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Copenhagen: senza fare niente

Alla fine è stato trovato un accordo non vincolante in extremis, dopo giorni di litigi e discussioni inconcludenti e repressione poliziesca contro i manifestanti che fuori chiedevano ai politici di fare qualcosa. Ma è un’accordo praticamente inutile, stipulato soltanto per salvare la faccia dopo una notte di estenuanti negoziati, ed evitare di chiudere con un fallimento il vertice di Copenhagen sul cambiamento climatico.

La battaglia in realtà è ancora in corso, con le nazioni povere sul piede di guerra. In pratica dovrebbero essere approvati due trattati, uno che prolunga Kyoto per i paesi industrializzati che lo avevano firmato, l’altro per gli Usa che non lo avevano fatto e per i paesi in via di sviluppo che non avevano impegni. L’obiettivo è fermare l’aumento della temperatura a due gradi e rivedersi nel 2016 per decidere se è il caso di fermarlo a 1,5 gradi, visto che molti, tra cui i paesi poveri, ritengono che a 2 gradi la situazione potrebbe già essere compromessa. 
 
Il piccolo particolare che nessuno spiega è che la soglia dei 2 gradi potrebbe essere superata lo stesso, se non si limita molto la quantità di anidride carbonica immessa nell’atmosfera, ma per ora non è stato deciso niente in merito. I paesi ricchi dovrebbero tagliare l’80% delle emissioni entro il 2050 e i paesi in via di sviluppo del 50%. Ma Cina e Brasile non vogliono accettare questo vincolo a meno che i paesi ricchi non inizino a ridurre le loro emissioni del 25-40% entro il 2020. Ma in realtà gli impegni presi finora da Usa ed Europa prevedono soltanto il 14-18% in meno. Insomma per farla breve, nulla di concreto è stato deciso se non un generico "prima o poi taglieremo le emissioni" che non significa niente e l’impegno a restare entro i 2 gradi, ma senza dire come. Il problema è che secondo molti scienziati, anche se la notizia non circola molto, in assenza di una seria riduzione delle emissioni già entro il 2020 avremo comunque un aumento di 3 gradi della temperatura globale. Un valore che significa alluvioni, uragani e siccità in vaste zone del pianeta e molti altri effetti imprevedibili e disastrosi. 
 
Infatti ai paesi poveri sono stati promessi 10 miliardi di dollari l’anno fino al 2012 e un fondo che arriverà a 100 miliardi entro il 2020. Soldi non soltanto destinati a ridurre le emissioni, ma a riparare i danni dell’effetto serra. Danni che i paesi ricchi già sanno quantificare. Ma evidentemente i danni che altri subiranno prima di noi non sono un motivo sufficiente per prendere seri provvedimenti che richiederebbero una trasformazione radicale della nostra economia basata sullo spreco. 
 
Le associazioni ambientaliste ovviamente non sono affatto contente e quindi tutte le campagne continueranno per spingere i leader mondiali a firmare un vero accordo con veri vincoli nei prossimi mesi. Per ora si continua come negli ultimi decenni, a non fare niente per fermare l’inquinamento e la deforestazione, mentre il tempo utile diminuisce anche se in questi giorni, ironicamente, è scesa la neve su molte zone d’Europa. 

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