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Crisi: cambiare le regole del gioco

Dopo 20 anni di lezioni di “liberismo”, il cui principale argomento era che il “mercato” sistema tutto, tesi sostenuta anche da una sinistra abusiva, dove ogni possibile intervento statale era bollato di “statalismo” e schifato come la peste, è bello vedere questi signori chiedere denaro allo Stato con il cappello in mano, e il presidente degli USA decidere le regole industriali a cui si dovranno conformare le case automobilistiche se non vogliono fallire.

Da tempo sostengo una semplice tesi, che l’economia si deve attenere a regole dettate dalla politica, soprattutto nel campo della sostenibilità dei processi produttivi, nel riconvertire con le rinnovabili tutta la produzione di energia, nell’impostare una agricoltura autosufficiente e dimensionata per soddisfare i consumi interni di ogni nazione. Esattamente il contrario di ciò che ha fatto la globalizzazione guidata dalle compagnie multinazionali.

In questo periodo, in cui la crisi sistemica del capitalismo ha toccato tutti, e decide della vita di milioni di persone, ci dovremmo accorgere, una volta per tutte, che tutti dipendiamo dalla economia finanziaria ed industriale. Questo potere è il maggiore di tutti i poteri, e in questi anni si è configurato come dittatura assoluta del capitale che ha imposto deregulation, delocalizzazioni produttive, immigrazione di manodopera, distruzione di risorse con pesca industriale in acque internazionali, distruzione di foreste equatoriali, inquinamento in crescita, mito del consumismo e dell’eterno sviluppo.

Uscire da questa dittatura fallita significa pretendere che la politica, una buona politica, detti le regole del gioco. E non può essere che i responsabili di questo ciclo economico, Berlusconi compreso, siedano come niente fosse sulle poltrone del potere, suggerendo ai disoccupati di darsi da fare e alle ragazze di sposare un benestante.

Quando nel 1989 fallì il comunismo (che non era comunismo ma dittatura di una oligarchia di partito), fallì un sistema che aveva i granai vuoti e gli arsenali pieni e fu sostituito da un altro sistema. La prima cosa che fu tagliata, dopo il fallimento sovietico, furono le spese per gli armamenti e fu sciolto il Patto di Varsavia, e non si capisce perché l’America non chiuda le 900 basi militari che ha nel mondo, chiuda le basi Nato in Europa, e utilizzi questo denaro per dare una casa agli americani nelle tendopoli, un assegno a tutti i disoccupati, un servizio sanitario gratis per tutti, per finanziare la riconversione della produzione di energia con le rinnovabili fino alla totale autosufficienza.

Sento invece Obama parlare di “vittoria” in Afghanistan, di “terrorismo” proveniente dal Pakistan, di consiglieri militari, insomma del vecchio armamentario della destra Usa che non vuole rinunciare a dettare nel mondo le regole del gioco.

Leggo del colonnello americano Christopher Sage che propone che: nell’interesse del popolo americano, il 31° stormo di cacciabombardieri a capacità nucleare della base di Aviano (Pordenone) venga spostato in Polonia (ad alimentare ulteriormente la tensione con la Russia).

Affiderei il succitato colonnello alle cure di un comitato di disoccupati e senza casa americani, fino a fargli capire quale è il vero interesse del popolo americano.

Il G20 di Londra fallirà, le soluzioni globali non esistono più, tutti gli organismi di controllo sulla correttezza delle operazioni finanziarie sono screditati, cosi il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, ogni nazione dovrà risolvere da sola i problemi. Speriamo che un gruppo di stati europei, eccetto quelli al soldo degli Usa (Polonia, Inghilterra, Repubblica Ceca), cerchino una intesa che li porti ad integrarsi con la economia russa e quella del Medio Oriente, per fare di questa area un’area di PACE e da cui vengano respinte per sempre le prepotenze e le ingerenze Usa.

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