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Poste, l’appello del Movimento Lottiamo Insieme: «Serve una legge per frenare il precariato»

Il precariato in Poste Italiane: un sistema che sfrutta i giovani e nega il posto fisso, minando i diritti e il futuro dei lavoratori

Poste Italiane è il principale datore di lavoro del Paese, con circa 120mila dipendenti distribuiti capillarmente in tutta Italia. Pur ricoprendo un ruolo economico e sociale di vitale importanza, l’azienda ricorre ormai continuamente e sistematicamente all’assunzione di personale con contratti a termine della durata di 3 o 4 mesi. Anche in caso di eventuali proroghe, il rapporto di lavoro non supera mai l’anno, al fine di evitare una possibile trasformazione del contratto da tempo determinato a indeterminato.

Il precariato in Poste Italiane è sempre esistito, ma dopo il Jobs Act introdotto dal governo Renzi nel 2016, la situazione appare sensibilmente peggiorata. Con l’attuale quadro normativo, ogni anno decine di migliaia di giovani, vengono selezionati, formati e messi a lavorare come precari, svolgendo per brevi periodi attività di portalettere e addetti allo smistamento della posta, e poi scaricati nel limbo di una graduatoria che scorre a rilento.

Infatti, invece di assumere stabilmente attraverso lo scorrimento di questa graduatoria, l’azienda preferisce generare nuova precarietà, assumendo altri giovani che, illusi come i loro predecessori di poter ottenere il tanto agognato posto fisso trascorsi 12 mesi di servizio, alla fine andranno a infoltire le fila degli idonei alla stabilizzazione. Dal 2017 al 2023, il “metodo Poste” ha prodotto circa 90mila lavoratrici e lavoratori precari in nome del profitto.

L’azienda offre numerose opportunità occupazionali, spaziando dai servizi postali tradizionali al comparto finanziario e assicurativo. Nonostante questo tipo di diversificazione, l’intera quota di lavoro precario riguarda esclusivamente le posizioni di portalettere e addetti allo smistamento. Così facendo viene elusa a monte la normativa sul contratto a termine, volta a soddisfare esigenze temporanee e non permanenti. Senza precari il servizio postale universale collasserebbe.

Negli ultimi sette anni l’azienda ha effettuato 30mila nuove assunzioni a tempo indeterminato, delle quali solo 12.500 provengono dalla graduatoria formatasi, che oggi conta quasi 20mila ex dipendenti. Ciò significa che per la maggior parte dei precari il posto fisso resta un miraggio. I numeri indicano che a malapena un giovane su sette riesce a raggiungere una posizione lavorativa stabile in Poste Italiane.

E come spesso accade, al precariato si accompagna lo sfruttamento lavorativo. Con la speranza di vedersi prorogare il contratto e maturare punteggio utile ai fini della graduatoria, si è pronti ad accettare trattamenti disumani e degradanti. Se vogliamo costruire un’Italia più giusta, più equa e più inclusiva, serve assolutamente una legge per uscire da questo circolo vizioso di precarietà e riduzione dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

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