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Caso Cosentino. "Nessuno tocchi la Casta"

Mercoledì 25 novembre la Giunta per le Autorizzazioni a Procedere della Camera dei Deputati, presieduta dall’on. Pierluigi Castagnetti, ha respinto la richiesta di arresto emessa dai magistrati della Procura di Napoli nei confronti del sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

I membri della Giunta per le Autorizzazioni della Camera hanno ribadito, con la loro decisione, l’intoccabilità di coloro che hanno avuto una legittimazione popolare, e che pertanto non possono essere soggetti alla stessa sorte dei comuni cittadini, nemmeno nel caso di evidenti e fondati capi di accusa da parte della magistratura inquirente.
 
Nulla di nuovo, non c’è stato nessun colpo di scena, anzi i parlamentari che dovevano giudicare un loro collega in base all’ordinanza di arresto emesso dai giudici napoletani hanno ritenuto, a maggioranza, di condividere l’esposizione del relatore Antonino Lo Presti, il quale ha ipoizzato un fumus persecutionis in senso oggettivo da parte dei magistrati partenopei nei confronti dello stesso Cosentino.
 
La relazione di Antonino Lo Presti (PDL) si basa su alcuni punti sui quali ci trova pienamente in disaccordo:
  • L’impianto accusatorio è confuso e farraginoso, impostato su evidenti incongruenze.
  • L’inchiesta nasce nel 2001 e le conclusioni fattuali risalgono al 2004. Ne deriva un chiaro indebolimento delle esigenze cautelari.
  •  Ridotta credibilità del pentito Gaetano Vassallo, il quale ha motivi di rancore personale nei confronti del Cosentino. E’ poi impreciso nella determinazione monetaria della somma di denaro che sarebbe stata ceduta al sottosegretario all’Economia. Vassallo prima parla di 50 mila euro e poi di 50 milioni di lire.
  • Non è dato comprendere quale tipo di appoggio elettorali le cosche casalesi abbiano fornito al Cosentino, il quale è sempre stato eletto in Campania con un sistema elettorale senza preferenze.
Maurizio Turco (PD) esprime dubbi sulla professionalità dei magistrati che hanno condotto l’inchiesta e si domanda se secondo costoro Cosentino debba essere considerato preminente rispetto al consorzio malavitoso o invece a questo sottoposto. Crede, infine, citando un’intervista al procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello di Napoli Vincenzo Galgano, che il reato di concorso esterno in associazione mafiosa sia un assurdo logico.
 
Per Maurizio Paniz (PDL) Nicola Cosentino è stato eletto dal popolo per svolgere una funzione parlamentare e di governo, e la situazione prospettata nell’ordinanza di arresto sovverte le esigenze della sovranità popolare. "Un eletto del popolo non può essere privato della sua funzione senza validi motivi che in questo caso mancano del tutto"
 
Fumus persecutionis e sovranità popolare sono termini che la politica, tutta, ci ha abituato e costretto ad ascoltare dall’epoca di Tangentopoli. Dopo anni di lotta, e della magistratura e della società civile, sono gli stessi termini, le stesse scuse, le stesse ipocrisie e la stessa retorica della Casta politica attuale, sia essa al governo o meno.
 
Il caso di Nicola Cosentino è un esempio lampante delle difficoltà che i giudici antimafia, siano essi campani piuttosto che calabresi, siciliani o milanesi, si trovano a dover affrontare quando si cerca di spezzare quella corda che tiene uniti gli interessi derivanti dalle collusioni mafiose.
 
Basta leggere i capi di accusa contenuti nell’ordinanza della Procura di Napoli per rendersi conto dell’intreccio politico/affaristico e malavitoso che permea ampie zone territoriali del Paese.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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