Tortura i clandestini. Quando la satira diventa realtà e i giornali non verificano
di Sergio Nazzaro e Francesco Piccinini.
Sulla home page di Corriere.it e di Repubblica.it campeggia un manifesto "fatto", secondo i giornalisti, da una della sezione della Lega Nord che avrebbe preso il logo del partito e messo sotto la frase: "Immigrati clandestini, torturali. È legittima difesa".
Il manifesto, è in realtà, una vecchia immagina di Mauro Biani, autore che AgoraVox ospita spesso sulle sue colonne. Ecco il link a Peacelink in cui nel 2004 prendeva in giro i manifesti elettorali dei vari partiti e creava la locandina che oggi desta tanto scandalo.
(Nota degli autori: l’articolo è stato stilato alle 17.00, nelle prossime ore, probabilmente, scatteranno le verifiche e la notizia verrà cambiata e incentrata sul gruppo e non sul manifesto).
Così nell’Italia dei paradossi la Lega utilizza uno slogan nato per deriderla mentre il sistema dei media lo trasforma in notizia, senza fermarsi a verificare. Questo succede quando si corre dietro la notizia e le dichiarazioni del segretario di turno.
Poiché la notizia diventa tale solo se è un politico a "lanciarla" - in questo caso Veltorni - che dichiara: "Stamattina aprendo Facebook ho visto un’e-mail inviatami da un’amica di Brescia - scrive l’ex segretario del Partito democratico - è la foto che la sezione di Mirano della Lega Nord usa come immagine di profilo. È un manifesto con il simbolo della Lega e sotto la scritta ’Immigrati clandestini, torturarli è legittima difesa. Io credo che questo sia inaccettabile - sottolinea Veltroni - È contrario ad ogni forma di civiltà, prima ancora che alla nostra storia e alla nostra tradizione di emigranti".
Ecco come parte il carrozzone mediatico: dalla denuncia di un ex-segretario. Nessuno che si prenda la briga di verificare, nessuno che scriva deridendo la Lega. Un partito fatto di uomini che non sanno neanche riconoscere la satira fatta contro di loro.
E’ la matassa delle polemiche, che invece di essere dipanata, viene ingarbugliata da dichiarazioni e denunce, come quella dell’Osservatorio Antiplagio, blog di vigilanza sulla tv e sui media, che ha inviato una lettera al Presidente della Camera, Gianfranco Fini, al Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, alla polizia postale e alla Guardia di Finanza per denunciare la vicenda.
Intervista con Mauro Biani di Sergio Nazzaro
Il manifesto della Lega è opera tua?
“Si è opera mia”.
Mi spieghi l’origine di quel manifesto e l’anno in cui è stato fatto?
“L’obiettivo era fare satira sulla cultura di guerra e violenza che pervadeva (e pervade) il sistema dei partiti. Con Carlo Gubitosa e l’associazione PeaceLink promuovemmo una azione di “plagio” creativo, pubblicando in rete le versioni modificate di manifesti elettorali pubblicati dagli schieramenti politici in lizza per le europee. L’obiettivo era la denuncia a tutto campo delle politiche di guerra dei due poli. Era maggio del 2004. Un progetto reale di altra comunicazione che voleva svelare la “violenza” della comunicazione politica e la sua assurdità. Un progetto contro le parole e gli slogan violenti”.
Quindi la Lega fa della propaganda razzista con le armi della satira, si deride da sola senza accorgersene o cosa sta succedendo?
“Secondo me banalmente lo hanno trovato su google images e acchiappato, probabilmente non sanno neanche la provenienza”.
Non è ancora più inquietante il fatto che basti che sia razzista lo slogan e venga adottato, quando in realtà era nata proprio per deridere certe posizioni così razziste?
“E’ inquietante il fatto che nel 2004 si sarebbe capito che era un paradosso e difatti nessuno della Lega lo ha mai utilizzato fino ad oggi, ed oggi è la seconda notizia di Repubblica.it, perché appare credibile e questo è allarmante, molto inquietante”.
La morte prima, la tortura adesso, sembra che qualcuno stia prendendo la pelle dei migranti come un terreno di allenamento
“Su questo non ci piove. Mi pare chiaro e manifesto senza tabù o pudori".
Domani di cosa parlerà la tua vignetta?
“Della Libia, andiamo a festeggiare, cin cin".
Da La Repubblica, "l’amaca" di Michele Serra del 2 giugno: "E’ già stato detto che questi sono tempi difficili per la satira. È un linguaggio che procede per paradossi. Ma la realtà italiana glieli brucia tutti, uno per uno. La surclassa. La anticipa. Leva il terreno sotto i piedi. Esempio. Nella mia rubrica di satira sull’Espresso, solo un paio di settimane fa, avevo immaginato il terzo matrimonio del nostro premier con una suonatrice di nacchere. Classica iperbole, vecchio ferro del mestiere, evidente forzatura per parodiare la realtà. Poi ieri, ascoltando un giornale radio, scopro che su uno dei voli di Stato destinati a trasportare l’entourage del premier pare ci fosse una ballerina di flamenco. Non so se sia anche suonatrice di nacchere (le due antiche e nobili discipline sono spesso contigue). Ma ci sono rimasto veramente male:nemmeno il tempo di allestire una piccola farsa di fantasia, e quella si avvera. A pensarci bene, gran parte del nostro percorso collettivo degli ultimi vent’anni è una catena di paradossi realizzati. «Stai a vedere che nomina ministro una velina». E la nomina. «Sarebbe capace di ricevere un capo di Stato vestito da nostromo», e lo riceve vestito da nostromo.«Gli manca solo una suonatrice di nacchere», e compare una ballerina di flamenco. Morale: è meglio non immaginare più niente. Come lo immagini, Berlusconi lo realizza. Evitare, soprattutto, di pronunciare la battuta «prima o poi si proclama Imperatore del Mondo»".
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