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C’è posta per noi: la rete e la politica

Le nuove frontiere della politica maturano nella pratica della rete ed emergono naturalmente mentre si dissolvono gli strumenti della politica del passato. 

Il nuovo anno si annuncia con un fenomeno che non potremo ignorare, e che sicuramente muterà la mappa politica e sociale del paese: la politica ci sta venendo a cercare. Mi sembra infatti ormai chiaro che si stia diffondendo anche in europa, e persino in Italia, la cosi detta sindrome di Obama, o Histoire d’O come l’abbiamo chiamato noi di mediasenzamediatori. Intendo per sindrome di Obama quel fenomeno per cui la politica si cambia a partire dagli interessi e dai ceti sociali che si vogliono rappresentare, o che si vogliono auto rappresentare.
 
Intanto cerchiamo di chiarire i termini della riflessione che vi propongo.
 
Da partito liquido a sistema liquefatto.
 
Le infrastrutture della politica analogica si stanno disfacendo. I segnali sono ormai sempre più inequivocabili. I partiti devono rifugiarsi nel populismo per mantenere un legame con la società. Berlusconi lo ha capito, diciamo percepito, probabilmente prima degli altri e ha costituito il suo impero mediatico nella propria infrastruttura populista. La sinistra vaga invece alla ricerca di un’impossibile ricetta per far sopravvivere la sua vecchia armatura sociale - le sezioni, l’apparato partitico, il legame militante - anche a costo di mutare periodicamente identità e indirizzo. Ma se al vertice il simulacro di partito ancora si riesce a simulare, in periferia ormai siamo alla costellazione di clan elettorali. Mi ha colpito molto la decisione del vertice del PD di affidare, in vista delle prossime elezioni regionali, a personaggi carismatici ma esterni alla gerarchia interna (Boccia in Puglia, Zingaretti a Roma) un mandato esplorativo per definire una candidatura condivisa per la presidenza della Regione. Si tratta di un atto che ratifica la scomparsa del ruolo del sistema-partito, così come lo abbiamo conosciuto nei decenni passati. Infatti cosa deve fare un partito a livello territoriale se non compiere continue esplorazioni per capire quanto ogni proposta o progetto possa raccogliere il consenso necessario a trasformarlo in azione? Scavalcare le istanze regionali, per assegnare a personaggi collaterali, per quanto prestigiosi, il ruolo di verificare l’adeguatezza di una candidatura, signific, appunto, ratificare che la nomenclatura locale non ha ormai alcuna funzione se non quella di autoeleggersi.
 
Lo squagliamento territoriale di una macchina come appunto il partito tradizionale, fenomeno che il polo Berlusconiano aveva già anticipato e ricomposto nel suo modello di partito personale che è appunto il PDL, ci rimanda alla necessità di trovare altre vie per dare sbocco all’insopprimibile ansia di autogoverno che affiora dalla società
 
Le smart mobs della politica.
 
Da qualche tempo stanno manifestandosi nuove forme di organizzazione e di auto affermazione nella politica nazionale. Il contesto è prevalentemente quello dell’opposizione, dove, tradizionalmente, serpeggia il disagio maggiore, ma anche la maggioranza (vedi Fini) ha le sue vibrazioni. Il primo spettacolare esempio a cui mi rifaccio è ovviamente la manifestazione viola del 5 dicembre scorso, il così detto No B Day. Si trattò di un’iniziativa che prese corpo e forma proprio da un tam tam sulla rete. Ma il fenomeno non si è arrestato lì. La costruzione della candidatura di Loretta Napoleoni, l’economista che si sta affacciando sulla scena elettorale del Lazio dopo un plebiscito online, ci fa intendere che siamo solo all’inizio della nuova storia. Come al solito la politica non contempla vuoti, e quando declina una cultura subito se ne afferma un’altra. 
 
L’anedottica anche in chiave internazionale mi sembra vasta e convergente. La matrice di una nuova politica digitale rimane ovviamente l’elezione di Barack Obama alla presidenza degli Usa. Di quello abbiamo scritto molto e rimando al libro Obama.Net: new media, new politics? Libro che abbiamo scritto insieme ai ragazzi della cattedra di Teoria e tecnica dei nuovi Media di Perugia. Il dato di quella straordinaria affermazione, lo ripeto per l’ennesima volta, non è tanto il fatto che la rete sia stata usata come scorciatoia per parlare ad un numero maggiore di elettori, ma che la comunità online sia stata assunta come ceto sociale come area culturale e politica con una propria omogeneità e integrazione di interessi, da rappresentare.
 
In Inghilterra e in Francia si sta assistendo ad un primo surriscaldamento della blogosfera che sta cominciando ad intromettersi nelle vicende del partito laburista inglese, in chiara crisi di leadership, e del partito socialista francese, completamente allo sbando.
 
In Svezia poi siamo già alla gemmazione di un vero partito - il Pirate Party - da un sito perseguitato per la sua attività di files sharing
 
Ma accanto alle schermaglie più squisitamente politiche ci sono altri fenomeni che ci fanno intendere che la mutazione è in corso. Il principale è quello che ha investito il sistema dell’informazione. I dati sono sotto gli occhi di tutti: il modello industriale della carta stampata, ma più in generale del sistema di produzione delle news, anche nella versione Tv, è oggi del tutto obsolescente.
 
I giornali in tutto il mondo, a cominciare dal mercato di riferimento negli USA, stanno morendo come mosche, e quelli che sopravvivono lo fanno a costo di durissime ristrutturazioni . Sono almeno 240 i quotidiani chiusi in America. Settecento saranno entro la primavera i giornalisti italiani espulsi dai giornali più grandi. Rai e Mediaset sono invischiate in gravi problemi di equilibrio economico. Insomma il sistema di mediazione del consenso fa acqua.
 
Si verifica la tipica forbice a perdere dei settori maturi: i vecchi clienti smettono di usarli ed i nuovi non entrano nel mercato. Si tratta di un fenomeno che ha molto a che fare con la meccanica politica. Infatti la disaffezione del pubblico verso i propri giornali è figlia di una trasformazione, socio-tecno-antropologica, che modifica radicalmente ruoli e funzioni nella filiera di creazione e distribuzione della notizia, così come in quella dei servizi e della ricchezza.
 
Il motore principale di questa trasformazione, a mio parere, è quel colossale processo di individualizzazione delle relazioni umani conseguente al disfacimento del modello produttivo e di consumo di massa, indotto dal fordismo. Strumento e linguaggio di questo processo è la centralità della rete, e la declinazione, in termini di networking, di ogni nuovo segmento relazionale che collega ogni individuo all’altro. Se adottiamo questa lente di ingrandimento, tutto quello che accade ci sembra chiaro, razionale e anche decisamente promettente. Ovviamente a condizione di non rimanere abbarbicati alla nostalgia di un passato che non solo, come dice la parola stessa, non c’è più, ma che non lascia nulla di buono e di confortante da ricordare, come l’intensità dei conflitti sociali e internazionali del secolo scorso dimostra. 
 
E’ evidente che l’individualizzazione stia riconfigurando ogni forma e contenuto del sistema sociale: l’informazione sta diventando quella cosa che Manuel Castells definisce auto comunicazione di massa; il consumo sta riarticolandosi in una sequenza infinita di negozialità fra produttore e consumatore; il sapere è sempre più, come aveva intuito Roland Barthes “un insieme di citazioni”; le identità stanno assumendo geometrie variabili, dove il locale è strettamente funzionale al globale, in una crescente dialettica competitiva; e la politica comincia ad essere ora investita dalla killer wave che ne scompagina gerarchie, primati e tradizioni. 
 
Del resto sarebbe stato davvero strano se così non si fosse dimostrato. Voleva dire che ad esempio, le straordinarie intuizioni socio-filosofiche di Carlo Marx - quella sua magica lettura dei processi sociali come origine e mandanti dei comportamenti umani - era del tutto illusoria o fallace. Siccome, lo confesso, rimango un marxiano tenace, credo che il nostro scorbutico e irrascibile Carletto rappresenti ancora oggi un navigatore ineccepibile per aggirarsi nei meandri delle trasformazioni sociali, e comprendere che la tecnologia è sempre una conseguenza e mai la causa, e che l’origine di tutto rimane il modello di produzione (Attenzione ai rapporti di produzione compagni! Ricordava Bertold Brecht negli anni ’20 ai socialdemocratici tedeschi che non spaccavano il capello sulle citazioni ideologiche).
 
E’ infatti proprio la scomposizione del lavoro in infinite nicchie semi artigianali - dove il rapporto fra produttore e prodotto è più diretto e autonomo - con tutto il carico di precariato e di sfruttamento che comunque anche questa formula contiene, che induce l’individuo a ricercare altrove i suoi collanti sociali e umani. Come spiegare il rapporto fra ognuno di noi con il nostro computer, o con la nostra sezione di social network, o con il blog e il forum con cui ci confrontiamo, se non che attraverso queste intermediazioni virtuali, ci convinciamo di dipendere di meno da vincoli materiali, di essere meno gerarchicamente sottoposti, di poter persino ambire a concorrere alla formazione del senso comune? 
 
Ora , credo, tutto questo si sta depositando in una forma di coscienza collettiva e sta producendo una nuova forma di iniziativa politica. Certo i tempi saranno ancora progressivi, ci sarà una processualità del fenomeno, ma, ed è questo forse che merita di essere oggi discusso, la tendenza mi sembra inequivocabile: siamo nel pieno della transizione alla società in rete. 
 
Se ci convinciamo che questo è più o meno l’orizzonte, il passo successivo, ed era qui che volevo arrivare, ci porterà a considerare che le nuove forme di politica a rete, di networking della partecipazione, saranno più pervasive e invasive delle precedenti, non meno. Credo infatti che l’accesso diretto a luoghi e sedi di confronto e di condivisioni di soluzioni, o di candidature, rimuoverà gli ostacoli materiali che hanno limitato la partecipazione politica.
 
E di conseguenza, ognuno, soprattutto se già predisposto, ossia già digitalmente connesso e attivo in comunità, si dovrà porre il problema di come essere parte del fenomeno, di quale soluzione condividere, di quale proposta essere sostenitore o promotore. La politica al tempo della rete non ci lascierà in disparte. Ci verrà a cercare. E non avremo più l’alibi di staccarci dal branco dicendo che loro non capiscono, che la politica vera è un’altra. Se anche in Italia si farà come ha fatto Obama noi che faremo?
 
Io credo che non potremo non essere parte, se non addirittura avanguardie, del processo di digitalizzazione delle relazione, un processo che non sarà deterministicamente tutto pianificato, anzi, sarà il luogo del conflitto moderno, dove si tenterà di dare uno sbocco e una modalità diversa alle nuove forme di partecipazione. Il primo impegno per chi, come mediasenzamediatori.org, o ancora più in grande AgoraVox.it, è già parte di un brusio dialettico, di un’attivizzazione nella blogosfera, sarà quello di concorrere a dare un carattere sempre più aperto e democratico alla nuova politica a rete.
 
Bisogna avere un’idea, un modello, un sistema per cui impegnarsi e lottare. Imporre discussioni e decisioni sul modo di discutere e decidere. Il popolo della rete deve parlare della rete. Ma non in termini autoreferenziali, in tecnicismi che abbondano nei blog, ma in termini politici.
 
Cosa si chiede per dare spazio alla rete? Come si costruisce una vertenza banda larga? Come si difende l’autonomia delle presenze on line? Su questi temi bisogna costruire proposte e obbiettivi politici, da proporre alle istituzioni e ai candidati.  Bisogna avere una piattaforma, un programma. Bisogna essere una lobby vera.
 
Poi bisogna cominciare ad avere un orientamento su quanto accade nel mondo. A partire dalla nostra identità di professionisti della rete, e non di chi usa la rete solo strumentalmente, ma che si riconosce nelle precedenti identità ideologiche o partitiche. Le comunità devono sporcarsi le mani su quanto accade attorno a noi. Sui fatti di Rosarno, in Calabria cosa diciamo? E sulla proposta di riduzione delle aliquote fiscali cosa vogliamo? Insomma come possiamo far contare il nostro essere networking?
 
Pensiamo ad esempio alle scadenze più vicine: se dovesse davvero innestarsi una consultazione in rete su una candidatura per le regionali potremo non esserne parte? E se non dovesse accadere, potremo far finta di nulla. E’ oggi un obbiettivo discriminante costruire una candidatura in rete, che parli al popolo dell’innovazione e dei saperi? Anche a costo di stravolgere tatticismi e furbizie che, al momento, potrebbero persino tamponare la falla e strappare striminzite vittorie? Sono domande queste che si porranno in maniera sempre più incalzante, che non lasceranno spazio per chi esorcizza o sublima il momento di un’impegno politico concreto.
 
Un ultima questione: è davvero un cambiamento iniziare la discussione in rete dai nomi? Insomma davvero la novità è l’uso di una nuova tecnica, come il web, per vecchi referendum come quelli sulle candidature. O il linguaggio della rete non è piuttosto cadenzato dai contenuti, da schieramenti mutevoli, da diverse geometrie legate ad interessi concreti da affrontare e approfondire nel network di appartenenza? Io credo che sia ormai venuto il tempo per dare risposta a queste domande, ed ognuno scoprirà che la rete non è un pranzo di gala, dove si può cazzeggiare gratuitamente. Chi c’è deve esprimersi e partecipare. Questo è il vero costo della rete. Se la politica verrà a cercarci dovremo farci trovare preparati. Potrebbe poi non ripassare. Cominciamo?

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.114) 13 gennaio 2010 12:20
    Damiano Mazzotti

    Ben detto... Il futuro è già qui e ci sta aspettando... Ma molti mancano all’appello...

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.3) 13 gennaio 2010 19:20
    Rocco Pellegrini

     Proprio nel giorno in cui tu Michele poni all’attenzione della comunità di Agoravox.it questa riflessione sulla politica e la rete la notizia del giorno e forse, anzi sicuramente, del periodo è lo scontro tra Google ed il governo cinese. Che c’entra, potrà dire qualcuno? C’entra c’entra, eccome.

     Un punto essenziale del tuo ragionamento va sotto il nome di "Le smart mobs della politica".
     Bene quale smart mob più significativa di questa? Una società privata che della rete è uno dei più grandi pionieri attacca il governo cinese che, abituato a cazziare tutto e tutti, risponde con straordinaria prudenza e moderazione. Come mai succede una cosa del genere?
     La rete pullula di risposte e tante colgono qui e li aspetti essenziali di questa incredibile vicenda. Ma una in particolare di Jeff Jarvis mi ha colpito perchè parla proprio della nascita di un potere enorme che comincia a contrapporsi addirittura agli Stati reclamando le conseguenze necessarie ed essenziali del vivere in rete. Il processo di formazione della noosfera, nient’altro essendo il networking, ha delle sue leggi implicite e ferree di cui ancora poco si capisce ma che si imporranno con forza, naturalmente ed automaticamente come la gioventù si impone nella crescita di un individuo.
     Condivido, dunque, il tuo ragionamento e penso che presto individueremo anche canali di generalizzazione dell’attività di rete che oggi non appaiono facilmente visibili. 
     Damiano dice "molti mancano all’appello ma non è questo il problema. La gente arriverà quando la pratica della rete si sarà consolidata e sarà stata domata, per così dire, l’emozione iniziale. Quando si intuisce non librescamente ma praticamente quanto e come cambia la prospettiva, produttiva, culturale e politica dallo "stare in rete" allora c si muove e questo avverrà, prima o poi.
     Non sembra, lo so, ma la realtà è, caro Michele, che la risposta alla tura domanda finale è: Abbiamo già cominciato....
  • Di Gianni Galdi (---.---.---.249) 13 gennaio 2010 20:21
    Gianni Galdi

    Quando il prof. E. R. Caianiello, 36 anni fa, nell’anno accademico 1972/73, nella sua prolusione al primo corso di Cibernetica presso l’Università di Salerno, cominiciò a parlare di Romolo Augustolo, molti si guardarono perplessi.

    Il prof. Caianiello ci raccontò che: "quando cadde Romolo Augustolo, nel 476, probabilmente nessuno si accorse che l’Impero Romano era finito per sempre". Solo la prospettiva storica avrebbe poi collocato il quel momento l’inizio del Medio Evo. Allo stesso modo, ci disse, voi non vi rendete oggi conto che le tecnologie dell’informazione ci hanno portato in una nuova epoca, che gli storici del futuro faranno partire da una data precisa.

    Michele Mezza, con la sua sensibilità, ci avverte dei sintomi di una svolta già avvenuta che è irreversibile ed inesorabile come tutte le svolte storiche. Dobbiamo solo raggiungere nella nostra mente la consapevolezza che "le nuove forme di politica a rete, di networking della partecipazione" hanno un potere innovativo eccezionale, Il passaggio dalla cooptazione-per-fedeltà, metodo attuale di selezione della classe politica, alla selezione per sintesi di intelligenze è non solo necessario, ma anche possibile.

    Cominciamo. Anche perché quella politica che vediamo liquefarsi non verrà a cercarci: non è in grado di percepire il cambiamento, piuttosto ne sarà travolta.

  • Di Grazia Gaspari (---.---.---.3) 13 gennaio 2010 20:23
    Grazia Gaspari

    Condivido ciò che dice Rocco, la notizia dello scontro Google governo cinese la dice lunga su come il mondo stia cambiando sotto i nostri occhi, spesso senza che noi stessi ce ne accorgiamo. 

    Nella nostra piccola comunità di Facebook abbiamo in un certo senso fatto le primarie per quanto riguarda il Lazio e già ci siamo espressi. Parliamo spesso di politica, ma anche di letteratura, cultura, fatti della vita quotidiana di ogni giorno. Creiamo anche spazi di gioco, il cosiddetto "cazzeggio", ma anche spazi di scrittura e piccoli concorsi letterari. Insomma siamo una comunità a tutti gli effetti. Litighiamo e ci riappacifichiamo. 

    Ora stiamo anche organizzando per il 16 del mese in corso, la prima manifestazione virtuale contro la xenofobia e il razzismo!

    Certo siamo agli albori e hai ragione: Michele, la fase è processuale. Dovremmo trovare canali e piattaforme di interconessione, di dialogo e di confronto, ma non è facile. Come sempre ogni processo ha bisogno oltre che dei suoi profeti, dei suoi animatori, conduttori, chiamali come vuoi. Il nostro vive infatti grazie all’intelligenza e alla vivacità di alcune persone (nel nostro caso: Filippo Cusumano e Onofrio Pirrotta). Sono loro che ci chiamano alla riflessione e alla partecipazione quasi quotidiana con note e messaggi. 

    Questo è il mio gruppo, ma ce ne sono molti in rete. SI SIAMO SOLO ALL’INIZIO MA CI SIAMO. Sta nascendo il popolo della Rete, l’underground è virtuale, ma non un fantasma. Google docet 

    E poi ha una qualità incomparabile: tutto accade in tempo reale
  • Di Grazia Gaspari (---.---.---.3) 13 gennaio 2010 20:42
    Grazia Gaspari

    Condivido anche il commento di Gianni Galdi. Giusto ciò che dice: "Cominciamo. Anche perché quella politica che vediamo liquefarsi non verrà a cercarci: non è in grado di percepire il cambiamento, piuttosto ne sarà travolta"

  • Di (---.---.---.191) 14 gennaio 2010 22:23

    facciamo esempio sugli svedesi: Pirate Party.


    Negroponte e Mezza, Beh.. Non sarà mica un caso che i due articoli escono praticamente uno dopo l’altro. A me è bastato un semplice Ctrl C - Ctrl V per creare un ipertesto... E’ tutto qui! 
    E’ questa la potenza di cui si parla. Il processo è in atto. Facebook è stato lo strumento che ha svecchiato un po’ la popolazione che pensava "verticale" (da TV a Utente...), Nonni, zii e parenti adesso me li ritrovo li a vedere ... condividere diventare Fans di qualcosa o qualcuno. 
    Si impara ad usare il Mouse.... E forse, come si diceva poco tempo fa in una riunione di redazione Agoravox, quando gli sponsor lo capiranno del tutto, in ITALIA, il processo sarà inarrestabile! 
    Saluto Michele e Rocco.
     
    • Di riccardo specchia (---.---.---.191) 14 gennaio 2010 22:27
      Riccardo Specchia

      facciamo esempio sugli svedesi: Pirate Party.


      Negroponte e Mezza, Beh.. Non sarà mica un caso che i due articoli escono praticamente uno dopo l’altro. A me è bastato un semplice Ctrl C - Ctrl V per creare un ipertesto... E’ tutto qui! 
      E’ questa la potenza di cui si parla. Il processo è in atto. Facebook è stato lo strumento che ha svecchiato un po’ la popolazione che pensava "verticale" (da TV a Utente...), Nonni, zii e parenti adesso me li ritrovo li a vedere ... condividere diventare Fans di qualcosa o qualcuno. 
      Si impara ad usare il Mouse.... E forse, come si diceva poco tempo fa in una riunione di redazione Agoravox, quando gli sponsor lo capiranno del tutto, in ITALIA, il processo sarà inarrestabile! 
      Saluto Michele e Rocco.
       (dimenticavo di firmarmi ... 
      Riccardo Specchia).

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