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Gli anni spezzati: l’ignobile falsificazione sulla morte di Pinelli

Qualcuno chieda scusa alle tre donne di casa Pinelli per l’ignobile falsificazione mandata in onda dalla Rai sulla morte di Giuseppe Pinelli. 

Con i soldi che gli italiani “devono” pagare ogni anno – di nuovo proprio in questo mese – la Rai servizio pubblico si permette di mandare in onda falsificazioni così spudorate come quella realizzata lo scorso 7 e 8 gennaio sulla morte di Giuseppe Pinelli, firmata dal regista Graziano Diana con fior di sceneggiatori e di consulenti storici (ben tre, complimenti). Tralascio il resto della fiction su Luigi Calabresi e torno su questa impudente versione offerta a milioni di italiani sul “suicidio” di Giuseppe Pinelli.

Com’è noto l’unico riscontro giudiziario è quello firmato allora dal giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio che nel 1975 concluse con quel contestatissimo “malore attivo”. Com’è noto la verità giudiziaria non è andata purtroppo oltre quella formula bislacca con cui si è voluto chiudere il caso, ma che comunque non è il suicidio che i poliziotti del filmato invece gridano dalla finestra con quel “si è suicidato, si è suicidato”, quasi un coro liberatorio…

C’era fuori della porta della stanza in cui veniva interrogato Giuseppe Pinelli un altro anarchico, trattenuto anche lui illegalmente con un fermo che si sarebbe protratto fino al giorno dopo. E quel Valitutti ha sempre sostenuto di non aver visto uscire il commissario Calabresi dalla stanza, in cui erano – conclude D’Ambrosio – quattro poliziotti e un carabiniere. Delle menzogne di allora ci è stata risparmiata la frase messa in bocca a Pinelli “E’ morta l’anarchia”, mai confermata ufficialmente e comunque fatta circolare. Per fortuna non è stata raccolta neanche l’altra menzogna che allora venne fatta ugualmente circolare, quella di una scarpa di Pinelli che sarebbe rimasta in mano a un agente che perciò l’avrebbe trattenuto, solo che Pinelli sul selciato fu trovato con tutte e due le scarpe.

E poi tralasciamo la caduta “verticale” e altre questioni.

Resta l’adozione di quella versione del suicidio di Giuseppe Pinelli che trasforma la Rai, questa Rai con i suoi dirigenti ben pagati, in una gigantesca fabbrica della falsificazione.

Gigantesca perché con totale impudenza ha riscritto una pagina dolorosa del nostro passato a modo suo, scegliendo di trasformare qualcosa che ancor oggi non sappiamo come sia accaduto in qualcosa di certo e di certamente assolutorio per la Questura di Milano, guidata – ricordiamolo – da un uno come Marcello Guida che da giovane funzionario era stato direttore delle guardie di Ventotene e Santo Stefano durante gli anni del fascismo che lì nelle isole confinava e rinchiudeva oppositori antifascisti. Un uomo a cui in quei giorni del 1969 Sandro Pertini rifiutò di stringere la mano.

Graziano Diana è al suo terzo film tv, il primo gli era stato bloccato dall’allora ministro di grazia e giustizia. Fu poi mandato successivamente in onda. Ha fatto a lungo lo sceneggiatore, anche di vicende reali, dunque non è nuovo alla consultazione di documenti pur ovviamente restando libero in quanto autore di fiction di godere di una relativa libertà. Ma si può falsificare in questo modo una vicenda che ha rivestito un ruolo così centrale negli ultimi quaranta anni?

Io non ci sto. E mi auguro che anche altri lo dicano anche rivolgendo opportune interrogazioni in merito a questi disinvolti scempi, anche e soprattutto perché attuati con soldi pubblici, quelli della Rai. E qualcuno dovrebbe pure chiedere scusa alle tre donne di casa Pinelli.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di GeriSteve (---.---.---.18) 12 gennaio 2014 22:24

    Non ho visto quella fiction, non intendo scrivere di fiction, TV, spettacolo, puttanate: parliamo dei fatti. Ripropongo qui un mio commento già inviato ad agoravox.

    Sono passsati 44 anni e, per ragioni anagrafiche, molti non sanno o hanno sentito dire male: si deve ripetere per chi non sa.

    Giudiziariamente la magistratura milanese ha scritto una delle sue pagine più brutte: nessun colpevole perchè Pinelli si sarebbe ucciso da solo, vittima di un "malore attivo" per cui si sarebbe buttato dalla finestra. Nessun medico e nessun altro magistrato al mondo ha mai rilevato l’esistenza di un tale "malore attivo".

    Le verità possibili sono soltanto tre: incidente durante pestaggio o tortura e omicidio volontario.

    Incidente durante interrogatorio-pestaggio:

    non volevano ucciderlo ma volevano picchiarlo e lo stavano facendo; Pinelli avrebbe fatto un balzo per evitare un colpo e sarebbe caduto dalla finestra.
    Oppure:

    Incidente durante interrogatorio-tortura:

    per estorcergli confessioni "simulavano" di buttarlo dalla finestra, lui si è divincolato e loro hanno perso il controllo. La simulazione di esecuzione è tecnica di terrorizzazione del prigioniero insegnata dalla CIA e praticata ancor oggi a Guantanamo.

    Omicidio volontario:

    hanno deciso di uccidere Pinelli perchè aveva sentito o saputo che c’era la volontà di colpevolizzare Valpreda ben sapendo che le bombe erano state collocate da altri, e cioè che chi lo interrogava era complice di chi aveva organizzato ed eseguito la strage.

    Ai nuovi italiani, di mezza età, giovani, ragazzi e bambini, noi lasciamo una brutta eredità: una Italia cresciuta su stragi e omicidi su cui non si è permesso di scoprire la verità.
    L’unica verità incontrovertibile è che lo stato ha attivamente occultato la verità.

     

    I servizi segreti, il potente Ufficio Affari Riservati (diretto da Federico Umberto D’Amato) nel ministero degli interni, la questura di Milano, erano tutti al servizio dei golpisti e della P2.

    Il compagno Giuseppe Pinelli era un anarchico appassionatamente attivo, fraternamente impegnato ad aiutare i compagni in difficoltà: è stato travolto da trame stragiste e golpiste a cui lui era completamente estraneo. Persona buona e coraggiosa, probabilmente non è morto da eroe, ma certamente è stato un martire, vittima innocente, colpevolizzato e violentemente perseguitato per le sue idee.

    E’ entrato volontariamente in questura confidando nella sua innocenza: dopo quattro giorni di interrogatori è uscito dalla finestra della questura e nessuno ha pagato per quel delitto. Questi sono i fatti.

    GeriSteve

    • Di (---.---.---.176) 11 aprile 2014 21:02

      la Cia usava l’lsd per gli interrogatori, negli anni ’50 un dottore cui avevano dato lsd per esperimento si buttò dal decimo piano. Tutto accertato dal senato usa con relazione del 1977. E’ possibile che la droga sia stata usata anche con Pinelli.

  • Di (---.---.---.2) 29 dicembre 2014 16:59

    Gerardo d’Ambrosio, non cocluse con il malore attivo, ma con : " Un atto di difesa in direzione sbaglita " chi continua a parlar di malore attivo mesta nel torbido.
    Un atto di difesa in direzione sbagiata era un esile filo che D’Ambrosio aveva lasciato,confuso in un mare di parole.
    Partendo da questo filo sarebbe stato possibile rompere tutta la trama, ma nessuono ha avuto il coraggio di tirale questo esile filo !

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