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Beffa Social Card: paga solo monaci e suore

Sembra incredibile, ma mentre scorre il tempo si scopre che ad avere diritto all’elemosina erogata attraverso la Social Card sono davvero in pochi. Il governo aveva predetto più di un milione di beneficiati, ma evidentemente i requisiti stanno falciando all’ingrosso la platea dei richiedenti. La Social Card è riservata solo agli anziani ultrasessantacinquenni con un reddito ISE fino a 6000 euro l’anno (8000 se ultrasettantenni) e alle famiglie con un bambino sotto i 3 anni e reddito ISE fino a 6000 euro l’anno. Ne consegue che le famiglie povere con bambini con più di tre anni, che per il ministero evidentemente smettono di mangiare compiuto il trentaseiesimo mese, sono tagliate fuori, così come sono esclusi i titolari di redditi ISE che hanno la sventura di coabitare con altri percettori di redditi, pur miserabili e tutti quei poveri che hanno meno di sessantacinque anni. Se si considera che in teoria non dovrebbero più esistere pensioni al di sotto dei 512 euro, il vecchio milione di lire, come da provvedimento del precedente governo Berlusconi, è chiaro che non si trovino troppi italiani elegibili al contributo.

Così fino ad oggi
hanno ricevuto la carta meno di trecentomila persone, su una platea stimata dal governo in un milione e trecentomila aventi diritto. Molti tra questi, tra l’altro, riceveranno la carta e non i soldi, poichè nelle more della burocrazia può succedere che la Social Card sia consegnata e successivamente il governo decida di non caricarla perché ha scoperto che il richiedente non integra i requisiti richiesti. A questi si aggiungono quelli che pur avendo i requisiti e pur ricevendo la Social Card a pieno titolo, perderanno la prima ricarica da centoventi euro perché la riceveranno quando ormai saranno trascorsi i termini per spenderli. Perché sono soldi che devono essere spesi in fretta.


Chi invece ce la fa senza problemi sono monaci e suore, che sono nullatenenti e privi di redditi, realizzando così il paradosso per il quale una misura in soccorso ai poveri si trasforma nell’ennesimo finanziamento alla chiesa. In ogni caso il senso dell’operazione sembra risolversi in una robusta spesa per lo stato senza alcun beneficio per i bisognosi, osservando i numeri imponenti dei richiedenti (alcuni milioni) e considerando il costo dell’evasione delle loro pratiche, è plausibile che alla fine si spenderà più in burocrazia che a botte di 40 euro al mese nelle Social card.




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