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"Dieci Inverni", opera prima di Valerio Mieli

Una storia d’amore lunga un decennio; gelida, grigia e ovviamente tormentata, come i luoghi che la ospitano.

Camilla e Silvestro si conoscono a bordo di un vaporetto, è inverno in una Venezia malinconica come non mai. Sono giovani studenti che si apprestano a iniziare l’università, decisa e proiettata al futuro lei, estremamente indeciso e vagante lui. Dormiranno insieme quella prima notte, spaesati e inconsci di quello che sarà negli anni a venire. Passeranno gli anni, gli inverni e i due si allontaneranno per poi ritrovarsi e riallontanarsi, di fronte ad amori e problemi diversi ma mai perdendosi completamente di vista; uniti da un amore latente e non dichiarato.

L’opera prima di Valerio Mieli, diplomato al centro sperimentale di cinematografia, è una commedia romantica e malinconica che deve molto alla bravura dei due attori protagonisti (Isabella Ragonese e Michele Riondino) e agli scenari poetici di città come Venezia e Mosca, raccontate nelle loro parti più sconosciute e meno turistiche. In particolare Venezia che, così grigia e triste, ma allo stesso tempo poeticissima com’è d’inverno, sembra rispecchiare l’Io interiore dei due protagonisti.

Il film si snoda attraverso dieci interminabili anni in cui i due protagonisti vivono le esperienze più svariate. Lei, personalità più ingenua, compiendo quelli che lei stessa definisce fatali errori, si ritrova in mezzo a storie d’amore russe e figli non programmati; lui, più sfacciato e inconcludente, intento a trovare un qualcosa o un qualcuno di cui non è particolarmente convinto. Si amano per dieci anni ma non si svelano, hanno paura dei sentimenti che provano e non riescono a prendere una decisione definitiva. Vivono un amore costruito, imparano ad amarsi negli anni ma sono terribilmente confusi e impauriti dalle responsabilità.

Sebbene la bravura degli attori e le amenità delle location non si discutano, Dieci Inverni sembra essere un lavoro un po’ frettoloso e forzato, come si volesse fare tutto in poco, preoccupandosi solo di arrivare ad un finale che risulta essere banale e prevedibile e che sopratutto fa crollare tutto il climax che si era formato nel procedere della storia. Tutto ciò è riscontrabile anche nel poco sviluppo dei personaggi di contorno che, a essere sinceri, la loro esistenza o meno, poco cambierebbe ad un film che deve ringraziare soprattutto Venezia e la sua poesia per non cadere nella mediocrità.

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