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Sattanino non protegge più i cassintegrati

Il mio primo ricordo relativo a Mariolina Sattanino è la parodia che ne faceva – nel lontano 1994 – Francesca Reggiani all’interno del programma Tunnel: giocando sul cognome, sulla sua aria perennemente accigliata e sulla sua spiccata sensibilità sociale, il personaggio esordiva con tormentone ricalcato sulle litanie liturgiche e recitato con tono funebre: «Sattanino protettrice dei cassaintegrati», recitava.
Mi ha fatto un certo effetto, quindi, il suo intervento nella puntata di Cominciamo Bene del 25 luglio. Qui la madonna delle lacrime della sinistra, soggetto dell'affettuosamente parodia dalla Reggiani è apparsa invece nelle vesti di sacerdotessa “lacrime & sangue” del pensiero unico.
 
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Esordisce interrompendo il segretario del Prc Ferrero, che ricordava il terrorismo esercitato dalla Merkel, dall’oligarchia europea e da gran parte della stampa “che conta”, che paventavano, o minacciavano, l’uscita della Grecia dall’euro in caso di vittoria di Syriza, affermando che fosse Syriza a voler uscire dall’euro e che ci sarebbero anche dichiarazioni in proposito.

 
A me risulta il contrario, come si può leggere ad esempio in un’Ansa intitolata Grecia: Tsipras, noi per euro ma austerity minaccia uscita (13/06/2012, 9:57). Se non sbaglio la questione della moneta unica è anche uno dei maggiori motivi di discordia tra Syriza e il Kke (il Partito Comunista Greco).
 
La Sattanino poi, pur sostenendo che la crisi sta causando sacrifici enormi per i cittadini «difficilmente conciliabili con i valori democratici europei», continua dicendo:

«E' chiaro che i problemi sono due uno è quello di risanare i bilanci degli stati perché al rigore non c’è molta alternativa. Nel senso che: chi ce li da i soldi a questi tassi? aumentiamo le tasse? Aumentiamo il debito pagandolo al 6%?»

Ancora il ricatto ideologico dell’assenza di alternative. Sfugge alla Sattanino il fatto che autorevoli economisti, tra i quali due premi Nobel come Krugman (2008) e Stiglitz (2001), abbiano ampiamente confutato questo dogma: l’austerità toglie ricchezza dalle tasche dei ceti medi e bassi, questo comprime la domanda e crea recessione e, se si crea recessione, si perdono posti di lavoro, chiudono attività, si riducono i salari, e quindi, la domanda cala ulteriormente e l’anello si chiude. Contando che diminuendo la ricchezza, diminuiscono anche le entrate non è neanche così sicuro che il debito pubblico diminuisca significativamente.

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L’alternativa potrebbe essere ovviamente una Banca Centrale che faccia da garante di ultima istanza e che compri i titoli di stato, abbassando i tassi di interesse, e quindi lo spread, riducendo il rischio di insolvenza. Ferrero infatti la interrompe facendo notare che la Bce presta a tassi di favore alle banche commerciali ma non agli stati

 
La giornalista Rai riprende poi la parola affermando:

«Agli italiani bisogna parlare chiaro e di dire delle parole di verità. La Germania si è ristrutturata nel 2002 con un governo socialdemocratico facendo riforma del mercato del lavoro, tagliandosi gli stipendi del 30%… era il malato d’Europa e non lo è più. Se l’Italia non cresce non è colpa della Germania o dello spread»

Evidentemente addita come modello per l’Italia e gli altri “Piigs” le riforme varate da Schroeder, che peraltro, a mandato concluso, trovò un bel posticino come consulente della banca d’investimento Rothschild. Peccato che stando ai dati Ocse i salari italiani siano i più bassi dell’Euro-zona e neanche i nostri compagni di sventura se la passino molto bene (4). La Sattanino vorrebbe comprimerli ulteriormente?
 
Se non sbaglio, inoltre, la Germania si è potuta permettere di comprimere in modo così radicale la domanda interna grazie alle massicce esportazioni interne alla zona euro, garantite dalla moneta unica che ha privilegiato enormemente le merci tedesche ai danni di quelle provenienti dall’Europa meridionale.
«Se l’Italia non cresce non è colpa della Germania». No, non solo. Anche di un’integrazione monetaria compiuta caninae mentulae modo; senza democrazia, senza prestatore di ultima istanza, appiattita sugli interessi della grande finanza e dei potentati industriali franco-tedeschi.
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