• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Ambiente > Borneo: quelle palme che avvelenano l’aria. Lo rivela una ricerca made in (...)

Borneo: quelle palme che avvelenano l’aria. Lo rivela una ricerca made in Italy

Un recente studio sul campo condotto da un team internazionale di scienziati, tra cui ricercatori del Centro di Eccellenza CETEMPS dell’Università di L’Aquila, dimostra che le piantagioni di palma da olio non solo sono responsabili della deforestazione, ma emettono ossidi di azoto, che generano ozono, in quantità molto maggiori della foresta che hanno sostituito. Salva le Foreste pubblica un contributo di Piero Di Carlo, ricercatore del centro di Eccellenza CETEMPS dell’Università di L’Aquila e coautore dello studio.

ll Borneo, in Malesia, ospita una delle foreste più grandi al mondo. Proprio qui è in atto una inesorabile sostituzione di vegetazione forestale con piantagioni di palme per la produzione di olio. La produzione di olio di palma è cresciuta in maniera esponenziale, raggiungendo i 35 milioni di tonnellate e, nella sola Malesia le piantagioni di palme rappresentano il 13% del territorio mentre nel 1974 ricoprivano solo l’1%. L’aumento di queste piantagioni, ai danni delle foreste, sta avendo un nuovo impulso negli ultimi anni, da quando l’olio di palma è stato recentemente identificato come un biocarburante da poter affiancare al petrolio, sia perchè più economico sia perché considerato, erroneamente, più rispettoso dell’ambiente. 

 
Lo studio pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Science rivela come le palme da olio siano potenzialmente più inquinanti della vegetazione delle foreste che sostituiscono. I risultati sono frutto di una campagna di misure svolta durante l’estate 2007 nella foresta del Borneo, in cui per la prima volta, sono state effettuate misure di emissioni di composti in atmosfera sia in piena giungla che in un’area adiacente, trasformata in piantagione di palma da olio. 

 
La missione capitanata da Nick Hewitt dell’Università di Lancaster ha visto la partecipazione di altre otto università ed istituti di ricerca inglesi e statunitensi e, con uno strumento sviluppato nei propri laboratori per le misure di ossidi di azoto, di un team del Centro di Eccellenza CETEMPS dell’Università di L’Aquila diretto da Piero Di Carlo.
 
Le osservazioni dimostrano come le palme da olio emettano fino a quattro volte più composti volatili organici (VOC) della foresta e più ossidi di azoto. Questi composti sono gli elementi che formano, in atmosfera, l’ozono, il principale inquinante della bassa atmosfera sia per gli effetti sulle vie respiratorie che per quelli sulla vegetazione. Allo stato attuale i livelli di guardia dell’ozono non sono stati ancora superati, ma se non si interviene con una riduzione della deforestazione e un controllo delle emissioni di ossidi di azoto, in futuro vi potrebbero essere degli effetti deleteri non solo per la qualità dell’aria delle aree tropicali, ma anche su scala globale, poiché nei tropici i moti convettivi in atmosfera sono tra i piu’ efficaci e permettono il trasporto di composti emessi o prodotti localmente anche su larga scala. Questo lavoro è da considerare un "early warning", cioè un invito a prendere le dovute precauzioni prima che la sostituzione delle foreste tropicali con le piantagioni di palme da olio abbia effetti irreversibili sul nostro pianeta.
 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares