• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Berlusconismo internazionale: i partiti di forma e azione

Berlusconismo internazionale: i partiti di forma e azione

Da qualche giorno l’interessante, e in sé purtroppo il divertente, proviene dalle analisi di chi sta già guardando oltre, chi sta cercando già la cura al bacillo virale del berlusconismo. Il berlusconismo in quanto stupro di qualsiasi etica democratica e civile, come abuso della forma sulla sostanza, del palcoscenico sterile e remunerativo, dell’osmosi coercitiva tra interesse privato e politica. Sì: qualcuno scrive di metodi di disintossicazione post-papi, come se giustizia e lumi, infine, avessero già trionfato (quanto illuminismo..).

E allora, Casio in mano, reggetevi forte e incominciate a calcolare quante generazioni occorrono a sviscerare la radice infetta che ha corrotto la società italiana. Sa di buono: la fine di “tutto questo” sembra esserti ancora più vicina, quasi a poterla raccontare. E invece niente. La storia delle generazioni, tuttavia, resta: è tutt’altro che banale affrontare la cosa, e piuttosto riduttivo prenderla con la pinzetta nazionale.

Sì? Sì. E cioè a chi crede che al passaggio del santo la festa esaurisca io rammento: la statua votiva si muove, attraversa il paese, va a prendersi i petali di altri balconi. E allora lasciamo il nostro ridicolo paese alla contesa di chi dovrà accollarsi l’onere d’instaurare l’ennesima repubblica bufalina e puntiamo, analisi agli occhi, al di là del nostro stupido steccato. Non è pacifico, infatti, che gli altri paesi debbano essere biologicamente immuni da pseudoberlusconismi autogeni o indotti che siano: a riconoscere le nuove pesti si rischia il contagio prima d’aver stillato l’antidoto.

Da qualche parte su uno dei due emisferi una legge sui mezzi audiovisivi proposta dal Governo in questi giorni, in queste ore, proibisce a un gruppo editoriale di poter possedere un canale in chiaro e uno a pagamento (con uno share superiore al 35%) nella stessa provincia e possedere più di 10 licenze per le frequenze radiofoniche. In quel paese da qualche parte sul globo si potrebbe pensare alla cosa come un attacco frontale al maggior gruppo editoriale nazionale, che mai avremmo pensato essere discreto oppositore del governo in carica. Se non fosse effettivamente così: dunque controllo a tappeto, invio di 150 ispettori fiscali (che immaginiamo, al caso, certosini) e rischio chiusura in caso di inadempienze. Carte scoperte: il paese è l’Argentina, il mandante il governo Kirchner (e lobby a codazzo), il destinatario il gruppo Clarin, editore inviso alla Casa Rosada. E pare che a beneficiare di questa e altre leggicciole sarà un nuovo e più grande operatore. Sì, sì: lo stato.

Quindi? Intimidazioni e leggi ad hoc? Pare, una normativa “tagliata su misura per annientare il principale gruppo editoriale del Paese”. Capiamo: “Dei tre principali gruppi editoriali solo uno sarà privato, gli altri due pubblici. Tutto ciò ridisegna a uso e consumo del governo la mappa dei poteri mediatici”. A parlare così è il direttore del quotidiano Clarin, Ricardo Kirschbaum, in numerosi editoriali. Da tempo il governo di Buenos Aires offre a piene mani a imprenditori amici giornali e radio. Le cui redazioni vengono smostrate dal riassetto amministrativo che, a buon rendere, non lesina affatto licenziamenti di giornalisti critici o ostili al governo. Scenari inediti? E la plastica e il lustrino tipici del virus di cui sopra? Presto detto. Le tensioni all’ammicco mediatico, sarebbero avvalorate dalla condotta populista dell’esecutivo, furbo nell’aver deliberato sul calcio gratis, in diretta Tv, alla presenza della divinità locale (il noto Diego Armando Maradona). In uno scialacquio senza posa di fanatismo astorico (alla “Il miglior governo degli ultimi 150 anni”), nazionalismo da stadio e paragoni di dubbio gusto con la storia patria e i desaparecidos.

Del tipo “Non perdiamoli di vista”, e che possa valere anche per l’amico Zu. Eh? Zu Guttenberg: il divino rampollo della politica tedesca, il rampante quarantenne bavarese, la speranza dei democristiani teutonici, il sorriso, la battuta e lo sguardo ammiccante che da noi hanno fatto epoca, se non nazione. Ora più che in qualsiasi altra sventurata decade. Teniamolo d’occhio, dicevo: è già dato come politico più sexy di Germania, politico meglio vestito di Germania, politico con cui i tedeschi andrebbero volentieri in vacanza, secondo politico più apprezzato di Germania. Giusto: è ministro dell’Economia da febbraio. E piace a gggiovani o casalinghe dallo schermo tv fumante. Ad avvicinarlo alla nostra storia politica recente, lo si accosta alla Lega 96 – 98 da sagra della Bagnacauda e social-parlare, con brillante dentatura e sole in tasca di un Berlusconi alle prime antenne. Neanche fosse un rosso con la cacciaggione.

Tutti dentro, 2 (uno e mezzo, che dell’altro c’è la merce ma non ancora il prodotto finito – è dato per futuro e sicuro cancelliere) per tutti, per un grande sogno nel cuore d’ogni filodispotico, teledipendente o cerebralmente minusdotato: un mega-movimento transnazionale lucente e affarista, occhiolino col ferro in fondina, para-mafioso. Un partito di forma e azione, essenza nell’estetica e nel gesto egoistico dell’intascare il denaro e il consenso. E a fondarlo potrebbe pensarci Dell’Utri.
U’

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares