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(In)ter(per)culturando: analisi-confronto attorno a ‘Milano muta’ (A.Ferrari) e ‘La metropoli stanca’ (F.Gallone)- ultima parte

’Milano muta’ e ’La metropoli stanca’ (prima parte del pezzo, link tra le fonti - n.d.r) sono stati pubblicati dalla casa editrice milanese Eclissi, nata nel 2006. Nello specifico, la collana ‘I dingo’ si occupa di “letteratura gialla’ e nasce per:
 
“Il rispetto per il giallo classico tradizionale - dal giallo psicologico, al noir, al poliziesco vecchia maniera – soggetto a regole e attento alle ambientazioni, agli intrecci, alla definizione dei personaggi cercherà di venire a patti con il gusto per la ricerca del nuovo, dell’inusuale, del diverso, con la sperimentazione sia strutturale e linguistica che tematica, senza rifiutare il coinvolgimento nelle problematiche contemporanee e con l’impegno, ove possibile, di dire “altro” dal genere”.
(estratto dal sito dell’editore)
 
Dunque si tratta di romanzi classificati tra le maglie larghe dei ’gialli’. E, in effetti, ci sono ‘morti’, ‘indagini’ di vario tipo e maniera, ci sono ‘colpevoli’ da cercare, c’è ‘chi indaga’ sebbene entro modi e maniere non del tutto conformi al tradizionalismo del genere. Proprio tra queste non-conformità vorrei ‘indagare’.
 
Ma i vostri romanzi, che ‘gialli’ sono? Quali venature specifiche o, eventualmente, quali differenze hanno con il genere in senso ampio?
 
[A.F.] Amo definire i miei romanzi dei grigi milanesi, perché mi stacco dal noir/giallo classico reinterpretandone e ribaltandone tutti i cliché. Il mio detective privato infatti, contrariamente a tutti i suoi colleghi di carta non fuma, è astemio e va a letto presto la sera quando gli è possibile. Non ha un’intensa vita sessuale e non fa uso di droghe. Ha solo un paio di vizi: Il caffè americano e la marmellata di fragole. Altra caratteristica delle mie storie è che Brandelli non si occupa di indagini di omicidio parallele a quelle delle forze dell’ordine, al contrario segue principalmente casi di corna o di sparizioni ed è un cacasotto di prima categoria.
Credo che solo dei pazzi come quelli di Eclissi avrebbero pubblicato delle storie così, ma la scommessa sta andando bene e Brandelli a poco a poco sta entrando sempre di più nelle case dei milanesi e non solo.
 
[F.G.] Negli anni Novanta, nella musica rock si cominciò a parlare di crossover. Il genere si era sminuzzato in decine di particolarità, finchè gruppi come i Faith No More non decisero che potevano non solo unire due generi diversi, ad esempio rap e metal, bensì potevano congestionare la commistione di generi in una forma che ogni volta sarebbe apparsa classica e innovativa, originale. I Queen hanno sempre pubblicato dischi diversissimi tra loro senza temere d’osare, utilizzando ogni influenza li stimolasse. Nella narrativa, io ho tentato di intentare una truffa: ho scritto due gialli, ma qualche decennio dopo che Durrenmatt aveva già scritto il requiem per i romanzo giallo. Due thriller dopo che Grugni ha già scritto l’antithriller. Io appartengo al genere, nel senso che adotto come punto di partenza stilemi e atmosfere consuete nel noir, nel giallo e nel thriller: ma anche, il tentativo è quello di scavalcarle, disinteressarmi a mantenermi nei confini imposti, nel linguaggio istituito. Le influenze si manifestano tutte contemporaneamente, e si esprimono ciascuna col suo linguaggio amalgamato ed elaborato dalla mia sensibilità. Per questo, “Milano è un’Arma” era un noir un po’ riot e un po’ punk, ma pure epico e comico e intimista, e alla fin della fiera il giallo che si fa noir che diventa romanzo d’azione, e reazione, non ambiva ad appartenere a nessuna categoria se non una sua umile e propria; “La Metropoli Stanca”, invece, va oltre, è più complesso, è più cupo ma non perde il sarcasmo, è un noir che si contamina ma in fin dei conti resta noir finchè non esplode in un caleidoscopio di visioni e generi e influenze, e diventa abbastanza sfacciato da parlare come l’epos e come il fantasy, come l’horror e come Urania, come il rock e come il pop, come il punk, il metal, l’hip hop, come il cinema e il fumetto ma pure come la letteratura, alta e bassa, non ha paura di evolversi in qualcos’altro, in un gioco metanarrativo per cui all’evolvere della storia, all’evolvere della Metropoli e dei suoi abitanti, corrisponde una trasformazione, non meno nera ma non più noir, ormai senza guinzagli né collari, del “genere narrativo”.
 
Restando sul tema dei generi. Secondo voi, c’è davvero ancora bisogno di ‘gialli’ in ogni possibile declinazione, per narrare una storia? Specialmente tra gli autori milanesi che negli ultimi anni - e non solo - si sono dimostrati particolarmente orientati verso indagini, thrilling e noir?
 
[A.F.] Raccontare storie è un’esigenza, il come è un corollario.
Io scrivo libri di genere, perché il genere è consono al mio modo di narrare. Rivendico la capacità del noir di indagare non solo sui misfatti, ma soprattutto all’interno dell’animo umano e ne ribadisco la funzione sociale profonda. Il mercato non mi interessa. Ora vanno i gialli, quando non saranno più di moda continuerò a scriverne, farò solo più fatica a pubblicarli.
 
[F.G.] Penso che il mercato sia saturo, che gli scaffali siano saturi.
Il genere ha un suo enorme valore e una totale dignità, e sono convinto che in esso si possano stanare alcune delle migliori penne italiane. Ma NON è il genere a rendere bello un libro! Ho una forte rabbia frustrata in me, poiché credo che l’appartenenza a un genere sia un pregio che non mortifica il valore assoluto dell’opera, non lo limita. Infatti, molti Classici sono “di genere”. Non significa però che scrivere un noir milanese o napoletano significhi scrivere un bel romanzo, e che chiunque lo scriva sia un autore, tantomeno bravo. Sarebbe ora che nel genere non si collezionassero lunghi elenchi di “giallisti milanesi” ma si ricerchi la qualità, da parte anche degli autori.
 
 
Infine, Andrea Ferrari e Francesco Gallone, come vivono oggi la scrittura? Che progetti avete (se ne avete) e quali consapevolezze avete acquisito fin ora in campo editoriale?
 
[A.F.] La scrittura è la risposta più naturale all’esigenza di raccontare di cui parlavo prima. Non è un processo catartico, anzi con il passare del tempo diventa un impegno e anche una responsabilità verso chi legge le mie parole.
Al momento sto lavorando con parsimonia al quarto episodio della serie di Brandelli e contemporaneamente scrivo in modo un po’ più zelante un romanzo a quattro mani con Sarah Sajetti in cui i nostri personaggi si incontrano e indagano insieme. Non sono un drago nel leggere i movimenti dell’editoria e cerco sinceramente di starmene ai margini.
 
[F.G.] La scrittura è la passione febbricitante che esprime il mio entusiasmo di vivere. È l’incisione sulla carta delle mie sensazioni, delle mie emozioni, delle mie esperienze, è rabbia e dolore, amore e allegria. Scrivo perché mi viene di farlo, perché ho voglia di farlo, perché mi permette di viviere appieno la mia vita, e di viverne anche qualcuna non mia. Lo farei comunque, farlo pubblicando amplifica gli entusiasmi, ma anche la serietà con cui prendere in mano la penna di fronte a chi legge, per cui provo un rispetto assoluto. Loro vogliono leggere quel che io voglio scrivere, e per questo, io debbo volerlo scrivere davvero per non imbrogliarli. Sentire davveo l’inchiostro che consumo.
I progetti sono decine e decine, per ora non mi sbilancio. Sto scrivendo, e per me ha già un forte valore.
Entrare come autore nell’editoria, mi ha mostrato che posso. Che posso realizzare i miei desideri, le mie ambizioni, con sacrificio, impegno e gavetta, certo, ma ho una possibilità. La dedizione e la passione aiutano a superare i momenti difficili, le piccole sconfitte, il sistema di uomini e caporali che esiste nell’editoria come in ogni altro ambito, le ruffianerie. Le piccole vittorie, le mail dei lettori, il loro affetto, l’attenzione che mi prestano, si ripercuotono sul mio entusiasmo, mi rendono inarrendevole. E così anche il sostegno e l’amicizia che ho incontrato nell’ambiente in alcuni colleghi, come Andrea, appunto.
Eclissi mi ha dimostrato che anche un piccolo può essere forte, tutto sta in una coerenza e una dignità impeccabili, Eclissi è stata un’editrice seria che senza chiedere un obolo, collaborando a stretto contatto con noi autori, è cresciuta e si è fatta onore!
 .
 
E’ innegabile che i due autori hanno stili differenti, nonché ritmi e capacità di gestione delle trame. Fortunatamente, aggiungo io, è possibile notarle dalle prime pagine, queste differenze che sono anche evidenze dell’esigenza di esprimere, oltre un genere, una serie di regole più o meno rigide, oltre le mode.
 
Milano muta’ è suddiviso in capitoli non numerati ma intitolati, la scrittura di Ferrari è scorrevole, gli sviluppi si incastrano con linearità pur non trascurando suspense, colpi di scena e capovolgimenti. L’intera storia è scritta al passato da un narratore esterno che segue Brandelli senza dimenticare dettagli, descrizioni, sensi. Particolare che colpisce: in alcuni momenti ‘più’ (delicati, ironici, divertenti, sospesi, confusi, surreali) il narratore si rivolge al suo protagonista.
 
Gigi poteva essere solo un nome usato per le truffe e magari il ruolo era interpretato da uno dei quattro picchiatori di Ponte Lambro o da uno zio ai domiciliari. Sorrise e fece spallucce, in ogni caso avrebbe provato a fregarli.
Bravo Brandelli.
Era un po’ vecchia, ma si sa che gallina vecchia fa buon brodo! Al ponte!
(Milano Muta)
 
Ferrari tiene i fili delle trame senza scivolare, inspessisce i contorni delle scene, riesce a ‘mostrare’ i suoi personaggi tra una fronte corrugata e un sorriso rubato. Brandelli è protagonista fragile, che sbaglia e si rialza, ma anche tenace e sbadato. Non c’è alcuna volontà di abbellire la realtà, tutt’altro. Ci sono legami imperfetti, dinamiche malate, verità taciute e spigoli.
 
Ed è probabilmente la linearità nella gestione della trama che rende immediato l’accesso alla storia, è possibile penetrare nei personaggi, nelle incongruenze quanto nelle loro routine sentendosi perfettamente a proprio agio.
C’è poi un sottile velo di solitudine, inquietudine, incertezza e paura che resta addosso, impossibile da ignorare e comprendere.
 
La metropoli stanca’ è narrazione composta da frammenti diversi, complessi, che si attorcigliano gli uni negli altri in continuazione. Il romanzo è suddiviso in sotto-capitoli, ognuno dei quali ha due precisi indicatori iniziali: personaggio (o personaggi) di riferimento e identificativo temporale. I sotto-capitoli sono raggruppati in capitoli numerati, intitolati e con un ‘soundtrack’ specifico (si va dai Faith No More ai Muse passando per i Nirvana, Robbie Williams, i Timoria e molti altri).
 
La scrittura di Gallone è contaminata, ha voglia di sperimentare, testare confini e limiti, ruotare angoli di visuale, racconta dal pavimento poi dal soffitto e ancora si sposta. I personaggi stessi sono un sali-e-scendi di immagini, corpi, voci, un giro-giro-tondo consapevole e mirato. Seguirne le oscillazioni può destabilizzare, una sorta di ‘mal di mare’ da lettura, di certo i continui incastri, i cambi di scene, personaggi, snodi, modalità di narrare, richiedono maggiori attenzioni, pazienza. Ma non si resta insoddisfatti non soltanto per le ‘rotture’ di stile, anche per gli affondi, l’intensità di talune scene, gli approfondimenti tra passato e presente. E’ una tessitura spessa e complessa
 
Gioia non era uno spettro, era soltanto un’occasione perduta, una lasciata e persa. Anni addietro. Forse si erano innamorati, forse Diego stava per fare il passo, per corteggiarla, poi lei non si era vista per un mesetto, e quando erano incontrati di nuovo, Gioia aspettava un bambino. Da uno che aveva conosciuto il mese prima a una festa alla quale Diego non era voluto andare. Congratulazioni, complimenti, ti auguro il meglio possibile, io mi tengo me stesso che è già troppo. Anche se è uno solo. Pensando a Gioia, Diego uscì dalla doccia solo quando fu sicuro che non stava piangendo.
(La metropoli stanca)
 
 
Grazie ad Andrea Ferrari e Francesco Gallone.
 
 
Link
Il sito della casa editrice Eclisse.
La scheda on line di Milano muta.
Il blog di Francesco Gallone.
Intervista a Francesco Gallone su 02blog.it
 
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Immagine: copertina di ’ La metropoli stanca’.
 
La prima parte QUI.

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