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Brunetta e il bamboccione italiano

In merito alla decisione del giudice di obbligare un genitore a mantenere la figlia fino a che essa non diventi autosufficente, perciò anche in età adulta - decisione convalidata da un secondo giudice dopo che il genitore aveva interrotto i pagamenti alla figlia adducendo come motivo il fatto che la figlia non si decideva a laurearsi, frequenta l’università ed è fuori corso da otto anni - il ministro Brunetta ha affermato la sua disapprovazione alla decisione del giudice proponendo, addirittura, una legge che obblighi i figli maggiorenni a lasciare la famiglia.

Secondo il ministro, che a sua volta a ammesso di essere stato un "bamboccione", la colpa del fenomeno è da attribuirsi a "un sistema e organizzazione sociale di cui devono fare il «mea culpa» i genitori" e ancora: i bamboccioni ci sono perché si danno garanzie solo ai padri, perché le università funzionano in un certo modo, perché i genitori si tengono i privilegi e scaricano i rischi sui figli. La colpa insomma è dei padri che hanno costruito questa società.

Innanzitutto, mettere il naso nei rapporti tra componenti di una famiglia è, di per sé, un grave errore, significa voler decidere del comportamento dei singoli anche dentro quel nucleo (famiglia) tanto decantato dalla civiltà cristiana, di cui l’attuale maggioranza si è fatta più volte carico, come nucleo base della civiltà da cui tutto deriva, significa annullare proprio il presupposto su cui si basa la stessa civiltà cristiana.

In secondo luogo, vorrei far presente al ministro che, se la colpa è dei genitori, dovrebbe lui stesso, anzi, dovrebbe essere il primo a fare il "mea culpa" dato che fa parte di "quei genitori", non limitarsi ad ammettere di essere, lui stesso, un bamboccione e proporre leggi assurde, ma analizzare meglio il problema.

Magari, se partisse dalla sua stessa esperienza, si potrebbe accorgere delle differenze fondamentali che esistono tra i giovani d’oggi e quelli degli anni sessanta e settanta e forse anche ottanta; differenze che non sono tanto "ideologiche, ma sostanziali quanto pratiche, concrete.

Se negli anni della nostra gioventù si poteva trovare lavoro, e sempre a tempo indeterminato - bastava chiedere, io personalmente ne ho cambiati 5 - senza problemi, oggi, grazie al nuovo corso iniziato con la "seconda repubblica", trovare lavoro è diventato un problema serio, serissimo, quasi impossibile. Con l’introduzione del contratto a termine, molti giovani hanno perso la sicurezza sul futuro, quella sicurezza economica che a permesso a noi di programmare la nostra vita e, di conseguenza, investire sulla famiglia permettendoci di renderci indipendenti.

Inoltre, l’economia dei primi decenni dopo la seconda guerra mondiale era in espansione - il cosiddetto buum economico - mentre ora, l’economia, anche non considerando l’attuale crisi, sta attraversando, per diversi motivi - che vanno dall’entrata sul mercato di paesi come la Cina e l’India, lo spostamento della produzione in siti dove il costo del lavoro è più basso, il continuo sviluppo delle tecnologie - pur rimanendo "forte", non riesce più a dare lavoro alla massa.
Situazione, questa, che ha messo in difficoltà, in primo luogo, le nuove generazioni, cioè i giovani di cui parla il ministro.

I cosiddetti "bamboccioni" di oggi, non sono altro che il risultato della politica liberista del nuovo corso e non quello delle scelte dei genitori, come vuol far credere il ministro.

In un mondo dove tutto ha un valore economico, inclusi i beni di prima necessità come casa, cibo, vestiti ecc., per potersi rendere indipendenti, al di la delle capacità "casalinghe", ci vogliono i soldi e, purtroppo, sono proprio quello che manca.
 

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