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Mare Nostrum: autorizzate nuove trivellazioni

Mare Nostrum: autorizzate nuove trivellazioni

Quanti italiani sono a conoscenza di quel che avviene nel mare nostrum?

Nel nostro Paese operano, attualmente, oltre 66 concessioni di estrazione petrolifera offshore con pozzi già attivi, sono in vigore 24 permessi di esplorazione offshore, soprattutto nel medio e basso Adriatico a largo di Abruzzo, Marche, Puglia e nel Canale di Sicilia. L’area delle esplorazioni supera gli 11.000 kmq. Lo scorso anno il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato delle mappe con le aree in cui si richiede l’autorizzazione per esplorazioni petrolifere. Le mappe dimostrano un forte incremento delle richieste di trivellazioni esplorative soprattutto al largo di Abruzzo, Marche, Puglia, Calabria, versante ionico e nel Canale di Sicilia. La superficie complessiva non è nota, ma si può stimare che sia almeno il doppio di quella in cui le ricerche sono già state autorizzate, perche gli italiani non vengono informati di queste operazioni?

Sappiamo che la qualità del petrolio italiano off-shore è di pessima qualità perché bituminoso con un alto grado di idrocarburi pesanti e ricco di zolfo, praticamente simile a quello albanese che non ha portato nessuna ricchezza al loro territorio, al massimo solo speculazioni.

Quello che al solito non viene detto è che il prodotto di scarto da petrolio bituminoso è il pericolosissimo idrogeno solforato (H2S) dagli effetti letali sulla salute umana, anche a piccole dosi. L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di non superare 0.005 parti per milione (ppm), mentre in Italia il limite massimo previsto dalla legge è pari a 30 ppm: ben 6000 volte di più. In mare addirittura non ci sono limiti previsti nel nostro Paese, come mancano normative mirate al controllo dei barili tossici ritrovati in mare, si ricorda il caso delle navi veleno?

In Italia, inoltre, le royalties (le royalty sono applicate in campo industriale per la remunerazione di diritti derivanti da brevetti che possono essere ceduti, dietro contratto, in licenza a terzi. Non esiste una regola fissa per la determinazione delle royalty in quanto derivano da pattuizioni contrattuali fra privati e possono assumere quindi numerosissime forme. ) dovute allo Stato per l’attività estrattiva sono tra le più basse al mondo pari al 4 per cento della quantità estratta. Annualmente i primi 300.000 barili di petrolio costituiscono poi titolo di franchigia gratuita. Ciò significa che sono oltre 800 i barili di petrolio gratis che ogni giorno andrebbero alle compagnie petrolifere. Greenpeace denuncia in uno studio che le attività esplorative oltre che da società multinazionali come Eni, Edison e Shell, potrebbero essere svolte da piccole imprese di piccola entità (anche con soli i 10.000 euro di capitale sociale) che, difficilmente, in caso di incidente disporrebbero di adeguati strumenti e risorse economiche necessario ad intervenire in caso di emergenza.

Il Mediterraneo, bacino di estrema fragilità biologica, è quotidianamente minacciato dall’eccessiva antropizzazione, dalla cementificazione delle coste, dalla pesca, soprattutto, dall’inquinamento. Il trasporto marittimo di petrolio greggio e l’aumento dell’attività estrattiva rappresentano uno dei principali e più preoccupanti rischi per il Mare Nostrum, sia per il forte rischio di incidente, con conseguente sversamento di prodotti oleosi e inquinanti in mare.

Il Mar Mediterraneo conta già la più alta percentuale di catrame pelagico al mondo pari a 38 milligrammi per metro cubo. Le compagnie petrolifere hanno poi bisogno di speciali «fluidi e fanghi perforanti» per portare in superficie i detriti perforati. Questi fanghi sono tossici e difficili da smaltire. Lasciano, infatti, tracce di cadmio, cromo, bario, arsenico, mercurio, piombo, zinco e rame: elementi pesanti nocivi e che si bioaccumulano nel pesce che mangiamo.

Le attività di perforazione e produzione di petrolio dal fondo marino contribuiscono per il 2 per cento all’inquinamento marino. Questo 2 per cento a sommato al 12 per cento dovuto agli incidenti nel trasporto marittimo, si aggiunge il 33 per cento del totale per operazioni sulle navi relative a carico e scarico, bunkeraggio, lavaggio, scarichi di acque di sentina o perdite sistematiche, che porta al 45 per cento l’apporto complessivo di inquinamento dovuto a perdita dalle navi.

Quali risorse tecniche e quali obblighi normativi sono stati predisposti dai Ministri interrogati per fronteggiare una possibile emergenza ambientale dovuta ad un incidentale fuoruscita di petrolio off-shore? Quali sono gli obblighi di tempestiva comunicazione alle Autorità civili per affrontare l’emergenza, stante anche la logica di profitto seguita dalla società BP nei comunicare in ritardo il disastro ambientale che si stava consumando nel Golfo del Messico? Quali sono gli intendimenti del Governo per far fronte alle crescenti richieste di esplorazione petrolifera nelle acque territoriali e nella zona economica esclusiva italiana nel bacino del Mediterraneo e se non si ritenga opportuno promuovere l’introduzione di una normativa ad hoc per la tutela della salute umana nelle attività di estrazione offshore e per la tutela della fauna marina nelle aree interessate al pompaggio di petrolio greggio?

Attendiamo risoluzioni tempestive e una adeguata campagna di informazione e sensibilizzazione.

Questo in considerazione del fatto che nelle aree a ridosso del ritrovamento di rifiuti tossici, sotto forma di barili rinvenuti sul fondo marino o ’’ nascosti ’’ sotto costruzioni pubbliche o lungo gli argini di qualche fiume o lago i casi di neoplasie, cancri alla tiroide o al seno o ai polmoni hanno la più alta incidenza anche tra i giovani, rispetto alla popolazione residente in altre aree.

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