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Accusato di complicità nella strage di 27.900 ebrei: inizia il processo

Si è aperto quello che si presume essere uno degli ultimi grandi processi per i crimini nazisti: il presunto criminale di guerra John Demjanjuk, accusato di complicità nello sterminio di 27.900 ebrei in un campo di concentramento, ha 89 anni ed è stato condotto in aula su una barella per problemi di salute.

 
E’ cominciato oggi, il 30 novembre 2009, a Monaco di Baviera, il processo contro John Demjanjuk, ex guardia nel campo di concentramento di Sobibor, in Polonia. L’uomo, di origine ucraina, è accusato di aver preso parte all’uccisione di 27.900 ebrei nelle camere a gas durante la Seconda Guerra Mondiale. Il processo si protarrà per alcuni mesi, perché, a causa delle condizioni di salute dell’imputato (stando ad alcune fonti soffrirebbe di leucemia, secondo altre di tumore ai reni), le udienze non si potranno svolgere per più di tre ore al giorno, in due sessioni da un’ora e mezza l’una.
 
Demjanjuk è nato in Ucraina, e combatteva con l’Armata Rossa prima di essere catturato dai nazisti e da loro costretto a lavorare come guardia in un campo di concentramento. Nel 1951 è emigrato negli Stati Uniti, dove ha ottenuto la cittadinanza sette anni dopo, e dove ha per anni lavorato nell’industria dell’auto e si è costruito una famiglia. Dopo essere stato riconosciuto da alcuni sopravvissuti come l’aguzzino di Treblinka (in Polonia) nel 1977, nel 1986 gli Usa gli tolsero la cittadinanza e lo espulsero in Israele, che avviò un processo contro di lui, accusandolo di essere il misterioso "Ivan il terribile" e condannandolo a morte. La condanna venne poi revocata quando in base ad alcuni documenti si stabilì che non era lui, e da allora lo si accusa dell’uccisione degli ebrei a Sobibor.
 
L’ormai ottantanovenne ha sempre negato qualunque coinvolgimento con l’Olocausto, ammette di essere stato in altri campi di concentramento ma mai a Sobibor. Ma ora, dopo trent’anni di battaglie legali e ricorsi in appello, la legge tedesca ha spianato la strada verso il processo, e, se riconosciuto colpevole, Demjanjuk rischierebbe di passare il resto della sua vita in carcere.
 
La più importante prova d’accusa che verrà presentata alla corte consiste in una serie di documenti, tra cui un documento di identità dell’uomo, che dimostrerebbe che Demjanjuk fu una guardia a Sobibor a partire dal 27 marzo 1943. Il numero di uccisioni per il quale è accusato, 27.900, è stato calcolato in base al numero di ebrei uccisi in quel campo di sterminio nel periodo in cui l’imputato era una guardia. Molti dei prigionieri venivano immediatamente condotti a morire nelle camere a gas.
 
In un’aula gremita di persone (tra cui 220 giornalisti) John Demjanjuk è stato condotto su una barella (a causa delle sue condizioni di salute), ed era interamente coperto da un lenzuolo, ma gli esperti medici dicono che è fisicamente in grado di sostenere un processo. La famiglia ritiene invece che sia troppo debole, e il suo avvocato dice che soffre di continui dolori e non in tutti i momenti è presente.
 
Thomas Blatt, una delle parti civili, che si trovava nel campo di concentramento di Sobibor quando aveva quindici anni e la cui famiglia vi ha trovato la morte, spiega: "La giustizia richiede tempi lunghi. Non voglio vendicarmi su Demjanjuk. Dovrebbe dire la verità". Efraim Zuroff invece, direttore del centro Wiesenthal, che ha stilato la lista dei criminali di guerra ricercati alla cui testa si trova Demjanjuk, commenta: "Demjanjuk ha messo in scena una grande recita". E aggiunge: "Sarebbe dovuto andare a Hollywood, non a Sobibor".
 
Restiamo ora in attesa degli sviluppi di questo processo, e nel frattempo ricordiamo il più recente caso di processo nei confronti di un criminale di guerra nazista, nei cui confronti la giustizia tedesca ha dimostrato di saper agire duramente: Josef Scheungraber, di 90 anni, è stato condannato all’ergastolo dallo stesso tribunale di Monaco di Baviera l’11 agosto scorso, per aver ordinato la strage di Falzano di Cortona (d’Arezzo) il 27 giugno 1944, in cui persero la vita 14 civili italiani.
 
 

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