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Crisi: il subdolo ottimismo

Avvantaggiato dal fatto di non essere un economista, e quindi non uno di coloro totalmente incapaci di prevedere la grande crisi che stiamo vivendo, vorrei offrire alla discussione qualche mia riflessione.

Da quello che vedo, sento, o leggo e capisco, la grande crisi può essere affrontata in due modi:

-un modo è quello, diciamo conservatore, che non mette in discussione nulla. Cerca di avere soldi statali per continuare nelle stesse logiche ed impostazioni che hanno generato la crisi, che viene giudicata un incidente di percorso e non il fallimento del ciclo capitalista che non ha più nessuna credibilità e fiducia nel cuore del suo potere che sono appunto le banche.

Non è superfluo continuare a ricordare che all’origine della crisi vi sono mostruose truffe pensate ed attuate da istituti che hanno deliberatamente ingannato i loro clienti, e questo fatto è irrimediabile, perché la fiducia, e questo avviene anche tra le persone sposate o tra gli amici, quando viene tradita non si ristabilisce più, e allora sono dolori.

Non dobbiamo nemmeno dimenticare che la cornice in cui si è sviluppata la crisi è quella della globalizzazione e della forte interdipendenza finanziaria e commerciale fra la maggior parte dei paesi del globo, che incominciano a vedere i lati fortemente negativi del fenomeno e molti pensano al protezionismo o a rimodulare la loro economia verso i consumi interni.

L’esempio più chiaro della fragilità dei paesi più esposti alla globalizzazione ci viene da un paese con il PIL in attivo, la Cina, che ha strutturato una importante fetta della sua capacità produttiva per soddisfare il mercato americano, e, se la capacità di spesa e di consumo dei cittadini americani continuerà a diminuire, la Cina si troverà con milioni di disoccupati e problemi sociali gravissimi.

L’altro immenso problema, di cui ancora pochi vogliono tener conto, e parliamo sempre della Cina, e che questo enorme sviluppo è stato ottenuto con dei prezzi ambientali devastanti, con la maggior parte della energia prodotta dalla combustione del carbone, fattore che ha accelerato la seconda più grave crisi, dopo quella finanziaria, che è quella del riscaldamento globale.

-L’unica via di uscita dal disastro finanziario ed ambientale della globalizzazione, e siamo alla seconda ipotesi, è buttare via gli ottimismi di facciata, riconoscere il fallimento della globalizzazione, nazionalizzare le banche in fallimento e progettare, in ogni nazione, uno sviluppo nuovo, moderno, ecologico, che metta in evidenza, a carattere cubitali, la necessità di uno sviluppo SOSTENIBILE, fondato su basi economiche solidissime, che sono il controllo delle banche e il taglio delle spese militari, per ristrutturare l’economia in due settori fondamentali, quello energetico e quello della agricoltura, per ottenere in pochi anni l’autosufficienza energetica con le rinnovabili, e l’autosufficienza alimentare con una agricoltura ristrutturata (tutta biologica) per soddisfare i consumi interni, legata al territorio e a km zero.

E’ un percorso possibile, che ha al suo interno delle felici conseguenze, una di queste sarebbe il progressivo disinteresse a controllare il petrolio mondiale, e quindi una prospettiva di pace, l’altra, implicita nella fine dell’economia globale, la scomparsa dei flussi migratori sostituiti dalla ricerca della sostenibilità in ogni nazione tra il proprio territorio e le proprie risorse e il numero di bocche da sfamare e fermare così responsabilmente la devastante sovrappopolazione.

Da una crisi strutturale mondiale non si esce con l’ottimismo di facciata né percorrendo le stesse strade che l’hanno causata.

Se solo si tenesse conto delle valutazioni serie, scientifiche, degli studiosi che ci parlano di emergenze ambientali da affrontare immediatamente, e non delle vuote e false parole di politicanti ignoranti, asserviti alle lobby economiche, il percorso da fare apparirebbe logico, innovativo, indispensabile, civile, democratico.

Assurde appaiono le decisioni del governo italiano di cantierare l’alta velocità Torino-Lione, di pensare al Ponte sullo stretto di Messina, di pensare al nucleare con l’uranio in esaurimento e comunque dipendente da miniere lontane, scelte che appaiono di continuità con la globalizzazione, mentre vediamo già nei porti accumularsi piramidi di container abbandonati e intere navi messe in disarmo, con l’equipaggio a bordo, per rinuncia all’acquisto delle merci trasportate. Cifre colossali che si riveleranno sprecate per sostenere uno sviluppo sbagliato, distruttivo e fallito.

Commenti all'articolo

  • Di uno (---.---.---.215) 26 febbraio 2009 23:05

    questo dileggio degli economisti che "non hanno saputo prevedere la crisi" ha smesso di essere divertente da molto tempo

  • Di Inenascio Padidio (---.---.---.140) 1 marzo 2009 14:57

    Secondo me, primo ignorante al mondo in Economia e Finanza, l’attuale crisi mondializzata è la logica conseguenza dell’opera mefistofelica esercita dagli usurpatori della proprietà della moneta.
    Gli Stati, e quindi i Popoli, sono vittime della gigantesca TRUFFA, denunciata dal Chiar.mo Prof. Giacinto Auriti l’8 marzo 1993. Prevalsero Carlo Azeglio Ciampi e Antonio Fazio, vale a dire, il diritto della forza economica contro la forza del diritto naturale delle genti, tradimento nel primario "Stato di diritto" italiano.
    Per risolvere la crisi si vorrebbe continuare ad indebitare ulteriormente i popoli. Impossibile!
    Cominciano a nascere anche in Italia le "monete supplementari" (SCEC gratuiti), per mitigare i danni della "moneta avvelenata" Euro, che dovrà gradatamente divenire "moneta cristiana". Si comincerà a praticare la genuina "Dottrina sociale della Chiesa cattolica", con l’assegnazione della proprietà della moneta ai legittimi proprietari. Soltanto così termineranno lacrime e sangue in tutti i popoli. Per questo speriamo.

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