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Calabria industrializzata... grazie alle discariche e ai tumori

Calabria industrializzata. Non è uno slogan di partito, che promette un pesante sviluppo economico con la costruzione di nuove fabbriche e aziende. O di una delle tre compagini in lizza per le prossime elezioni regionali. E nemmeno un motto natalizio di questi giorni di festa.
 
Ma è l’allarme lanciato da Silvestro Greco, assessore regionale all’Ambiente. “Nella nostra regione oggi - ha dichiarato qualche giorno fa - esiste un numero spropositato di neoplasie tumorali pari ad un livello industriale quando noi non abbiamo un’industrializzazione che possa giustificare questi dati”. Greco, un tecnico prestato alla politica, alla fine la spara. La urla la sua preoccupazione. “Sono mille e cento le discariche illegali”. Bombe ad orologeria che non ti aspetti, sepolte da smottamenti, sfaldamenti, e da una vegetazione selvatica. Bombe che all’occorrenza ti piantonano un tumore allo stomaco, al cervello, e tu dici: “Ma perché? Come è potuto succedere? Ho vissuto una vita sana, non fumo neanche”. Possibile? Possibilissimo.
 
Cancro. Un verdetto inequivocabile. Vagli a spiegare che, magari, abitando vicino a una discarica, per 20 anni, senza accorgersene, ha accompagnato ogni respiro e ogni boccone con la diossina. Oppure potrebbe essere il caso di un salutista, attento anche a fare la raccolta differenziata dei rifiuti, ma che ha avuto la sfortuna di rifornirsi di carne di animali che si sono cibati di erba contaminata. La regione Calabria è quella che vanta, rispetto a molte altre, una vegetazione fiorente e invidiabile, spalmata su tutti e tre i rilievi della geografia: montagna, collina e spiaggia. Un territorio, invece, martoriato da rifiuti solidi urbani e tossici.
 
C’è un’indagine coordinata dal pubblico ministero della Procura di Catanzaro, Giuseppe Borelli, che sta cercando di fare luce su questa empasse. È in piena istruttoria. Stanno ridisegnando la pianta della Calabria marcando tutte le discariche. E su talune stanno guardando con una lente a raggi ultravioletti. I raggi ultravioletti sono i carotaggi sui cumuli di rifiuti vecchi di venti, trent’anni. Discariche illegali, mai autorizzate, ma utilizzate anche da Amministrazioni compiacenti.
 
Pochissime le notizie che sono trapelate fino a questo momento. Quello che è certo è che si lega al filone aperto da Luigi De Magistris alla fine degli anni ’90, “Artemide”, incentrata su un traffico illegale di sostanze tossiche provenienti dall’ex Pertusola Sud, e quello di Pierpaolo Bruni, “Black Mountains”, che ha portato al sequestro di 18 siti, tra cui anche scuole, in cui sono stati sotterrati rifiuti dall’ex fabbrica di zinco.
 
Un’indagine che ha due comuni denominatori: la natura e il cancro.
 
La natura defraudata. L’attenzione è rivolta a tutti i siti incriminati. Ma in particolar modo alle discariche di Gimigliano, di rifiuti urbani in località Marra, e mineraria, sempre nella stessa località, e alla cava “Silana mineraria” di Sorbo S. Basile. E non sembra escluso un occhio di riguardo, da parte della magistratura, anche alla diga del Melito, un’opera gigantesca, del valore di 259 milioni di euro, ossia cinquecento miliardi delle vecchie lire.
 
E le persone consumate dai tumori. Tumori che avrebbero dovuto essere censiti da una Commissione oncologica regionale esistente solo sulla carta. Che non riesce a svolgere la sua funzione. Il Greco, assessore regionale all’Ambiente, sembra uno straniero nell’ente intermedio calabrese. Anziché rivolgersi alla Commissione oncologica presieduta da Francesco Cognetti, parla alla stampa. Questo la dice lunga sul suo isolamento e sul suo potere decisionale per la faccenda delle discariche e sul vantaggio degli apporti scientifici della famigerata Commissione.
 
Un rete oncologica che manca in Calabria, così come denunciato dalla Commissione ministeriale d’inchiesta Silvana Riccio e Achille Serra già qualche anno fa. E la commissione oncologica, allora, che ci sta a fare? Nicchia. Non ha saputo nemmeno mettere su un registro tumori. E il Greco parla alla stampa. Forse la sua è una richiesta di aiuto alla stampa. Ma esiste una stampa in Calabria che sappia raccogliere il suo appello?
 
Incalza che la “Calabria sembra una regione industrializzata a causa delle discariche”. Già un medico oncologo indipendente aveva rilasciato qualche tempo fa dichiarazioni analoghe, Pasquale Montilla. Anche lui facente parte della Commissione oncologica appena insediatasi nel 2006. Ma non è durato molto. Alla Regione vanno bene quelli dello status quo. E Montilla non è uno di quelli a cui piace lo status quo. Ed è stato fatto fuori. Come hanno fatto fuori l’assessore regionale alla sanità di allora, Doris Lo Moro, cacciato da Agazio Loiero, secondo la sua versione, per aver “fermato alcuni pagamenti illegittimi pari a 200 milioni”.
 
In Calabria chi tocca la Sanità viene respinto per incompatibilità ambientale. Meglio non toccarla e lasciarla così com’è. E che continuino a morire i poveri cristi per arricchire le lobby affaristiche e mafiose. A loro conviene che ci si ammali e si muoia.

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.223) 5 gennaio 2010 13:44
    Renzo Riva

    Facile soluzione:

    DEINDUSTRIALIZZARE

    e per fare ciò dò la seguente ricetta:

    Non fornire più l’energia elettrica se non quella localmente prodotta alle regioni che non accettano la possibile installazione degli indispensabili siti nucleari.

    Le regioni a questo punto non potranno rivolgersi per le loro forniture elettriche a Paesi comunitari e extracomunitari che hanno l’elettronucleare perseguendo eventuali forme di triangolazioni delle forniture.

    Qualora poi le prodigiose fonti cosiddette rinnovabili, che a questo punto dovranno autofinanziarsi e non più essere incentivate a discapito delle finanze pubbliche, non ce la facessero a sostenere le necessità delle imprese basterà che queste delocalizzino dove l’energia sarà disponibile.

    Provvedano poi le regioni alle necessità della eventuale manodopera che sarà eventualmente espulsa da tali ristrutturazioni.

    Giustizia vuole che ognuno paghi il fio dei suoi errori fossero anche intere comunità.

    Non risponde al vero che i popoli non sono responsabili di cosa fa la sua classe dirigente.

    Questa è una storiella che va bene per le bacate menti sinistre.

    Mandi,

    Renzo Riva

    [email protected]

    349.3464656



    http://www.ilmovimento.eu/index.php?option=com_content&task=view&id=713&Itemid=82


    Tenetevi le pale, ma non rompete le “assonanti”      

    di Giorgio Prinzi

    L’improvvida modifica del Titolo V della Costituzione ha delegato alle Regioni competenze in materia di energia. La Sardegna, infatuatasi del costoso ed inefficiente eolico, chiede ora aiuti allo Stato per contenere il prezzo dell’energia. Intanto Alcoa di Portovesme e Fiat di Termini Imerese rischiano di chiudere.

    Secondo quanto riferito da un lancio dell’Ansa di Cagliari dello scorso 30 dicembre 2009, l’Alcoa, la multinazionale dell’alluminio con sede a Pittsburgh, in Pennsylvania (Usa), ha ribadito l’intenzione di chiudere dal prossimo giovedì 7 gennaio 2010 gli stabilimenti italiani se non gli verrà effettivamente  una tariffa energetica competitiva.

    L’amministratore delegato di Alcoa Italia, Giuseppe Toia, lo avrebbe comunicato ai sindacati in un incontro a Iglesias. Sarebbero a rischio oltre 2000 operai, indotto escluso, che lavorano negli impianti di Portovesme in Sardegna e Fusina in Veneto.

    L’Alcoa riscia di chiudere perché nella Sardegna "supereolificata" da Soru l’energia elettrica costa il 40% in più della media nazionale. Nonostante alcuni provvedimenti assistenzialisti di alcune settimane orsono, evidentemente solo virtuali e comunque insufficienti, il problema sembra permanere. L’Azienda chiederebbe una tariffa elettrica garantita di intorno ai 30 euro al megawattora.

    Non si è fatta attendere la replica del Presidente della Regione Sardegna che secondo un lancio da Cagliari dell’Adnkronos dello stesso giorno 30 dicembre si sarebbe detto meravigliato della presa di posizione dell’Alcoa in quanto sarebbe già in agenda un incontro al Ministero per lo Sviluppo Economico proprio per fare il punto della situazione. In questa prospettiva, la presa di posizione della multinazionale statunitense sembra un ultimatum: tariffa sicura garantita o si chiude!

    «Il Governo nazionale - avrebbe, secondo Adnkronos, affermato il Presidente Cappellacci - in ossequio agli impegni presi, ha posto in essere atti concreti, dimostrando una disponibilità che non lascia adito a dubbi e sulla quale ripongo gran parte delle mie speranze. Per arrivare al risultato cui aspiriamo, però, occorrono comportamenti responsabili e reciproci da parte di tutti».

    Ma sono proprio gli Amministratori locali a non avere comportamenti responsabili. Lo stesso Cappellacci, che pure è un esponente del Popolo della Libertà e quindi dovrebbe sostenere il rilancio del nucleare, si è pronunziato contro questa opzione, se non altro come indisponibilità ad ospitare centrali elettronucleari nella sua “ecologica” ed “supereoloficata” Sardegna.

     

     

    Sopra: un grafico dell’Enel che mostra la distribuzione in ore/anno dei venti in un sito tipico in Sardegna

     

    Sotto: l’andamento delle potenze erogate da una girante eolica in funzione della corrente aerea

     

     

     

    Dobbiamo finirla con l’idiozia delle cosiddette rinnovabili, costosissime, inefficienti e persino invalidanti il sistema elettrico. Il Governo ha sbagliato, anche se alla vigilia di una delicata tornata elettorale, a cedere alle pressioni di chi ne trae profitto e non tagliare le regalie di cui godono, ritirando uno specifico emendamento in Finanziaria.

    Solo la veloce ripartenza del nucleare e la cancellazione degli oneri spuri in bolletta derivanti dalle cosiddette rinnovabili può consentire il rilancio dell’economia.

    La gente deve capirlo e lo devono capire anche e soprattutto i politici (compresi i nostri), spesso solo ignoranti e demagoghi, che assecondano tutte le più assurde credenze popolari, come quelle ecoambientaliste sull’energia, perché altrimenti temono di perdere voti.

    Si dica chiaramente, quando si gettano soldi in questo genere di impianti ritenuti ecologici, che le conseguenze saranno di pagare l’energia molto, ma molto più cara della già cara da fonti fossili, e di chiudere le industrie a cominciare da quelle a maggiore intensità energetica.

    La Sardegna ha fatto le sue scelte e vi persiste rifiutando, nonostante il cambio di maggioranza, il nucleare. Anche la Sicilia, che ha deturpato con tante installazioni eoliche uno stupendo paesaggio con rischio dell’equilibrio idrogeologico (i basamenti per sorreggere gli eolomostri oltre a rendere indisponibile il terreno per futuri usi agrari o forestali, innescano pericolosi fenomeni di erosione a causa dei cosiddetti “moti filtranti”), lamenta una crisi industriale di settore. Come mai produrre le auto a Termini Imerese costa di più che in altre parti d’Italia? Forse che, come in Sardegna, il costo dell’energia elettrica è lievitato a seguito delle politiche a favore delle cosiddette rinnovabili? Pongo una domanda, non avendo analizzato la situazione siciliana, come ho fatto invece per quella sarda, quindi parlo solo in via ipotetica e per supposta analogia.

     

    Ore statistiche annue di utilizzo degli impianti eolici nelle varie regioni d’Italia.

     

    Si corre ora il rischio di chiudere industrie trainanti, ma energivore. Cosa vogliono costoro? Si assumano le responsabilità della loro demagogica ignoranza e si tengano le pale eoliche di cui sono tanto orgogliosi, ma non vengano ora battere cassa per i loro errori con il Governo nazionale, altrimenti andremo a fondo tutti. Si tengano le loro pale, ma non rompano agli altri le “assonanti”.

    Possibile che nessuno abbia il coraggio di cantarlo chiaramente in faccia a tutti costoro? Possibile che gli uffici ministeriali “competenti” oltre che da “fannulloni”, su cui tanto pontifica il ministro Brunetta, siano anche infestati da ignoranti e incompetenti in materia?

    Che Silvio Berlusconi intervenga e, se necessario, cambi anche i ministri responsabili e gli acquiescenti portavoce dell’apparato!

    Giorgio Prinzi

    Roma: martedì 5 gennaio 2010

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