, Ilaria D’Amico. Lo scroscio di applausi totalmente indotto copre la sua voce che imperterrita parla nel bailamme di un pubblico tambureggiante. Come da copione. Il dibattito ha inizio ed in verità le prime battute parlano dell’argomento in programma. Ma quasi senza accorgersene, per una somma di battute ecco che si scivola mollemente nel tormentone ormai noto a tutti: il rimpallo di responsabilità, le colpe, le cose non fatte, gli errori, le frasi dichiarate.
Tutto diviene un parlare di se stessi, di quanto si sia stati più o meno bravi, di come semmai altri hanno sbagliato. Del tema principale, anche se di questo si parla, nessuno traccia alcuna argomentazione di reale interesse per il pubblico.
 
Le pause pubblicità ci danno la possibilità di osservare i comportamenti degli ospiti a telecamere spente. Di Pietro non interagisce con nessuno. La sua vicina di poltrona, Anna Finocchiaro, chiacchiera amabilmente con il segretario Cascini. Sul lato opposto, Bocchino e la Alberti Casellati sorridono, leggono appunti e si guardano intorno.
 
Riprende la trasmissione. La moderazione non è delle migliori. La presentatrice del programma, Ilaria d’Amico, palesemente si attiene alle domande che le hanno preparato in scaletta. Manca di verve, di carattere; sarà forse per l’avanzato stato di gravidanza che l’abitino nero e striminzito mette ancor più in evidenza? Rimarrà un mistero o piuttosto il dubbio che tutti saremmo bravi conduttori televisivi, se bastasse leggere qualcosa che qualcuno ha preparato per noi.
 
Gli scambi verbali fra gli ospiti si accendono, i toni della voce si alzano. Anche la Finocchiaro, un tempo gentile dama moderata, ormai sembra esser presa dal sacro fuoco del dibattito litigioso e si scaglia contro una serie di dichiarazioni fatte su di lei da Bocchino. Di Pietro invece, contrariamente a come siamo abituato a conoscerlo, è particolarmente rilassato. Sorride spesso, fa spallucce mentre gli altri parlano, non apre dibattiti infuocati; si sarà stancato ora di far la parte del cavallo imbizzarrito, visto che è la moda del momento. Saggia strategia o attuale aria di riformismo all’interno dell’Italia dei valori In ambo i casi, comunque funziona. Siamo tutti con gli occhi puntati su di lui, anche quando il segretario Cascini con fare particolarmente autoritario blocca un tumulto di parole di Bocchino.
 
Altre pause promozionali. Un signore seduto accanto a noi ha voglia di chiacchierare, ci suggerisce di metterci in contatto con l’agenzia che si occupa di reclutare il pubblico. "Figuranti" si chiamano. La paga? Da barzelletta, 15 euro. Ma sono netti, ci dice. "Perchè non fanno il contratto..", forse non vuol dire la frase per intero. 15 euro a nero. Ecco cosa intendeva.
 
Ci fornisce il numero della responsabile dell’agenzia, ma poi ci suggerisce di tentare in Rai: lì il contratto lo fanno, ti pagano 30 euro a serata, ma sono lordi. Insomma, scopriamo il bosco dei figuranti di tante trasmissioni televisive. Gira che ti rigira sono sempre gli stessi, spostati da un programma all’altro.
 
Il tempo passa. La trasmissione continua in un sortilegio di parole, dichiarazioni, controddichiarazioni. Lo scontro verbale fra la Finocchiaro e Bocchino si accende sempre più. Di Pietro guarda, segue tutto e sorride.
 
Altre pause promozionali. Il tempo sembra essersi fermato. Stancamente si arranca verso la conclusione del programma. Le facce intorno sono stanche, qualcuno sbadiglia, altri chiacchierano sottovoce di cosa faranno domani. La trasmisisone si allunga un pò oltre l’orario stabilito. Due ore e mezzo di chiacchiere inutili su chi ha detto cosa. Si conferma il trend venefico del parlare di nulla. Saluti e chiusura.
 
Di Pietro si alza e si fa togliere il microfono. Ci alziamo anche noi del pubblico.
Guardiamo cosa accede fra gli ospiti, a telecamere spente, mentre lentamente usciamo dai nostri posti a sedere. La Finocchiaro e Bocchino sembrano essere totalmente dimentichi delle diatribe appena sostenute. Passandogli accanto, li guardo, mentre Bocchino, con un largo sorriso e a braccia aperte, formula esattamente questa frase ad una molto sorridente Anna Finocchiaro: "Sono dieci anni che corteggio questa donna.". "Vedi? Si abbracciano. Ecco la realtà delle cose." mi lascio sfuggire volutamente a voce alta mentre passiamo un po’ oltre. Bocchino e la Finocchiaro si bloccano e mi guardano seri: non c’è nulla da dire.
 
Tana libera tutti!
 
 
 

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