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Cina, rivolta Uiguri: altri 319 arresti

Mercoledì 29 luglio erano già stati annunciati 253 arresti e subito dopo la rivolta più di mille persone sono state rinchiuse in carcere.
Mentre le democrazie occidentali sostengono che grazie al dialogo politico e all’integrazione economica la Cina sarà gradualmente sospinta verso la democratizzazione.

E quindi, malgrado le riserve a fronte dello scarso rispetto per i diritti umani, o la preoccupazione per i surplus commerciali in ascesa e la crescente esibizione di potenza militare, l’Occidente persevera nella sua apertura verso Pechino.

Eppure, dopo tre decenni di costante e faticoso impegno, l’obiettivo occidentale di democratizzare lo Stato autocratico più grande del mondo resta inafferrabile.

Infatti, è di pochi giorni fa la notizia dell’arresto di 319 persone in relazione alla rivolta della minoranza musulmana degli uiguri, scoppiata a Urumqi, capitale della regione autonoma dello Xinjiang. Subito dopo la rivolta più di mille persone sono state rinchiuse in carcere.


Molti degli arrestati sono stati identificati e rintracciati grazie alle informazioni fornite dalla popolazione locale. Lo riferisce l’agenzia di stampa ufficiale cinese Xinhua.

Gli scontri etnici fra uiguri e cinesi Han, hanno causato almeno 197 morti e oltre mille feriti, almeno secondo i dati ufficiali.

Secondo gruppi uiguri in esilio i morti sono invece almeno 800, la maggioranza dei quali uiguri.

Attenti osservatori ritengono che l’incidente serve a Pechino per stabilire un maggiore controllo sul Paese e una maggiore coesione a pochi mesi dai festeggiamenti per i 60 anni della Repubblica popolare cinese.

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