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Crisi finanziaria: basta con le chiacchiere

Al G8 L’Aquila 2009, appena concluso, di chiacchiere ne sono state fatte tante e su tanti temi: dall’ambiente, alla crisi finanziaria dei derivati, alle esigenze immediate dei Paesi del Terzo Mondo, alle calamità naturali e ad altro ancora. Questi summit giovano proprio a questo. E l’incantevole scenario abruzzese, sia pure in contrasto con gli effetti del recente sisma, sono stati certamente d’aiuto; come certamente sarebbe stata egualmente d’aiuto la Sardegna e la splendida isola La Maddalena.

Aprendo una parentesi, dobbiamo ammettere che il nostro Paese, leader mondiale per bellezze naturali di ogni tipo e per beni culturali, anch’essi di ogni epoca e di valore sommo, è uno dei più attrezzati per incontri di questo tipo. E l’attuale premier, per cultura e per mestiere uomo di comunicazione e di spettacolo, certo non si sarebbe mai fatta sfuggire questa opportunità.
 
Ciò detto, chiuso il palcoscenico del summit, bisogna passare dalle chiacchiere ai fatti. E questo vale prima di tutto per il nuovo sistema di regolazione dei mercati finanziari al fine di evitare per il futuro il ripetersi di crisi gravi ed estese come quella recente dei derivati; i quali ultimi, detto per inciso, stanno già rifacendo capolino negli ambienti finanziari internazionali.
 
Al G8 L’Aquila 2009 si è giunti dopo una fase preparatoria, guidata dal Ministro Tremonti e con l’assistenza dell’OCSE, la quale ha prodotto un documento in dodici punti, uno sforzo notevole alla ricerca di una nuova Bretton Wood per il commercio mondiale, ma ancora ben lontano da quello che è necessario perché, così come è, resta poco più di una dichiarazione di intenti.
 
Il documento si articola in dodici punti e si chiama Principi e norme comuni relative alla probità, all’integrità ed alla trasparenza per le transazioni commerciali internazionali.

Va detto innanzitutto che il suo richiamo alla trasparenza avrebbe dovuto, forse, considerare che essa, piuttosto che un valore, è un modus operandi. Una analogia può servire a chiarire questo punto. Ogni ladro che si rispetti agisce cercando il favore delle tenebre per evitare di essere riconosciuto durante il suo delinquere; ma agire alla luce del sole non è, in se, sinonimo di agire nel rispetto della legge.
 
Agire con trasparenza dovrebbe essere una veste da indossare sempre, la conseguenza dell’accettare di rispondere del proprio operato e per questo consentire a tutti di prenderne visione, sia si opera nel campo della finanza internazionale sia se semplicemente si amministra il condominio di casa propria; ed anche se si è giudici e pubblici ministeri.

 
Quanto ai valori individuati dal documento, riconduciamoli tutti insieme nel concetto di Bene. Adesso, e da qui dovrebbe essere partito il G8 L’Aquila 2009, bisogna capire perché non sempre il libero mercato porta alla loro affermazione, contrariamente alle assunzioni di Adam Smith. E quali correttivi bisogna adottare nel campo della finanza globale.
 
Cominciamo con il dire che, contrariamente a quanto asserito da Smith e dai suoi adepti, si è già constatato che in tanti campi la legge regolativa del libero mercato mal funziona. Una per tutte: il pensiero di Marx si basa tanto sulla constatazione che essa non riesce a regolare il mercato del lavoro, creando classi sociali contrapposte. Il rimedio adottato, non previsto da Marx, è stato quello della formazione delle Associazioni Sindacali.
 
Ancora l’associazionismo dei produttori agricoli di derrate reperibili e l’intervento pubblico sovente comunitario su determinati beni agricoli prodotti in eccedenza sono strumenti regolativi correntemente adoperati in soccorso della legge del libero mercato.
 
Rimosso il tabù dell’onnipotenza del libero mercato, con buona pace di tutti i cosiddetti mercatisti, occorre entrare nel merito delle operazioni finanziarie, sia interne agli Stati sia internazionali, valutare le discrasie del pubblico mercato nel regolarle ed individuare i correttivi opportuni da adottare per evitare le bolle speculative, come quella che ci ha tanto gravemente angustiato nel recente.
Un’ultima osservazione sul punto “11” del dodecalogo di Tremonti, quello che recita Tutte le forme di protezionismo devono essere bandite: non si vede come si possano trascurare nelle valutazioni di tipo economico talune variabili indipendenti, come il costo del lavoro ed il rispetto dell’ambiente.
 
Oggi gli operai orientali non si accontentano più di un pugno di riso per lavorare, anzi, se glielo proponi, il pugno te lo tirano in un occhio; però è un dato di fatto che il complesso sistema occidentale di tutela delle maestranze, peraltro sempre in corso di miglioramento, non è di casa nei Paesi cosiddetti emergenti del B.R.I.C. (Brasile, Russia, India e Cina).
 
E lo stesso vale per il rispetto dell’ambiente, malgrado gli enormi passi in avanti proprio in questo campo del G8 L’Aquila 2009.
 
Gli stessi interventi straordinari dell’Amministrazione Obama sono stati all’insegna del “compra americano”: chi si sente di criticarli per questo alzi la mano.
 
Senza un realistico approfondimento su questo punto il dodecalogo di Tremonti rischia di restare un semplice elenco di buone intenzioni.

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